La vita che non fu

Al teatro Stanze Segrete di Trastevere, a Roma, Riccardo Cavallo omaggia lo scrittore ungherese Sandor Marai con L’eredità di Eszter, una storia di amore infelice, di attesa dimessa, di umano inganno.

La vita di Eszter scorre come una pellicola di cui lei sembra essere solo spettatrice, non protagonista. Gli eventi che l’hanno travolta non sono riusciti ad abbatterla, e in questo manifesta la sua forza: ma è una forza quasi passiva, come la solidità di un albero secolare che un forte vento non riesce a strappare dal suolo, ma che comunque sta lì, fermo, e campeggia, mentre intorno ogni cosa si muove.
Per questo Eszter fa rabbia, forse ancor più dell’uomo che si diletta a ingannarla e a sedurla da trent’anni, un bugiardo impunito, un adulatore, un buffone totalmente scollato da ogni realtà possibile, in primis quella etica. E così, poiché «non esistono soluzioni a metà» e ogni processo deve trovare il suo compimento, Eszter attende che ineluttabile la fine si compia, dandole la nuova occasione di assistere, come testimone inerte, alla sua esistenza che si dissolve.
In sintesi: Eszter e Lajos si innamorano in giovane età. Ma inspiegabilmente Lajos sposa la sorella di lei. Nasce Eva, la figlia, che presto resta orfana di madre. Passano vent’anni, e Lajos torna a bussare alla porta di Eszter, per motivi che presto saranno svelati e che costituiranno l’ultima maglia della catena in cui la donna ha scelto di restare avviluppata.
Lajos (uno straordinario Martino Duane, che porta in scena una persona reale, più che un personaggio) si presenta al pubblico come un uomo spregevole, senza limiti, il cui fascino risulta praticamente incomprensibile se non entrando con violenza nella sfera del masochismo: eppure non gli si dà torto quando lo si sente rimproverare la donna di non aver mai fatto nulla per custodire il loro amore, di non aver avuto mai il coraggio, mai l’intenzione di tenerlo a sé. Eszter (che ha il volto fermo e la voce celestiale di Claudia Balboni) si rivela, nel confronto con Lajos, una donna dall’intelligenza solida, a cui però non corrisponde altrettanta fermezza d’animo. Intorno a loro si muovono figure in apparenza secondarie ma in effetti illuminanti: Laci (Nicola D’Eramo in una interpretazione sofferta e giustamente insofferente), fratello di Eszter, che con ostinazione cerca di far ragionare la sorella laddove lei non sia in grado di produrre un pensiero lucido, ed Eva (la giovane e talentuosa Elisa Pavolini) figlia avida e spinosa di Lajos, che si dimostra degna erede dello spregiudicato arrivismo del padre.
L’eredità di Eszter è un allestimento che risulta fedele all’opera originaria nella sua ispirazione: la scenografia essenziale – consistente negli oggetti di scena – conduce lo spettatore nei luoghi di una borghesia decaduta, agonizzante, a cui è stato tolto tutto. Gli attori sono guidati da una regia attenta al gesto – continuamente maneggiano qualcosa o compiono azioni per intrattenere il corpo durante i dialoghi – anche se talvolta il ritmo drammaturgico risulta rallentato rispetto alla concitazione prevista dagli accadimenti.
Un bell’omaggio al grande scrittore boemo, scomparso da quasi venticinque anni, e alla sua opera, destinata invece a perdurare in eterno.

Lo spettacolo continua: 
Teatro Stanze Segrete
via della Penitenza, 3 – Roma (zona Trastevere)
fino a domenica 24 febbraio
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 19.00
(durata 1 ora e un quarto circa senza intervallo)

L’eredità di Eszter
dall’omonimo romanzo di Sandor Marai
regia Riccardo Cavallo
con Claudia Balboni, Nicola D’Eramo, Martino Duane, Elisa Pavolini
collaborazione artistica Oreste Baldini
costumi Claudia Balboni
sartoria Bice Minori
scenotecnica Stefano Massai
luci Marco Maione
regista assistente Annalisa Biancofiore