A Time to Applaud. Quando la danza racconta la vita

“A time to laugh… a time to dance”. E il tempo di danzare è arrivato al Teatro del Giglio dove, il 13 marzo, sotto la direzione artistica di Carla Maxwell, la prestigiosa Limón Dance Company ha calcato il palcoscenico con lo stile inconfondibile che l’ha resa una tra le compagnie più rinomate al mondo.

A distanza di sessantasei anni dalla sua fondazione (nel 1946), il corpo di ballo del coreografo messicano continua a coinvolgere la platea mondiale grazie ai suoi ritmi unici, basati sulla respirazione e sull’importanza che José Limón assegnava a ogni singola parte del corpo.

Strutturato su quattro tra le coreografie più note del repertorio, l’intero spettacolo vibra di una caustica vitalità, in un crescendo di angosce mute, di ribellioni, di conflitti espressi sulle note di eccellenti compositori, Bach in particolare – autentica ispirazione per Limón. Potente e impetuosa la sua seconda partitura per violino, sulle cui note Kathryn Alter danza un’energica Chaconne (1971). Caratteristica di questo brano è la linea di basso che, non presente realmente, è inconsciamente ricostruita dall’orecchio dell’ascoltatore. Lo spettacolo poi insiste sulle composizioni di Chopin, di Henry Purcell, del pianista e arrangiatore Simon Sadoff e di Norman Dello Joio.

E proprio musicata su Dello Joio (che, con questo pezzo, vinse il Pulitzer per la musica nel 1957), è la messa in scena There’s a time (1956), coreografia regina dello spettacolo – un pulsante tributo alla vita danzato dalla compagnia al completo. Basata su un brano intenso delle Meditations on Ecclesiastes, la prima esecuzione offre al pubblico gli istinti di un popolo primordiale, quasi biblico, in cui i cicli naturali corrono sullo stesso binario di quelli dell’esistenza umana. A tempi di grande prosperità si alternano quelli dominati dalla miseria; alla vita la morte, al male la cura – in un continuo susseguirsi di benessere e calamità (fondali limpidi versus fondali neri). Il tutto è guidato da una traccia musicale che non conosce forme di stabilità, sebbene la nota di base resti immutata fino alla fine. Emblema dell’opera il cerchio, ossia la ciclicità naturale delle cose: da un cerchio si dipana la danza, in un cerchio è destinata a spegnersi.

Linearità e declino dominano Dances for Isadora (1971) – cinque evocazioni coreografiche in memoria di Isadora Duncan (1878-1927), celebre danzatrice statunitense, le cui innovazioni tecniche e stilistiche l’hanno resa una tra i precursori principali di quella che sarebbe poi divenuta la danza moderna. La sua vita torna a ripetersi sul palco nei suoi snodi più intensi, dalla ribellione (Maenad, ispirato alla figura della baccante) alla perdita dei due figli (Niobe, emblema mitologico della maternità offesa), fino alla tragica morte per mezzo di una sciarpa impigliatasi nella ruota dell’auto (Scarf dance): è in quest’ultimo frammento – dove la danzatrice, sconfitta dal tempo, si vede circondata dagli spettri del passato – che i pezzi del puzzle si ricompongono. Si noti come i movimenti di Isadora al presente si conformino a quelli del passato – quasi si specchiasse – finché non la vediamo avvolgersi attorno al collo la sciarpa della morte e sparire in una penombra carica di presagi.

E quel medesimo presagio caratterizza The Moor’s Pavane (La pavana del Moro, 1949), una rivisitazione dell’Otello shakespeariano. Bellissimi i costumi, l’ambientazione vaga e senza tempo, la coreografia ispirata dal veleno delle corti secentesche. Tutto coronato da una mimica penetrante.

Appropriatissima la scelta dei colori: un viola luttuoso contraddistingue Niobe; Il rosso trionfa nella furia omicida di Otello, come nell’ira, nella guerra, nella repressione; il giallo, marchio d’infamia e codardia, segna uno Iago rappresentato con grande convinzione da Dante Puleio; arancio è la passione di Maenad e della moglie di Iago (una bravissima Kristen Foote); il verde proprio della gioventù di Primavera – con il suo perenne stupore; il bianco dell’innocenza di cui si veste Desdemona. Infine, dominus dell’atmosfera di Scarf dance, è il nero, il colore simbolo della nullificazione delle cose.

Sul piano tecnico le luci risultano troppo intense, crude. Ingegnosa l’idea di prolungare la coreografia oltre la durata del brano musicale. L’effetto è straniante, suggestivo, sebbene lasci qualche perplessità.

“There’s a time”. Al Giglio, c’è un tempo. Il tempo di applaudire.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio
piazza del Giglio, 13/15 – Lucca
martedì 13 marzo, ore 21.00

Limón Dance Company presenta:
There is a Time, Chaconne, Dances for Isadora, The Moor’s Pavane
direzione artistica Carla Maxwell
direttore artistico associato Roxane D’Orléans Juste
danzatori: Kathryn Alter, Raphaël Boumaïla, Durell R. Comedy, Katie Diamond, Roxane D’Orléans Juste, Elise Drew-Leon, Daniel Fetecua Soto, Kristen Foote, Logan Frances Kruger, Belinda McGuire, Dante Puleio, Francisco Ruvalcaba e Aaron Selissen