Quando Gaetano Donizetti mise in musica Walter Scott

Chiude, con un grande cast, il grandioso cartellone operistico della stagione del teatro genovese, Lucia di Lammermoore di Gaetano Donizetti. Persinsala, anche questa volta, si è seduta in platea, ha ascoltato e osservato per i lettori la Prima dello spettacolo di martedì 29 maggio scorso ed è pronta a raccontarla.

Nella Scozia del XVI secolo, le lotte tra famiglie sono di casa: in seguito ai conflitti tra i seguaci di Giacomo II e Guglielmo d’Orange, dopo alcuni anni dalla salita al trono di quest’ultimo, il potere è nuovamente nelle mani degli Stuart, con Anna, figlia di Giacomo II. In questo contesto si stagliano le vicende delle famiglie scozzesi di Ravenswood (sostenitori di Giacomo II) e di Ashton (sostenitori di Guglielmo) in lite tra loro, raccontate da Walter Scott e riprese in versi da musicare da Salvatore Cammarano nel 1835.
Enrico Ashton (Stefano Antonucci, Baritono), spinto da Normanno (Didier Perri, Tenore), vorrebbe che sua sorella Lucia (Zuzana Marková, Soprano) sposasse Lord Arturo Bucklaw (Marcello Nardis, Tenore), ma viene a sapere dall’educatore di lei, Raimondo (Mariano Buccino, Basso), che la fanciulla è innamorata di Edgardo Ravenswoode (Andrea Bocelli, Tenore), da cui è a sua volta riamata. In questo schema, tra fraintendimenti e bugie, alla fine trovano la morte Arturo e i due amati.
La scena è sin da principio pervasa di una cupa atmosfera: il sipario si alza e giunge il coro dei cacciatori che portano una carcassa di cervo dinanzi al nobile Enrico, disperato per il futuro matrimoniale di sua sorella non senza difficoltà (Cruda, funesta smania). La scenografia è molto semplice, un lungo tavolo e tre sedie. Le prime tre scene scorrono rapide in attesa dell’arrivo di Edgardo (nella quarta): in sala si attende la prestazione di Andrea Bocelli. Ecco l’ingresso del suo personaggio subito offuscato però dalla perfezione e bellezza canora di Lucia, maestra incredibile di bel canto (Verranno a te sull’aure, duetto di Lucia ed Edgardo). Lucia si presenta sin da subito come prima grande protagonista del palcoscenico a cui fanno da controparte gli altri personaggi. Conclusosi l’incontro e le promesse tra i due, la trama precipita nel momento in cui Lucia è obbligata dal fratello alle nozze con un altro uomo.
Si giunge al fatidico giorno, tutto pare svolgersi in tranquillità. Lucia, triste perché convinta che l’amato Edgardo l’abbia ormai abbandonata per un’altra donna, si rassegna a firmare il contratto nuziale. Nel pieno della cerimonia, giunge Edgardo: tutto il mondo è appena precipitato sotto i piedi di Lucia che, ripudiata dal suo vero grande amore, deve comunque sposare Arturo.
Si arriva al denso e ultimo atto ed è qui che la messa in scena genovese tocca l’apice della bellezza; Lucia è splendida, unica e irraggiungibile. L’atto (che si apre con il taglio delle prime due scene che avrebbero visto il monologo di Edgardo seguito da Enrico, taglio abbastanza tipico nella messinscena di quest’opera) è aperto dai festeggiamenti nuziali nei quali il coro è protagonista. Tutto si svolge all’insegna della giocondità ma improvvisamente ecco la tragedia: Lucia è giunta in sala trascinando il cadavere del suo consorte.
È Raimondo a portare chiarezza su quanto avvenuto (Dalle stanze ove Lucia, aria di Raimondo) ma il vero grande momento è il successivo: la pazzia di Lucia.

Come una Lady Macbeth Shakespeariana, Lucia è sporca del sangue del marito: qui l’apice canoro della serata dell’eccelsa Marková che, in una perfetta ed equilibrata prova di belcantismo, incanta l’intera sala sulle note dell’aria Il dolce suono mi colpì di sua voce, la celebre aria della pazzia appunto.
Verso il termine dell’oper, l’ultimo cambio di scenografia: la tomba degli avi dei Ravenswood, cupa e con una sola panca nera, quindi delle finestre retrostanti che danno sulla sala del palazzo degli Asthon. Solo in scena, Edgardo canta l’amore per Lucia e il misero destino che ha colpito lui e la sua amata in un recitativo (Tombe degli avi miei) cui segue la conclusiva disperazione nell’aria che chiude l’opera, Tu che a Dio spiegasti l’ali. Morta di dolore e sofferenza Lucia, Edgardo decide di togliersi la vita.
Cala il sipario tra scrosci di applausi e chiamata acclamata degli interpreti: grandiosi applausi per la Marková che in ogni momento ha riscaldato di sentimento il teatro. Interprete migliore in questa recita, la Marková incanta per perfetta sintesi di capacità vocali e interpretazione d’attrice, caratteri dai quali si deduce una conoscenza profonda del personaggio (la Marková ha calcato il palco veneziano de La Fenice nel 2017 con lo stesso personaggio e con grandissimo successo). Siamo sicuri che questo giovane soprano porterà la sua arte ancora per molto tempo e sempre meglio, giungendo a toccare veri apici vocali.
Applausi meritatissimi anche per il cast maschile: Stefano Antonucci, nel ruolo di baritono oppositore, interpreta la figura del fratello Ashton con vera maestria grazie anche alle parallele presenze di Didier Pieri e, soprattutto, di Mariano Buccino, il Raimondo educatore di Lucia e a lei affezionato. Il connubio tra la vocalità di questo personaggio e la complessiva interpretazione di Lucia garantiscono incredibili momenti.
Ma è soprattutto il quartetto Chi mi frena in tal momento?, tra Edgardo, Enrico, Lucia e Raimondo a riscaldare la scena: nella seconda parte dell’atto I, i cantati concludono in un concitato momento di sentimento e passione. Bravo Bocelli in questo complesso momento. Infine la giovanissima Carlotta Vichi, al debutto nella parte di Alisa, si presenta perfetta in tutte le sue apparizioni.
Una messinscena nel complesso interessante e profonda: l’atmosfera piovosa e cupa non solo degli avvenimenti, ma anche dei luoghi, trova la perfetta rappresentazione nella semplice ma filologicamente precisa rappresentazione di spazi e costumi; sullo sfondo sono proiettati boschi nel pieno del temporale e fronde mosse dal vento, sul palco cacciatori vestiti con il tipico kilt.
Direttore e fautore della perfetta riuscita, il maestro Andriy Yurkevych che ha condotto con passione e colore l’intera partitura.

Oh gioia che si sente, e non si dice!/Ardon gl’incensi!/Splendon le sacre faci, splendon intorno!/ Ecco il ministro!/Porgimi la destra!/Oh lieto giorno!/Al fin son tua, al fin sei mio,/a me ti dona un Dio.
Ogni piacer più grato,/mi fia con te diviso/Del ciel clemente un riso/la vita a noi sarà.
(Lucia, Atto III, scena 5)

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Carlo Felice

passo Eugenio Montale 4, Genova
martedì 29, mercoledì 30 e giovedì 31 maggio ore 20.30
venerdì 1 e martedì 5 giugno ore 20.30
domenica 3 giugno ore 15.30

Lucia di Lammermoore
Dramma tragico in due parti e tre atti di Salvatore Cammarano
musiche di Gaetano Donizetti
Direttore d’Orchestra Andriy Yurkevych
regia Lorenzo Mariani
assistente alla regia Christian Rivero
scene Maurizio Balò
con
Zuzana Marková – Lucia
Andrea Bocelli – Edgardo
Stefano Antonucci – Enrico
Mariano Buccino – Raimondo
Marcello Nardis – Arturo
Carlotta Vichi – Alisa
Didier Pieri – Normanno
costumi Silvia Aymonino
assistente ai costumi Vera PierantoniGiua
luci Linus Fellbom
videomaker Fabio Massimo Iaquone, Luca Attilii
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro Franco Sebastiani
Nuovo allestimento in coproduzione Fondazione Teatro Carlo Felice – Fondazione Teatro Comunale di Bologna –ABAO-OLBE di Bilbao
durata 155 minuti ca. con intervallo