Ritratti d’Autore

Sul palco del teatro Sala Uno di Roma, sono andati in scena tre spettacoli della compagnia Toghe in giallo: formata da avvocati e magistrati – sotto la direzione dall’avvocato Luigi Di Majo, affiancato dalla scrittrice Cinzia Tani – che dal 2005 trasforma in godibilissime pièce i “grandi” processi della storia e del mito.

Il re di Micene, Agamennone, tornato vittorioso dopo dieci anni dalla guerra contro Troia, è stato ucciso mentre faceva il bagno. Sua figlia Elettra è l’unica testimone oculare. Forti sospetti ricadono sulla regina Clitemnestra e sul cugino del re, Egisto, amante della stessa Clitemnestra. Ma chi tra i due ha alzato la scure su Agamennone, uccidendo poi la schiava Cassandra? L’antico mito, narrato da Eschilo nella prima tragedia dell’Orestea, si trasforma in un giallo processuale in piena regola nello spettacolo della compagnia, sapientemente diretta da Di Majo – e specializzata nella teatralizzazione dei processi storici più famosi.

Nell’aula di un tribunale moderno, un giudice, un pubblico ministero e i due avvocati degli accusati ascoltano le deposizioni dei testimoni: Elettra, Oreste, Pilade, Teodoro e il fantasma di Cassandra. Il resto della storia è raccontato dalla voce brillante di Cinzia Tani – anche autrice del testo. I personaggi sono tutti interpretati da avvocati o magistrati che, con grande ironia, trasferiscono il ruolo che hanno nella realtà sul piano della finzione, o addirittura passano dall’altra parte della sbarra, incarnando le grandi figure del mito.

Anche gli altri due spettacoli della compagnia, andati in scena la settimana scorsa alla Sala Uno, rispettano il medesimo meccanismo: in Frati, mafia e delitti, si affronta la vicenda dei frati di Mazzarino, mentre in La congiura di Catilina, è la Roma repubblicana ad assurgere a protagonista. Ma chiediamo direttamente a Di Majo e Tani come nasce questo progetto.

Luigi Di Majo: «Ho sempre avuto la passione per il teatro; mi ero iscritto anche a lettere dopo il liceo però, provenendo da una famiglia di magistrati, a un certo punto sono stato costretto a cambiare facoltà e mi sono iscritto a legge – ho comunque sempre continuato a interessarmi di teatro. E ho cominciato con grandi attori, tipo Sergio Tofano e Mario Scaccia: questi sono stati i miei grandi maestri. Calcavo il teatro ufficiale con loro, pur continuando a fare l’avvocato penalista. A un certo punto ho deciso di sfruttare la mia competenza in campo legale, e ho coniugato legge e teatro. All’inizio, i processi andavano in scena interpretati da attori professionisti, come il caso Sofri – che ha visto protagonisti Piera Degli Esposti e Gabriele Ferzetti. Mi rendevo però conto che, dato l’alto numero di personaggi, era impossibile a livello economico portare avanti simili progetti. Così è nata l’idea di interpretarli insieme ad alcuni colleghi penalisti».

È più facile dirigere degli attori o degli avvocati?
L. Di M.: «Naturalmente gli avvocati non hanno una competenza specifica della tecnica teatrale o della recitazione. Quindi ho dovuto insegnare loro, visto che avevo fatto tanta scuola di teatro, come si agisce su un palcoscenico – sia pure nelle vesti di avvocati o giudici. E così è cominciata questa esperienza: nel 2005 abbiamo debuttato con il processo di Norimberga, all’interno dell’aula bunker di Palermo, poi nell’aula bunker di Firenze, e a Genova. Quindi, mi sono unito a Cinzia Tani e il progetto ha preso il volo».

Delitto ad Argo è una rilettura del mito dell’Orestea, l’uccisione di Agamennone da parte di Clitennestra ed Egisto. Una storia ancora attuale?
L. Di M.: «Il teatro è processo, è azione. Lo scontro delle ragioni fra i diversi personaggi. Il teatro classico greco era, letteralmente, processo – come tutto il grande teatro, da Pirandello a Shakespeare. Sulla scena si mette cioè in discussione l’azione dei personaggi e la si giudica. A seconda del giudizio del pubblico rispetto all’azione di quel personaggio, la società rivela la propria dimensione storica. E la tragedia greca è il simbolo della tesi che sostengo, da sempre, quando penso al teatro: teatro come ricerca della responsabilità».

Nello spettacolo lei interpreta il pubblico ministero. Ma quale tra i personaggi l’affascina maggiormente?
L. Di M.: «Sicuramente Clitemnestra perché è colei che ha subito veramente moltissime offese, prima di tutto da Agamennone – che le ha ucciso la figlia e poi si è unito a Cassandra. Clitemnestra si unisce a Egisto, e questa è la sua colpa. Sangue chiama sangue. Abbiamo preso spunto dal processo Bebawi, dove i coniugi si accusavano a vicenda. Qui è la stessa cosa: Clitemnestra afferma di essere stata plagiata da Egisto – che avrebbe avuto maggiore interesse a uccidere Agamennone a causa di antichi rancori – la questione degli Atridi, per inciso – mentre Egisto sostiene che è stata Clitemnestra in prima persona ad assassinare Agamennone. Questo meccanismo è ciò che risulta interessante nel gioco teatrale scritto da Cinzia Tani».

Come affrontate la messinscena?
L. Di M.: «Non avendo il tempo materiale per poter allestire addirittura tre spettacoli in una settimana, ci siamo limitati a una lettura scenica. Non direttamente con i leggii, però, perché sarebbe risultata troppo statica. Al contrario, abbiamo puntato anche su una certa gestualità e sul movimento».

Com’è riuscita Cinzia Tanti a trasporre il ritmo lento, il linguaggio arcaico della tragedia classica greca, su un piano contemporaneo?
Cinzia Tani: «L’idea mi è venuta con Il lutto di addice ad Elettra di O’Neill, che ha trasformato la tragedia di Elettra in un dramma moderno. Anch’io ho pensato di fare la stessa cosa, prendendo il meglio dei testi classici e costruendo una storia consequenziale – che però avesse il proprio fulcro nel processo. Per il resto, ho cercato di dare un ritmo moderno – accorciando le frasi, trasferendo parte delle spiegazioni del coro al narratore, che aiuta lo spettatore a capire cosa sta succedendo in scena laddove gli attori non lo raccontano».

Il dramma è liberamente tratto dai testi di Euripide, Yourcenar, Hofmannsthal, Seneca, Sofocle, Alfieri e Christa Wolf.
C. T.: «Alcune battute sono trascrizioni esatte di quei testi. Soprattutto le frasi di Cassandra sono quelle immaginate da Christa Wolf. Essendo quindi citazioni, gli spettatori che conoscono i testi si divertono anche a ritrovarle negli originali. Al contrario, tutto ciò che riguarda il processo – le domande degli avvocati o del presidente – e molti raccordi sono solo “farina del mio sacco”».

Lei può ormai dirsi un’esperta di donne assassine. Cosa pensa di Clitemnestra?
C. T.: «Con Medea, Clitemnestra è una tra le grandi assassine del mito. Ho quindi deciso di non discostarmi troppo dalla figura tragica. Anche negli altri processi che ho scritto e che nascono dai miei libri si parla di assassine e di coppie assassine. Questo testo è nato proprio perché volevo raccontare di una coppia assassina – Clitemnestra, ma anche Egisto. I personaggi femminili mi piacciono, anche Elettra è un’assassina».

Vedendo lo spettacolo si nota nei personaggi femminili una rilevanza particolare. Una sua scelta?
C. T.: «Sì, mia. Per quanto riguarda Cassandra, in particolare, mi sono rifatta a Christa Wolf – che ne ha dato una lettura moderna, con un tocco da donna inascoltata, vittima, eppure intelligente, da persona che prevede ciò che accadrà ma decide di controllare le proprie paure andando incontro al destino a viso aperto. Questi personaggi femminili sono molto affascinanti per il pubblico perché assolutamente contemporanei, vicini alla nostra mentalità».

In che senso si può parlare di una storia tuttora attuale?
C. T.: «Il processo è assolutamente attualizzato, così come la psicologia dei personaggi. Io scrivo romanzi storici e libri che riguardano delitti storici perché ciò che mi interessa è dimostrare che, indipendentemente dall’epoca in cui si svolgono i fatti, i sentimenti sono sempre i medesimi. A chi pensiamo se sentiamo parlare di Clitemnestra, del suo amore ossessivo per Egisto, della sua solitudine perché il marito l’ha abbandonata, della gelosia che prova nei confronti di Cassandra? Ed Elettra, non è forse una figlia dei nostri tempi, che vede uccidere il padre e usurpare il suo posto? Forse la parte più attuale del dramma è proprio quella femminile».

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Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Sala Uno
Porta San Giovanni, 10 – Roma

L’Associazione Culturale CentrarteMediterranea in collaborazione con Teatro 91 presenta:
La Compagnia Toghe in giallo in Delitto ad Argo – Processo per l’omicidio di Agamennone
Liberamente adattato i testi di Euripide, Yourcenar, Hofmannsthal, Seneca, Sofocle, Alfieri, Christa Wolf
di Cinzia Tani
regia di Luigi Di Majo
assistente alla regia: Mafalda Guarente
personaggi e Interpreti:
Clitemnestra: Maria Teresa Condoluci
Elettra: Marina Binda
Oreste: Giuseppe Rombolà
Egisto: Filippo Chiricozzi
Presidente: Giuseppe Chiaravallotti
Pubblico Ministero: Luigi Di Majo
Difesa di Clitennestra: Antonio Buttazzo
Difesa di Egisto: Eugenio Mele
Pilade: Alessandro Lunetta
Nutrice: Chiarenza Millemaggi
Fantasma di Cassandra: Lucilla Tamburrino
Teodoro: Ferdinando Abbate
Narratore: Cinzia Tani