Un concetto universale di amore?

Prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, Antonio Latella con gli attori de La Compagnia dei Giovani porta in scena un’irriverente commedia elogio del nonsense.

The Importance of Being Earnest di Oscar Wilde viene tradotto nella pièce di Antonio Latella con un gioco potenziato di doppi sensi di cui lo spettacolo sarebbe già, di per sé, pregno. Tale ambiguità nasce dal nome proprio Ernest che si pronuncia, anche se non si scrive, come earnest, cioè onesto. In realtà, più che onesto (in inglese esiste il termine honest), earnest ha il significato di serio, fermo, probo, virtù dell’epoca vittoriana che Wilde si divertiva maliziosamente a schernire. Lo spettacolo venne rappresentato per la prima volta nel 1895 periodo in cui Wilde era imputato in un processo per sodomia ed earnest, all’epoca, veniva tradotto anche come omosessuale. Già Shakespeare aveva affrontato il problema del nome proprio di un individuo nel suo Romeo e Giulietta. «Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome – diceva Giulietta – solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu». In Wilde, il desiderio di possedere l’uomo che porta il nome Ernest è ciò che tutti vorrebbero. Ma, l’uomo onesto, appunto, di cui nessuno appare degno di portare il nome, sembra non esistere. Del resto, «chi ha diritto di scagliare la prima pietra contro chi ha sofferto?» dirà Worthin a Miss Prism.

Lo spettacolo di Latella non è contestualizzato nell’epoca di Wilde. Idealmente è senza tempo, ma potremmo porlo in un’epoca a noi prossima. Si rintraccia negli appunti di regia un pensiero «più leggo le parole di Wilde e più sento la necessità di stare in ascolto» afferma Latella, che aggiunge «imparo ad ascoltare ciò che viene omesso, il non detto; comprendo che il vero dialogo non è nelle parole dette, ma in quelle nascoste abilmente dietro i suoi personaggi». L’immagine che si staglia di fronte al pubblico, appena il sipario viene aperto, è quella di un appartamento con finestre chiuse da cui il pubblico può sentire le voci dei personaggi come soffocate. Dietro i lucernai, sulle tende, vengono proiettate le ombre dei protagonisti, mentre in basso, sotto il davanzale, c’è Merriman, il maggiordomo di Jack Worthin, che ascolta ciò che accade all’interno dell’abitazione di Algernon Moncrieff e registra i dialoghi tramite un microfono a caccia di quei ‘non detti’ caratteristici del testo di cui parla Latella, per dar loro un senso.

A prima vista la scena sembra piatta, schiacciata, come fosse un fumetto, rappresentata a una dimensione. Fino a che, l’apertura delle tende (e poi delle finestre) espande le situazioni dando loro profondità. La voce, che prima era imprigionata, ora trova nuove vie per diffondersi. Il regista trasforma lo spettatore in un guardone alla ricerca del singolo dettaglio o della chiave di volta per comprendere la storia. C’è un tentativo di disorientare il pubblico, per distogliere l’attenzione dalla scena principale con personaggi non in scena sempre in ascolto: si muovono dietro a piante e oggetti, mentre i riflettori restano sempre puntati in maniera forzata sulla scena madre.

La storia è quella di due uomini pronti ad assumere un nome diverso dal proprio per amore di donne smaniose, a loro volta, di unirsi con chi porta un «nome vibrante»: Ernest. Nell’intercedere della commedia, lungo i due atti di cui si compone, vengono smascherate verità non dette o non volute, legami di parentela, intrecci sentimentali anche promiscui, un concetto universale di amore non strettamente rintracciabile nel rapporto uomo-donna.

Ma è nel secondo atto che la scena si ribaltata e si apre al pubblico. Non siamo più nell’appartamento di città dove Worthing è Ernest, ma in campagna, dove questi è Jack. Libero dai vincoli imposti dalla società, Jack ora può sancire il funerale di Ernest. Merriman diventa parte integrante della scena in cui si muove con disinvoltura e amoreggia con Cecily.

La pièce di Wilde è stata definita da George B. Shaw «commedia frivola per persone serie» a causa «di una assoluta mancanza di cuore» come osservò lo stesso scrittore e drammaturgo. Nella rilettura che fa Latella la commedia ha dei tratti che esasperano un senso di frivolezza – non a caso i personaggi ostentano sensualità e avvenenza senza remore – che non diviene fine a sé stesso, ma al contrario permette di staccare i piani su cui la scena è costruita al fine di superare le barriere mentali imposte dalla società. Il tutto avviene lasciando aperto, per il singolo spettatore, il quesito incentrato sull’ambiguità del trasgredire, nella finzione come nella vita.

Lo spettacolo continua:
Teatro Cucinelli
Via Giovine Italia, 2 – Solomeo – Perugia
fino a domenica 20 settembre

L’importanza di essere Earnest
da Oscar Wilde
regia Antonio Latella
traduzione e adattamento Federico Bellini
con Francesco “Bolo” Rossini (Algernon Moncrieff), Caroline Baglioni (Cecily Cardew), Edoardo Chiabolotti (Merriman), Vittoria Corallo (Lady Bracknell), Caterina Fiocchetti (Miss Prism), Stefano Patti (Jack/John Worthing), Jacopo Pelliccia (Lane/Gribsby), Samuel Salamone (Chasuble), Giulia Zeetti (Hon. Gwendolen Fairfax)
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
luci Simone De Angelis
musiche Franco Visioli
assistente alla regia Brunella Giolivo
una produzione Teatro Stabile dell’Umbria, Fondazione Brunello e Federica Cucinelli