Collinarea resiste

Mancano pochi giorni all’inizio di Collinarea Festival, pochi giorni per un’edizione che potremmo definire particolare. Perché quest’anno Collinarea, condividendo un destino che sembra comune a diverse realtà festivaliere, ha rischiato di chiudere i battenti, per un’inaspettata – e ci teniamo a sottolineare l’aggettivo – mancanza di fondi, causata dal disimpegno da parte del Teatro Nazionale della Toscana.

Nonostante tutto, però, il Festival ci sarà anche quest’anno perché, nonostante il momento di crisi, si è scatenata una reazione inaspettata da parte del mondo teatrale: «La cosa bellissima è stata la risposta che hanno dato gli artisti», spiega Loris Seghizzi, direttore artistico del Festival, che continua: «Noi, visto quanto accaduto, non lo avremmo fatto. Ci hanno tagliato le gambe a livello economico – totalmente. Non è che Collinarea sia mai stata una manifestazione di primaria grandezza. Facevamo delle buone cose, credo, con un budget molto limitato. Eppure, quando ho comunicato che non sarebbe stato possibile organizzare il Festival, quest’anno, è nato – in maniera indipendente da noi – un vero e proprio movimento, grazie a telefonate, messaggi, email, che ha portato gli artisti a offrirsi di venire gratuitamente. Alla fine ho persino dovuto scegliere tra gli stessi, per stilare un programma, e questa situazione si è rivelata perfino imbarazzante».

Seghizzi spiega le sue scelte artistiche: «In questa edizione così particolare abbiamo voluto accanto gli amici storici, quelli che, in parte, hanno fatto la storia del Festival, non perdendo di vista la nostra missione. Ossia quella, attraverso i marchi noti del teatro contemporaneo, di promuovere le giovani Compagnie, o meglio, il mondo sommerso del teatro. Quel teatro degno di nota e di attenzione che, per motivi strutturali o logistici, rimane solitamente nascosto nei piccoli centri o nei teatri off, lontano dalle piazze con maggiore risonanza o di livello nazionale – indipendentemente dall’età».

È così che a Lari, dal 23 al 30 luglio, saliranno sul palcoscenico, o saranno attivi con i laboratori, numerosi artisti e sarà visibile una grande opera di Cesare Inzerillo, Container, insieme a numerose altre iniziative dislocate per il borgo, per dare voce al disagio che scuote il mondo del teatro, in generale, e il Festival, in particolare. Le intenzioni degli organizzatori sono molto precise. Anche su questo Seghizzi ci offre spiegazioni: «Non abbiamo nessuna voglia e nessuna intenzione di fare un Festival proponendo appuntamenti e tavole rotonde, dove ci si mette a parlare per darsi ragione l’un l’altro. Soltanto il 23 faremo un incontro aperto al pubblico, dove saranno presenti critici, giornalisti, se vuole anche la cittadinanza, sul tema: Collinarea. L’urgenza. Poi
affronteremo l’argomento solo attraverso le proposte artistiche. La reazione degli artisti, del resto, ci pare più che sufficiente. Gli artisti, secondo me, devono fare il loro mestiere. Questa è la migliore risposta che si possa dare: continuare a fare il proprio lavoro, nonostante tutto».

Container contiene una miniatura, sempre di Inzerillo, che appare una metafora molto potente della situazione attuale: Il padrino parte in quarta – ossia una mummia che ne porta un’altra crivellata di colpi. La porta senza mollarla, alla ricerca di un ricovero, mostrando tutta l’urgenza di fare. Oltre alla miniatura all’interno del container, pensato come Carro di Tespi contemporaneo, veicolo per l’arte tutta, saranno collocati 12 o 13 monitor sui quali passeranno a ciclo continuo i filmati che alcuni artisti del panorama italiano sono stati invitati a girare, per riflettere su cinque punti, che Seghizzi ha proposto loro: «L’urgenza; il bisogno; il sogno di bambino; ora/oggi; lo stato dell’arte. Sono cinque punti che sono nati in me proprio a seguito di questa esperienza di diciotto anni di lavoro buttato via per la noncuranza del sistema.
Abbiamo chiesto un pensiero da parte degli artisti che nasca intorno a questi cinque punti. E quando dico stato dell’arte, intendo sia lo stato dell’arte con la A maiuscola sia lo stato delle cose, delle situazioni in cui ci troviamo, in cui non si trova mai l’appoggio – o difficilmente.
Speriamo che, guardando i video, il pubblico avvertirà un immediato parallelismo con la realtà che stiamo vivendo. Oltre alla grande installazione di Container, saranno collocati, in cinque luoghi diversi del borgo di Lari, altrettanti grandi libri, dove il pubblico potrà ritrovare e confrontarsi con i cinque punti, lasciando le proprie testimonianze e considerazioni.
Ci sarà altresì una sorta di installazione, di video box, dove, con un semplice iPad, si potranno lasciare le proprie opinioni in merito. A fine serata, a tutti gli artisti che passeranno dal Festival, chiederemo anche di esporci le loro idee. In questo modo creeremo un archivio, di parole e immagini attraverso le quali dare voce al nostro messaggio».

Collinarea compie quest’anno la maggiore età. Diciotto anni di sforzi per far crescere un Festival caratterizzato dalla scoperta e valorizzazione del teatro sommerso, all’insegna della ricerca e valorizzazione della qualità. Una manifestazione sempre caratterizzata da budget limitati. Finanziato, fra gli Enti pubblici, solo dal Comune di Lari, con 12.500 Euro di contributo. Dal 2012, Fondazione Pontedera Teatro decide di sostenerlo con un contributo di 25.000 Euro. Lo scorso anno avviene la trasformazione di Fondazione Pontedera Teatro in Teatro Nazionale – unitamente al Teatro della Pergola di Firenze. Per un anno la partnership continua. Poi, inaspettato, arriva il disimpegno: «La cosa imbarazzante di tutta questa storia è che avevamo creato un sistema virtuoso: la collaborazione fra una realtà che lavora dal basso, caratterizzata sempre da un interessante scambio artistico, come siamo noi; e un’altra realtà, come quella di Pontedera, chiusa nel suo “museo, o mausoleo”, che non aveva il polso di quello che fosse il sommerso in Italia e che, grazie anche al Festival, veniva in contatto con queste Compagnie e le produceva. Basti citare Carrozzeria Orfeo, Leviedelfool, Michele Sinisi, Civilleri-Lo Sicco, e altri.
Sembrava un sistema meraviglioso, un meccanismo che poteva funzionare.
Poi Pontedera diventa Teatro Nazionale, perché si unisce a Pergola, e per un anno continua a finanziare il Festival. Si poteva perfino pensare che il sistema sarebbe diventato ancora più virtuoso! Al contrario, di punto in bianco, il finanziamento viene meno – nei tempi e nelle modalità peggiori. Può capitare di voler ritirare i contributi: si avvisa che è l’ultimo anno che si finanzia il Festival, e che l’anno successivo non si daranno ulteriori contributi economici perché la manifestazione non rientra nei progetti artistici. Il Festival, in questo caso, ha comunque un anno per riorganizzarsi. Tutto ciò, per quanto ci riguarda, è accaduto a fine febbraio – sebbene a Pontedera sappiano bene in quali condizioni operiamo. In questo modo di fare abbiamo rilevato un totale disinteresse. Inoltre, come direttore artistico mi piacerebbe sapere per quali motivi abbiano deciso tale disimpegno. Non abbiamo ricevuto un solo documento che formalizzasse la situazione. Se si opera in questo modo, si dimostra di non avere alcun rispetto per il lavoro altrui».

Purtroppo le magre spiegazioni offerte non sembrano sufficienti, a quanto dichiara Seghizzi: «Le motivazioni che ci hanno dato sono assurde. Ci è stato detto, in pratica, che il Teatro Nazionale non era in condizione di finanziarci oltre. Ma parliamo di un teatro che gestisce milioni di euro e che taglia progetti da 30.000. C’è qualcosa che continua a non tornare.
Non credo sia stata una scelta personale di Roberto Bacci. Quello che posso dire è che Pontedera è arrivata, ha finanziato un progetto, senza tentare di modificarlo, se non – ovviamente – inserendo alcune proposte, concordate con il sottoscritto. Nonostante le divergenze di opinione, c’è sempre stato un grande rispetto. Ma ho l’impressione che, a questo punto, contino soltanto le scelte fatte a Firenze». E aggiunge ancora Seghizzi, proponendo una domanda alla quale dovrebbe dare risposta, in primis, il Ministero: «Come fa un centro così importante, come Pontedera, a diventare parte del Teatro Nazionale e a morire, nello stesso tempo? Si tratta di una contraddizione che fa paura, fa veramente paura. Abbiamo perso in ogni caso. Ha perso chi amava Pontedera e persino chi non la apprezzava. È importante avere qualcuno da detestare nel mondo dell’arte. Carmelo Bene, non a caso, era adorato o odiato. Altrimenti, si ha il monopensiero. Quest’anno, per noi, ci sono stati gli artisti, le persone, gli amici – che hanno scelto di aiutarci. Però questo può accadere una tantum. Anche perché, se prima si era creato un sistema virtuoso, ora rischiamo di instaurarne uno orribile».

Artisti, cittadini, sostenitori di Collinarea hanno tentato di non far morire il Festival. Tuttavia viene da chiedersi se sia giusto che gli artisti debbano lavorare gratis. Considerando anche che in altri Festival è diventata prassi far partecipare le Compagne giovani a titolo gratuito. Anche su questo, Seghizzi ci offre la sua riflessione: «In effetti, il nostro sarebbe un mestiere. Ma ci sono tanti che si sono approfittati di questa situazione. Molte realtà affermano di voler organizzare un evento, anche se c’è crisi, contando però sulla partecipazione gratuita. Quando a noi piace un progetto, e non abbiamo i fondi necessari per realizzarlo, cerchiamo di interagire con l’artista, la Compagnia, e offriamo quanto abbiamo a disposizione: una settimana, due, un mese di residenza. Otre al supporto tecnico. Tentiamo di contribuire al progetto quanto più possibile. Non può diventare sistematico che per realizzare un evento, una Stagione o un Festival, si chieda agli artisti di partecipare gratis perché non ci sono i mezzi economici. Una volta ogni tanto può capitare che un artista accetti in quanto particolarmente interessato all’evento, o in quanto lo stesso si pensa sia una vetrina importante; ma ho la sensazione che tante Compagnie, soprattutto giovani, si muovano soltanto perché sperano di trovare gli operatori, e i critici che li recensiranno. Il fatto è che questo deve essere un lavoro, altrimenti diventa umiliante. Ci mettiamo in una situazione in cui, secondo me, non possiamo più chiedere. Inoltre, questa modalità rischia di trasformarsi in una prassi: “lo avete fatto gratis? Bravissimi! Allora rifatelo gratis”».

A dispetto delle difficoltà, quindi, sui diversi palcoscenici dislocati a Lari, il pubblico potrà incontrare molti artisti, e assistere a ben 32 spettacoli. Fra gli amici storici del Festival, saranno presenti Roberto Latini, Ciro Masella, Fabrizio Saccomanno, Luigi D’Elia, Valentina Carnelutti, Fabrizio Puliese, Pierpaolo Capovilla, Gogmagog, Mo-wan Teatro. Bobo Rondelli sarà ospite l’ultima sera, non con un concerto, ma con un evento particolare. Carrozzeria Orfeo, Viedelfool e Teatro dei Venti, Ordine Sparso e Andrea Cavarra si occuperanno del laboratorio, quest’anno dedicato alla Cabala. Per l’underground, segnaliamo le proposte di Anteprima – le due scommesse del Festival. Ossia, la Compagnia RV e I Maria Assunta Lo Carmine. Oltre a Marina Romondia, Borgobonò, Magnifico Visbaal Teatro, Moj Theather. Per non contare i numerosi contributi che stanno arrivando per i video di Container: Rezza, Salemme, Virzì, Capovilla, Bobo Rondelli – queste alcune anticipazioni che ci ha regalato Seghizzi.

Collinarea Festival 2016
Lari, varie location

da sabato 23 a sabato 30 luglio 2016

www.collinarea.it