La prima settimana di Roma Fringe Festival ospita Pollini, Il piccolo guitto e Infiamma. Spettacoli con obiettivi e intenti molto diversi, volti ad approfondire e liberare il personaggio oltre la maschera.

Durante il corso della vita l’uomo, sperimenta una moltitudine di emozioni fra le più disparate. Tra di esse, quale potrebbe essere la più avvolgente e sconvolgente se non l’amore? Lo spettacolo Pollini presenta un uomo e una donna in piena ricerca del legame amoroso, del sentimento che infiamma l’animo ma che fatica a sbocciare, bloccato dalle catene del timore e della titubanza. Come un fiore privo di colori sgargianti e profumi inebrianti non viene visitato da quegli insetti che ne diffondono il polline, anche la donna è insoddisfatta del proprio aspetto, incapace di attrarre i partner, a sua volta stufo della riluttanza della ragazza. Viene indicato quindi un parallelismo tra la bellezza dei metodi dell’attrazione vegetale e il mistero dei legami d’amore; purtroppo tale concetto si perde di vista molto rapidamente lasciando spazio alla restituzione stereotipata dei meri battibecchi di una coppia che scoppia e, di conseguenza, un retrogusto amaro rispetto alla bontà dell’idea iniziale. Forse lo sviluppo della storia avrebbe necessitato più di un approfondimento del significato del titolo Pollini, sviscerandone i riferimenti con i protagonisti, piuttosto che sfociare nella narrazione di semplici dispute tra fidanzati.

Lo stesso sentore di una mancanza di analisi è presente nel secondo spettacolo Il piccolo guitto, monologo di Massimiliano Aceti che ne racconta le avventure e marachelle di bambino e il modo di affrontare il mondo degli adulti. L’attore adotta un’impostazione molto diretta interagendo col pubblico e creando una confidenzialità tale da far sembrare il proprio racconto una semplice chiacchierata tra amici. Vengono presentate numerose storielle in cui l’Aceti interpreta sia il narratore che i personaggi della storia stessa, momenti comici e piacevoli se non fosse che la buona riuscita della battuta è accompagnata da una ripetizione della struttura con cui viene rappresentata; i personaggi hanno un modus operandi fisso, hanno eccessivamente le stesse espressioni, gli stessi movimenti, sono privi di un approfondimento e di una caratterizzazione che forse avrebbe giovato nel dare forma a quel rapporto di quasi amicizia che l’attore ha cercato di creare.
Il terzo e ultimo spettacolo dal titolo Infiamma racconta le scappatelle del famoso Don Giovanni intento a sedurre due ragazze contemporaneamente; una volta smascherato, il rubacuori doppiogiochista cercherà di scappare dall’ira delle fanciulle aiutato dal proprio servitore. Una storia molto semplice che, però, fa da sfondo a un’idea molto più complessa. I protagonisti sfoggiano completi che richiamano quelli di Al Capone e delle donne che lo circondavano, così rendendo chiaro il riferimento all’epoca dei gangster; l’ambientazione è emblematica nell’evidenziare il trovarsi dei protagonisti in una società corrotta, stretti dalla morsa dell’immoralità e schiacciati della prepotenza  l’uomo. Grazie allo sfondo sociale il Don Giovanni, esempio di uomo privo di qualsiasi costrizione, può esprimere al meglio la necessità di libertà e, rivolgendosi alla platea, incita chiunque voglia ascoltarlo ad abbandonare le autoimposte catene mentali perché l’impossibile non è nient’altro che un confine immaginario di chi non ha l’ardire di mettersi in gioco e neanche prova a conoscere i propri limiti. Le forti emozioni che lo spettacolo suscita non sono dovute dunque a una storia particolarmente avvincente ma sono il risultato della creazione di un personaggio che incarna un’idea e che la sviscera, la rende propria e poi la libera attraverso le sue parole.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno del Roma Fringe Festival
Villa Mercede, Via Tiburtina 113 – 115 Roma
dalle 19:30 a mezzanotte

Pollini
di Alessia Giovanna Matrisciano
regia di Alessia Giovanna Matrisciano

Il piccolo guitto
di e con Massimiliano Aceti
regia di Massimiliano Aceti

Infiamma
di Simone Castano
regia di Simone Castano