La rivoluzione del linguaggio sinfonico nel segno dello spirito romantico

All’Auditorium Parco della Musica, Chung dirige la Terza Sinfonia di Beethoven e un programma capace di restituire l’abissale profondità dell’arte del più grande genio della storia della musica

Inoltrarsi nell’opera beethoveniana significa attraversare la storia moderna, percepire la trasformazione epocale avvenuta nel XIX secolo a livello di immaginario collettivo, ma – anche e soprattutto – a proposito del valore e del significato che la musica ha assunto. Beethoven è stato il maggior artefice di tale trasformazione: dopo la secolarizzazione che emancipò la musica dal suo valore liturgico, dopo la stagione barocca e l’indagine scientifico-matematica dell’ordine musicale, dopo la svolta operata nel Settecento da Mozart che favorì la diffusione di una cultura musicale popolare, il genio tedesco oppose all’indole di quest’ultimo lo spirito tipicamente nordico. Si tratta dello spirito romantico, capace di tradurre in musica lo slancio dei valori morali e degli ideali di un’intera epoca, stanca della rigida razionalistica illuminista e pronta a guardare negli occhi l’abisso, il sublime, la piena adesione all’assoluto.

La grandezza di Beethoven non è stata esclusivamente quella di rappresentare questa sensibilità, ma di relazionarsi a essa in maniera sempre differente, dialetticamente, spesso mettendola in discussione e superandola; per capire questo, il programma che l’Accademia di Santa Cecilia ha proposto all’interno della sua stagione sinfonica dal 9 all’11 marzo è più che indicativo.
Il concerto si è aperto con l’Ouverture n. 2 di Leonore, l’introduzione di un’opera lirica che sarebbe diventata il Fidelio, e che testimonia del quasi esclusivo interesse del maestro per la musica sinfonica e da camera e del suo disinteresse per la musica d’opera. Ma in questa ouverture, opera matura di Beethoven, si condensano molti elementi significativi, primo fra tutti il vigore orchestrale, che riflette la celebrazione della fedeltà coniugale su cui fa perno il Fidelio, risposta titanica ed epica alla goliardia del Così fan tutte di Mozart.

D’altronde, come sostiene Theodor W. Adorno, la musica beethoveniana non è semplicemente la musica adeguata alla classe borghese dominante nell’Ottocento (per quello, ci dice Adorno, c’era Rossini), ma la sua tensione asintotica verso l’assoluto registra anche il superamento di quella stessa classe e di quella stessa società, perché ne registra l’insoddisfazione, nonché l’ambizione di confluire in dimensioni più alte, già cosciente però del proprio straziante fallimento. Per questo, un valore incredibile lo assume un’opera poco eseguita, ovvero l’incredibile Fantasia corale in do minore: si tratta di un’opera del Beethoven maturo, che in certi passaggi tradisce una vicinanza esplicita con la Nona Sinfonia e in particolar modo con l’Inno alla gioia. Ma nella Fantasia, al contrario che nelle Sinfonie (specie in quelle coeve) la musica beethoveniana decide di sbrogliare l’intenzionalità celebrativa per sperimentare nuove soluzioni, spesso recuperando l’estro frizzante mozartiano; il pianoforte è nelle mani di un esecutore di livello internazionale quale Andrea Lucchesini, che riesce a restituire quell’estro con professionalità e precisione, soprattutto nelle parti da solista. Il direttore di orchestra è una vecchia conoscenza del Santa Cecilia, ovvero Myung-Whun Chung, direttore coreano divenuto una celebrità del mondo musicale contemporaneo, che nel 2002 aveva già diretto la Fantasia corale in occasione dell’Inaugurazione della Santa Cecilia (all’epoca al piano c’era Maurizio Pollini).

L’orchestra e il suo direttore danno il meglio però nella seconda parte del concerto, ovvero con la Terza Sinfonia di Beethoven, l’altrimenti detta Eroica; le vicende della scrittura della sinfonia sono note: Beethoven vedeva in Napoleone l’incarnazione dello spirito romantico, portatore di grandi ideali di libertà e grandezza, ma quando Napoleone pretese di venire coronato Imperatore, allora la fiducia e la stima dell’artista crollarono immediatamente. Per questo il nome di Napoleone Bonaparte fu rimosso dal titolo della Sinfonia, e questo aneddoto testimonia ancora dello spirito inquieto del musicista, che proprio con quest’opera portò agli estremi i criteri della forma-sonata e soprattutto della scrittura sinfonica: il tono epico della Sinfonia determinò una rivoluzione irreversibile, poiché la sinfonia dalla Terza in poi cominciò a durare almeno il doppio di quanto fosse mai durata nella scrittura musicale Settecentesca, ma non solo, dal momento che la Sinfonia da qui in poi divenne un mezzo di espressione di sentimenti civili, spirituali, di emozioni legate all’anima collettiva. La Terza Sinfonia è infatti un viaggio, che dalla celebrazione delle gesta del grande uomo, passa attraverso la sfida della morte della Marcia Funebre, fino ad arrivare all’esegesi trionfale dove quelle gesta abbracciano un intero popolo; il tutto arriva al pubblico per merito di una direzione magnifica, elettrica e tagliente, capace di calibrare al minimo i silenzi e le pause per amplificare ulteriormente le irruzioni esplosive, riflessi di uno spirito indomito.

Lo spettacolo è andato in scena:
Auditorium Parco della Musica
viale Pietro De Coubertin – Roma
giovedì 9 marzo, ore 19.30
venerdì 10 marzo, ore 20.30
sabato 11 marzo, ore 18.00

Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta
Ludwig van Beethoven
Leonore, Overture n. 2 in do maggiore op. 72a, Fantasia in do minore per pianoforte, coro e orchestra op. 80, Sinfonia n.3 Eroica in mi bemolle maggiore op. 55
direttore Myung-Whun Chung
piano Andrea Lucchesini