Al teatro Libero una tavola rotonda sui problemi giuridici, politici e culturali di chi vuole essere un genitore “diverso”.

La Rassegna Liberi amori possibili non è stata solo teatro, ma anche condivisione di idee. Lunedì 10 maggio, il pubblico è diventato protagonista in un dibattito sul tema dell’omogenitorialità.

Punto di partenza del convegno, un documentario – Il lupo in calzoncini corti – girato da Nadia delle Vedove e Lucia Stano. Un lavoro di più di tre anni e mezzo, che fornisce uno sguardo su una realtà che esiste ma che la società fa finta di non vedere. Due storie di altrettante famiglie atipiche: una coppia di donne con tre figli, da una parte, e una coppia gay con un forte desiderio di paternità dall’altra.

120 ore di materiale girato, grandi difficoltà per selezionarlo e per la ricerca dei finanziamenti. Un progetto collettivo nato con l’ausilio degli spettatori, più di tre anni di confronto tra le realizzatrici e il loro pubblico – che ha seguito passo passo l’ideazione del documentario.

Il lupo in calzoncini corti – di cui ci è stato proposto il trailer – ha ricevuto nell’autunno del 2009 il Riconoscimento Europeo Finanziamento Media ed è stato acquistato dalla Rai. Motivi di orgoglio questi per le ideatrici, ma non solo, segnale che forse qualcosa si sta muovendo nel riconoscere che non c’è sempre un’unica via giusta, ma che la strada corretta è l’accettazione di punti di vista e modi di vivere diversi. A parlare di omogenitorialità anche Chiara Lalli – autrice del libro Buoni Genitori. Alla scrittrice romana interessa molto il tema dei diritti: «L’unica differenza tra i due tipi di famiglie è che gli omosessuali non hanno diritti», ha infatti affermato, parlando poi anche di razzismo e di discriminazione verso una realtà che non si conosce e non si vuole conoscere. D’accordo con lei, anche Arianna Gilberti – rappresentante dell’associazione Famiglia Arcobaleno, che raggruppa famiglie composte da almeno un genitore gay – che ha sottolineato la vastità del fenomeno, definendo la propria associazione solo la punta di un iceberg.

Durante l’incontro, il pubblico è risultato attivo e partecipe. Un’ora – il tempo fissato per il dibattito – è apparsa davvero troppo poco, tanto che all’uscita dal teatro le domande e la voglia di confrontarsi erano ancora presenti. Il tema della surrogacy ha chiuso il dibattito, ma solo in termini di tempistica, perché in realtà ha aperto uno spiraglio su una realtà che, in Italia, appare ancora molto lontana, e ha scatenato una serie di domande sull’etica del metodo.

Domande alle quali non si può dare delle risposte che siano verità assolute perché non esiste la verità, ma esistono tante verità e tanti punti di vista. Si dice che il mondo è bello perché è vario, ma alle parole bisognerebbe unire anche i fatti, cercando davvero di cogliere il meglio dalle differenze e non di prenderne le distanze.

Rassegna Liberi amori possibili
Teatro Libero
via Savona, 10 – Milano
lunedì 10 maggio