Un intenso omaggio ad Antonin Artaud

Entrando nel Teatro Stanze Segrete di Via della Penitenza, quasi fosse la casa giocattolo di una Alice divenuta piccola come un topolino, sentiamo di infilarci dentro la tana di un animale-poeta che si nasconde dal freddo, dall’assedio dei SUV che cercano parcheggio per la notte, e forse dai brutti sogni.

Un pubblico che in una anonima serata romana resiste all’indolenza di rimanere a casa, per recarsi in un teatro improbabile, per quanto centrale (siamo a ridosso della Galleria Corsini a Lungotevere), è evidente che sta cercando qualcosa di speciale. Una favola della buona notte? Ispirati per giunta da un lavoro teatrale che vuole ricordarci Antonin Artaud?

Accomodandoci in una platea dal sapore domestico, ci accorgiamo di avere di fronte un “corpo”. Paolo Spaziani, avvolto da un trench di pelle, attende che la voce salga dalle viscere per dire l’inferno interiore di Artaud, ma anche il candido afflato a disegnare con le parole una sorta di favola, per noi che siamo sempre sospesi alla domanda: abbiamo un corpo o siamo un corpo?

L’attore si sgranchisce la parola, gli arti, si unisce a noi tramite una vocalità nuda, aggrappata all’aria come un acrobata, tra la declamazione francese e italiana. Il senso si esclude, non dipende più dalla comprensione, ma dalla sonorità gracchiante del francese, dalla più limpida apertura vocale dell’italiano.

La voce torna a ripeterlo («Io sono Antonin Artaud»). Deve dare un nome a questa energia rabbiosa, calligrafica, arabesca, con i nodi tra parola e parola dettati da una grammatica fatta solo di porte aperte, di inviti, di scivolamenti, così da scatenare la rapidità dell’associazione poetica, che dalle viscere del corpo cerca una strada per levitare in alto, là dove si assume la stessa materia del linguaggio.

Un soggetto non amato è un corpo non toccato, occhi che non sanno nuotare in altri occhi, orecchie che non hanno mai sentito la carezza di una voce. La bocca, questa ferita di carne, si espone al senso col grido, prima di soggettivare quell’emissione sonora col riconoscimento di un altro soggetto umano: “Tu sei Antonin Artaud”.

Il corpo torna incessantemente nel delirio di parola, il corpo spossessato, vilipeso, tradotto, bucato, scosso dagli shock, dalla malattia del pensiero. Non resta che mettere ossessivamente in riga parole, sperando che queste assumano la sostanza del soggetto, capace così di guardare dall’alto il confine di carne a cui siamo condannati. Artaud ci dice che siamo il nostro corpo, ma siamo anche l’imperativo etico – fallimentare quanto ridicolo – di tradurre la sua spinta, la sua malattia, la sua morte.

La sensazione terribile è che il corpo attoriale si disgreghi, esposto com’è a un vento terribile, sospeso com’è a un’altezza vertiginosa, a un freddo capace di penetrare le carni, di seccare le labbra, di far tremare i denti. È un teatro povero, questo di Spaziani, che finisce per esibire sé stesso messo a nudo. È la “crudele” nudità del bambino, disarmato, solo, dipendente in tutto dalla cura materna, come stasera l’attore dipende in tutto e per tutto dalla scintilla d’amore che riuscirà a far scaturire nel pubblico.

L’incanto suscitato da Spaziani, favorito dallo stare in unica bolla, senza sipario, né scena, né platea, ha qualcosa di commovente, come quando – defilandosi – nessuno si accorge tra il pubblico che lo spettacolo sia finito. È finito, invece. È lo stesso Spaziani – rientrando – ad ammetterlo, e a ringraziarci. Siamo così in pochi, pur essendo pieno il teatro, che ognuno riesce distintamente a udire l’applauso del vicino, come in una pioggia estiva con i grossi goccioloni a cadere ognuno per proprio conto, bagnando il selciato con una macchia umida ben distinta.

Avremmo voluto continuare a udire questo glorioso lamento contro la triste metafisica del discorso sociale, magari riuscendo ad addormentarci lì, su quelle sedie pieghevoli, come bambini rapiti da una idea impossibile, che solo il sogno riuscirà a rendere reale. Esattamente ciò che è avvenuto stasera al Teatro Stanze Segrete, grazie a questo intenso omaggio a Antonin Artaud.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Stanze Segrete

via della Penitenza 3 (Trastevere), Roma
lunedì 16 dicembre ore 21:00

Lor Ga Na Crur
con Paolo Spaziani
regia Letizia Corsini