Solide fragilità

Statuine di cristallo o persone in carne e ossa: chi è più fragile? La risposta alla Casa delle Culture di Roma

Luigi Pirandello in un famoso saggio traccia una linea che segna il distinguo tra il comico e l’umorismo: se il primo viene definito come “avvertimento del contrario”, ovvero come constatazione di un contrasto tra l’apparenza e la realtà, il secondo è invece il risultato di una riflessione più profonda che guarda alle motivazioni che generano questo contrasto. Assistendo alla messa in scena di Lo zoo di vetro lo spettatore si trova a compiere proprio questo percorso che va dalla risata al sorriso di compassione, intesa nella sua accezione di “soffrire con l’altro”; e in questo formidabile testo di Tennessee Williams si soffre parecchio. Amanda è una donna ormai sola che vive nella continua evocazione di una giovinezza ormai sfiorita, fatta di balli e ricchi spasimanti: un passato di felicità e aspettative trasfiguratosi poi in un presente di solitudine e paure, di ansie e di abbandono. Le feste e i cotillons che prima riempivano la sua vita hanno lasciato il posto all’impegno profuso nel cercare di garantire un futuro a Laura, sua figlia, ragazza timidissima a causa di un lieve difetto fisico. Amanda non riesce ad accettare che sua figlia corra il rischio di restare sola come lei, e in questa ricerca per la felicità coinvolge Tom, con cui i rapporti sono già tesi e difficili, caricandolo di responsabilità e doveri da assumersi al posto di un padre ormai lontano. È un vero dramma dei sentimenti questa messa in scena di Salvatore Chiosi, attento a costruire un montaggio delle scene e delle emozioni di carattere cinematografico: dissolvenze, flash-back, primi piano, tutto è mirato a convogliare e dirigere l’attenzione del pubblico verso questo o quel sentimento; proprio di sentimenti si parla, perché a ben guardare in scena non succede niente. L’azione è limitata a una cena, o meglio a un invito a cena che dovrebbe riuscire a smuovere l’immobilità della famiglia Wingfield, una cena in cui Amanda ripone tutte le sue speranze: dal baule dei ricordi riemergono gli splendori passati, concretizzati in un abito ormai fuori moda ed eccessivo, in una specie di mascheramento dove la disperazione sfiora il ridicolo. Jim porta una ventata di vita reale in una casa ormai statica, bloccata in una fissità di ricordi e rimpianti e lontana dal mondo esterno; come uno spiffero che si intrufola in una stanza chiusa da tempo e smuove la polvere agitandola in aria, così il ragazzo irrompe, crea scompiglio e va via. La sua incursione in apparenza priva di conseguenze riesce invece a incrinare irrimediabilmente questo fragile mondo di vetro che Amanda ha costruito: Tom andrà via, seguendo le orme del padre, e Laura tornerà nel suo rassicurante universo di animaletti di cristallo. Elisabetta De Palo è una credibilissima Amanda Wingfield, sopra le righe ed eccessiva nelle sue evocazioni del passato e intensa e profonda quando si scopre nel suo reale scopo: cercare la felicità per i figli.

«Non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere adesso ci farà tutt’al più sorridere.» (Luigi Pirandello)

Lo spettacolo continua:
Casa delle Culture
via di San Crisogono, 45 – Roma
fino a domenica 4 dicembre
orari: da martedì a sabato ore 21.30, domenica ore 18.00

SCRIPTA VOLANT presenta
Lo zoo di Vetro
di Tennessee Williams
regia Salvatore Chiosi
con Elisabetta De Palo, Danilo Celli, Valentina Marziali, Giulio Cristini
scena e costumi Stefano Cioncolini
musiche Pericle Odierna