Per parlarci di noi

Dopo un breve periodo di residenza, Progetto Demoni presenta a Sansepolcro, nell’ambito della stagione di Kilowatt tutto l’anno, un primo studio di Lost generation, spettacolo dedicato alla vita di Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda.

«Nell’accostarci all’opera e alle lettere di Fitzgerald e della moglie», racconta Alessandro Miele durante l’incontro post spettacolo: «abbiamo intravisto e avvertito alcune vicinanze e strane coincidenze con il nostro vissuto contemporaneo. La spensieratezza e l’irresponsabilità di un’epoca si scontrano con una profondissima crisi, che lascia i trentenni a piedi: la coppia americana a quei tempi, così come noi – e molti giovani – al giorno d’oggi».

In effetti, questo primo studio di Lost generation ha un appeal molto forte e mostra già diversi caratteri interessanti: un testo che fa sentire tutto il suo valore (è composto di citazioni dai romanzi di Fitzgerald, che a loro volta riflettevano il vissuto e le lettere della coppia, e che è sempre significativo, mai banale); il racconto dell’evoluzione della storia d’amore di una coppia speciale, per sogni, intelligenza e sensibilità; i temi toccati, che sono pregnanti e intensi (visioni di vita, il confronto col tempo che passa e con le scelte fatte, il tormento della responsabilità).
La struttura procede per macro blocchi di scene, in cui la situazione è mostrata sempre al suo culmine emotivo, procedendo quindi, in un certo senso, per blocchi di emozioni. Per fare un esempio, nella scena della discussione urlata, si percepisce rabbia pura, senza altro sottotesto che la rabbia stessa.
Le musiche hanno la funzione di contestualizzare senza troppa invadenza i vari quadri, soprattutto da un punto di vista di tempo e di atmosfera (gli anni ’20). L’inserto Carrà, che i due interpreti hanno già dichiarato di voler cambiare, mostra a sua volta un uso peculiare: è un portato di energia. I dubbi che solleva il suo utilizzo riguardano non tanto i riferimenti al film La grande bellezza, ma l’effetto di rottura dell’inquadramento temporale.
Molto affascinante la sequenza delle “scene vaganti”, in cui a zone differenti della scena corrispondono situazioni e temperature emotive diverse. Sebbene all’inizio la sequenza appaia come l’ennesima soluzione della serie “altro spazio/altro tempo”, risultando quindi un po’ noiosa e trita, nel prosieguo rivela al contrario tutta la sua forza: i due attori che si muovono da un punto all’altro si trasformano nei protagonisti che inseguono, letteralmente, le tappe della loro storia – e le inseguono con fatica, come in una specie di gioco/tortura.
Nella recitazione, in particolare in quella della Crocco, è percepibile un lavoro su sfumature, su piccoli gesti e movimenti, su finezze.
Lo studio al momento risulta emozionante e intrigante (in particolare per la costruzione a macroblocchi). Essendo uno studio, però, comporta anche il tipico problema degli studi: manca ancora una mezz’ora almeno di spettacolo. In che direzione evolvere, come strutturare il resto? Nello specifico la domanda che ci si pone è: si può tenere lo stesso stile, lo stesso tipo di costruzione, senza che l’insieme diventi monotono, faticoso o noioso?
Una prima risposta forse alla prossima tappa del percorso: il debutto di giugno.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro della Misericordia

via della Misericordia, 19 – Sansepolcro (AR)
domenica 23 aprile, ore 17.00

Lost generation
di e con Alessandra Crocco e Alessandro Miele
luci Angelo Piccinni
assistente Giovanni De Monte
grafica Marco Smacchia
produzione Progetto Demoni
con il sostegno di Kilowatt Festival