Un portafoglio grande come una città

Roma negli anni Cinquanta era una città di beccamorti, pronti a tutto per guadagnarsi la propria porzione di sfizi (il pane, quello c’è) al suono frusciante di banconote, i beneamati rettangoli di carta colorata da spendere e far circolare senza soste.

La quinta edizione di EXIT, la rassegna di spettacoli auto-prodotti e indipendenti allestiti da compagnie aderenti alla Fed.It.Art di Gino Auriuso e in programma al Teatro dell’Orologio di Roma, ospita una commedia all’italiana come quelle di una volta. In particolare, le commedie degli anni Cinquanta, sfondo storico a Li Sordi, per l’appunto. «Opera dai tratti pasoliniani», recita la sinossi, ma non è certo il Pasolini teatrale di Orgia o Calderón, piuttosto il narratore delle borgate capitoline descritte indelebilmente in Mamma Roma e nei Ragazzi di Vita già portati in scena dal teatro della Giostra cinque anni fa. Protagonista di quest’opera diretta da Marco Zordan è una folla di prostitute, buggeratori, tronfi ciarlatani, traffichini, strilloni che si arrabattano per tirare a campare, senza guardare in faccia nessuno, svelti con la lingua, petto in fuori, mani aerobiche in picchiata sulle teste altrui, su capelli o parrucche che siano. Una folla di scioperati, di disperati senza nulla da perdere, eppure leggeri, vivaddio! Di questi tempi, in cui siamo comunemente oppressi dallo spread, prostrati da dibattiti elettorali da pelle d’oca polare, mastichiamo spesso nei nostri discorsi un genuino individualismo, talvolta con lunghe sorsate di cinismo velenoso, perciò è immediata l’aderenza agli stati d’animo dei personaggi in scena, sono il nostro sostentamento quotidiano. Meno scontata la capacità di suscitare risate sopra questa distesa di problematiche. Se ciò accade, il debito non è tanto con Pasolini, quanto con l’amara commedia italiana di Monicelli e, ancor più, Dino Risi. I personaggi rappresentati in scena sono numerosi, ogni attore ne interpreta almeno due in una carrellata di “mostri”, talmente inconsapevoli e sprovveduti da risultare simpatici, il più delle volte. Scintillone e la sua banda scalcinata di ignoti percorrono la strada da Roma a Fiumicino A/R nel corso di una lunga giornata durante la quale si dipana un intreccio complesso, talmente concatenato da non lasciare buchi alla noia. E quindi occhi puntati a seguire le vicende, pure che l’odore della morale buonista si senta sin dal principio, che i personaggi sembrino provvisti di un codice a barre e l’andamento sia più cinematografico che teatrale. Il merito di mantenere l’attenzione sempre viva e di creare un’immediata empatia con il pubblico va al cast degli attori al completo. Ognuno di loro mostra un’ammirevole cura verso il proprio ruolo, la posizione in scena, la tempistica. A guardarli si pensa alla dedizione, ma anche al piacere palpabile di recitare insieme, con una sintonia chimica. Si percepisce la complicità di certe battute, confezionate con cura durante le sessioni di prove in vivo. Inoltre, la messa in scena è fantasmagorica, un susseguirsi di trovate che suscitano ammirazione per la loro inventiva. Due attori alternandosi rapidamente agli estremi di un tavolo indicano il loro girovagare da un locale all’altro. Tre teschi appesi su una scena da burattini rappresentano il bar del quartiere con gli storici avventori beoni. I petali appuntati sull’ossatura di un ombrello indicano un fresco bouquet di campo. La scenografia è severamente dedita al principio del riciclo, per cui una vasca da bagno tagliata a metà e saldata su due piattaforme separate di pallet munite di ruote si trasforma, di volta in volta, in un’automobile, un feretro, un divano, un taxi. E così via. Incredibile il numero di ambientazioni concentrate in un’ora di spettacolo, con una capacità evocativa paragonabile al teatro medievale, che utilizzava solo elementi scenografici rudimentali. Li Sordi è in perpetuo sviluppo e gli interpreti rivestono diversi ruoli, compreso quello di montare e smontare gli oggetti sul palco o interpretare una voce fuori campo. Posta in questo modo, il lettore potrebbe essere indotto a pensare a uno spettacolo raffazzonato come i migliori saggi nelle scuole elementari, ma la concentrazione di ogni attore e lo spirito di bonaria allegria cala gli sforzi rappresentativi in una dimensione surreale che fornisce un valore aggiunto al testo, di per sé godibile. In questa ottica, l’allestimento di Zordan risulta il più sperimentale finora all’interno della rassegna, perché sopravvive in ottima forma all’azzardo di moltiplicare i personaggi e cambiare le ambientazioni in un’invisibile sala montaggio, senza suscitare alcuna perplessità, piuttosto un puro senso di intrattenimento.

Lo spettacolo continua:
Teatro dell’Orologio – Sala Grande
via dei Filippini, 17/a – Roma
martedì 4 dicembre ore 21.00
(durata 1 ora circa senza intervallo)

Il teatro della Giostra presenta
Li Sordi
regia Marco Zordan
con Marco Zordan, Alessandro Di Somma, Diego Migeni, Maria, Antonia Fama, Irene Trapani, Claudia Fratarcangeli, Tiziano Scrocca

Exit – Emergenze per identità teatrali continua:
fino a domenica 9 dicembre 2012
http://www.exiteatro.com/