Al Teatro i, un originale spettacolo senza parole e con tante emozioni.


Inizio senza parole, con il volto dell’unico attore in scena illuminato dalla flebile luce di una lampada posta sopra la sua testa. Poi spari, buio completo e terribili tonfi conducono ai primi minuti in cui i suoni, le oscillazioni scomposte delle lampade, la sabbia sul palco e gli spostamenti confusi del personaggio rendono con incredibile verosimiglianza l’orrore della guerra. È proprio la guerra, infatti, il tema portante della prima parte di questa breve ma originale pièce teatrale. Lev Zasetky, infatti, è un soldato russo che nel 1943 viene colpito alla testa da un proiettile: da quel momento non farà che registrare quello che sente, vede, prova senza averne coscienza. La guerra lo ha segnato e rovinato. E rischia, paradossalmente, di segnare anche chi siede sulle poltrone e osserva lo spettacolo. Attraverso i cartelli che cadono, si sollevano, si muovono senza regolarità, attraverso le luci soffuse che si alternano al buio completo e alla luce accecante, i rumori di guerra e i tonfi improvvisi, lo spettatore si proietta nella mente di Lev e ne rimane scosso. Ne scopre il disordine cerebrale, i ricordi delle bombe e degli affetti – richiama l’immagine di quelle che, probabilmente, erano la mamma e la donna che amava – ne focalizza le sensazioni, suscitate da suoni vari – il ronzio di una mosca o le voci di bambini – in breve, ne condivide il tormento.

Lo spettacolo procede senza che il bravo attore, Glen Blackhall, esprima una parola, solo grazie a sofisticati giochi tecnici e continui passaggi dalla calma alla tensione massima, che provoca una fortissima inquietudine anche nello spettatore. Del resto, non c’è bisogno di parole per porsi delle domande e Lev lascia aperti molti interrogativi: perché, ad esempio, tutti i riferimenti al satellite Sputnik e al cane Laika? Perché quella sorta di corsa finale sul suolo lunare? E ancora: perché Lev scrive su quei cartelli coperti dalla sabbia? Probabilmente quei cartelli non solo rappresentano le pagine della sua mente, ma anche quelle del suo diario. Infatti, quel che sappiamo di Lev Zasetky lo deduciamo dal diario che compilò durante il periodo di cura che cercava di ridargli un’identità. E proprio nelle ultime frasi del diario, Lev scriveva: «Sì, la guerra, la guerra, quanti disastri ha fatto all’umanità, quanti morti ha provocato, quanta gente ha mutilato, quanta altra gente ha inchiodato a un letto, a quanta gente ha tolta la possibilità di fare del bene». È sempre la guerra, insomma, l’elemento centrale.

L’immagine che ne emerge è tutt’altro che rassicurante e lascia gli spettatori turbati. Probabilmente, l’obiettivo della compagnia Muta Imago è centrato, ma ciò non toglie che lo spettacolo comunichi una forte ansia e un pizzico d’amarezza.

Claustrofobico, disorientante, angosciante. Si rimane senza parole, ma emozionati.

Lo spettacolo continua:
Teatro i
via Gaudenzio Ferrari 11 – Milano
fino a domenica 28 febbraio
orario spettacoli: ore 21

Lev
ideazione Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Claudia Sorace, Massimo Troncanetti
regia Claudia Sorace
con Glen Blackhall
drammaturgia/suono Riccardo Fazi
realizzazione scena Massimo Troncanetti
vestiti Fiamma Benvignati
registrazioni canto Irene Petris
registrazioni pianoforte Marco Guazzone
foto di scena Laura Arlotti
produzione Muta Imago 2008
coproduzione Ztl-pro / Santasangre – Kollatino Underground
in collaborazione con Inteatro / Scenari Danza 2.0 Amat
con il sostegno di Regione Marche – Assessorato alle Politiche Giovanili e Ministero per le Politiche Giovanili e Attività sportive
e in collaborazione con Kilowatt Festival
con il sostegno di AgoràKajSkenè (Aksé – Crono 2008) e Demetra – Produzioni Culturali
spettacolo segnalato al Premio tuttoteatro.com – Dante Cappelletti 2007