Verso un’estetica solare

La Maison du Peuple di Pierre-Bénite ha proposto L’île solaire di Samuel Sighicelli, un concerto-spettacolo ispirato al capolavoro di Michel Tournier Vendredi ou les limbes du Pacifique.

Un telo trasparente vela il palcoscenico della Maison du Peuple di Pierre-Bénite. Dietro di esso, Wilhem Latchoumia tratteggia un percorso musicale che ci arriva insieme alle immagini che percorrono la scena e alle parole che irrompono nella sala. All’orizzonte, come punto di riferimento costante, il capolavoro di uno dei più grandi scrittori francesi, Michel Tournier: Vendredi ou les limbes du Pacifique. Il testo di Tournier, pubblicato nel 1967 e vincitore del prestigioso Grand prix du roman de l’Académie française nello stesso anno, è una splendida rivisitazione e variante del Robinson Crusoé di Daniel Defoe.

Lo spettacolo di Samuel Sighicelli si apre in una successione di brevi immagini che fendono la percezione ottica degli spettatori. Sullo schermo, che nasconde e protegge il musicista, appaiono, in progressione, intagli visivi che, con il passare dei secondi, ottengono una maggiore chiarezza e si dimostrano essere delle onde. Inizia qui il racconto di Tournier e lo spettacolo di questa sera: sulla battigia dell’isola di Speranza. Robinson Crusoé riprende i sensi in seguito allo sbattere incessante delle onde sulla parte liminare dell’isola: l’agnizione della nuova condizione richiede tempo e la musica sottolinea questa situazione confusa, dove la percezione si trova in balìa tanto di allucinazioni quanto delle sensazioni dure, oggettive.

La compartizione dello spettacolo segue le grandi sezioni del romanzo, ma non si tratta certamente di una descrizione di tipo didascalico o pedissequo dello scritto. L’opera, infatti, sembra nascere, o forse sarebbe meglio dire, rinascere attraverso lo sbocciare continuo di immagini complesse di natura sinestesica, che uniscono, cioè, più sensi attivati contemporaneamente. Grumi di sensazioni complesse nascono e si disperdono pochi attimi dopo, per lasciare spazio a nuove folgorazioni.

Abituatosi alla natura dell’isola, Robinson, da buon cristiano europeo, esige un inquadramento amministrativo di ogni singolo aspetto della natura. Ecco che iniziano a comparire dei luoghi di stoccaggio di viveri e di polvere da sparo, la creazione di una vera e propria fortezza in grado di respingere ipotetici attacchi nemici, di una cappella, di una fattoria. Lo spirito europeo, allo stesso tempo razionalistico e religioso, viene trasposto violentemente su questa perla del Pacifico, ed essa sembra inizialmente accettare questa scelta. La natura accoglie la strumentalizzazione umana senza ribellarsi, come cosa passiva. E questa volontà di inquadramento globale, temporale, è ben rappresentata dal lavoro musicale espresso sulla scena, con suoni che si fanno costruttivisti e meccanici, mentre immagini provenienti dalla post-modernità accostano in maniera riuscita le vere parole del libro.

Ma, come suggerisce il titolo dello spettacolo, l’isola accogliente e passiva, così ben inquadrata dalla volontà di Robinson, nasconde un’altra isola, quella intima e attiva, quella che permane nonostante tutti gli sforzi che la costringono a snaturarsi. Un’isola animista, pagana, femminile, solare. La scoperta di quest’anima è uno dei passaggi più intensi e delicati dello spettacolo, là dove qualsivoglia descrizione viene meno lasciando spazio ad un’infusione animistica. Scoperta propedeutica all’esplosione della grotta, colma di polvere da sparo, innescata involontariamente da Venerdì, il ragazzo selvaggio accuratamente educato all’europea da Robinson. L’isola si apre fisicamente, svelando quindi la sua anima sensuale, sessuale, potente, ctonia. Lo schermo che proteggeva il pianista può dunque cadere, proprio come il velo di Maya, mostrando la verità nella sua indicibile bellezza e crudezza. L’imene visiva non possiede più alcun senso e l’opera ci viene data direttamente. Le immagini che hanno infestato la serata rimangono incise nella carne del nostro occhio, ma il loro rimanere è privo di aggressività. Esse permangono proprio mentre la verità si dà a noi con la disponibilità che lo spettatore deve necessariamente mostrare.

Solo in quell’istante di completa offerta reciproca, può avvenire la comunione con la parte più selvaggia dell’isola. Con la parte primordiale del nostro essere. E la cultura può essere depositata a terra, poco lontano.

ile-solaire300x200

Le Théâtre de La Renaissance d’Oullins a proposé un spectacle hors-murs à la Maison du Peuple de Pierre-Bénite: L’île solaire de Samuel Sighicelli. Une collaboration entre ces deux institutions qui peut se dire réussite avec un spectacle de très bonne qualité. Inspiré par le chef-d’œuvre de Michel Tournier, L’île solaire est un conte qui réuni différents arts dans un hymne animiste et de communion naturelle.

Lo spettacolo è andato in scena:
Maison du Peuple
Place Jean-Jaurès – Pierre-Bénite (Francia)
venerdì 21 febbraio 2014

La Muse en circuit, in coproduzione con Ina-Grm, Grmae, Festival Why Not presentano
L’île solaire
ispirata dal libro di Michel Tournier, Vendredi ou les limbes du Pacifique
ideazione, adattamento del testo, composizione e realizzazione video Samuel Sighicelli
pianoforte Wilhem Latchoumia
voce fuori campo David Sighicelli, Elisa Caron
scenografia e luci Nicolas Villenave
riprese Samuel Sighicelli & Sabine Sighicelli
opere pittoriche Gérard Sighicelli
fotografia Michaël Amrouche
http://www.ville-pierre-benite.fr/maison-du-peuple
http://www.theatrelarenaissance.com