Il potere del racconto

Torna in scena, a 12 anni dal debutto, uno tra i fiori all’occhiello del Teatro di Rifredi, L’ultimo Harem, con Serra Yilmaz. Spettacolo dal sapore mediorientale che continua a riscuotere grande successo.

L’ultimo Harem è uno spettacolo che attrae: un po’ per la fama della Yilmaz; un po’ perché sembra rifarsi – ma solo in apparenza – al film di Özpetek, Harem Suare; e infine per il titolo, che preannuncia (con buona pace del femminismo) qualcosa di esotico, affascinante e intrigante quale l’harem nell’immaginario collettivo. Questo soprattutto perché l’harem, per molti occidentali, è un concetto che rimanda a un mondo di odalische affascinanti e intelligenti che avrebbero usato la propria bellezza per danzare e raccontare – un modello che ispira in molte nostre contemporanee fantasie di ogni tipo – prescindendo dal fatto che significhi la cattività di un numero infinito di donne. Forse perché, come racconta la narratrice dello spettacolo (la Yilmaz appunto), la prigionia delle donne è la prova stessa della loro natura intrinseca, imbastita di voglia di libertà e desiderio di ribellione. Libertà e ribellione al femminile (e non nel senso tradizionale dei termini), assieme a un certo gusto onirico, sono i temi portanti di L’ultimo Harem. Storie di donne: da Le mille e una notte a quelle più moderne di Nazli Eray (autrice turca contemporanea). Libertà e ribellione di un universo muliebre leggendario, oppure semplice, che si rapporta alla propria condizione più o meno privilegiata.

Nonostante la bravura delle due attrici principali, la Yilmaz e Valentina Chico, non è la messa in scena a rendere interessante lo spettacolo – e nonostante la scenografia suggestiva – bensì il potere del racconto. Teatralmente tutto si riduce all’osso. È il gusto del racconto il protagonista assoluto dello spettacolo, il saper costruire la favola per adulti che affascini lo spettatore – anche se è seduto su gradinate piuttosto scomode. L’atmosfera è intima, ma non è tanto questo, quanto il soggetto narrato che cattura l’attenzione – anche quando il racconto non si sa quali vie impervie seguirà o appaia troppo lontano dalla nostra immaginazione. Forse, per i nostri gusti, lo spettacolo avrebbe potuto fare a meno di qualche minuto, ma l’immaginazione del pubblico è messa spesso alla prova, trasportata in quel mondo di sogni effimeri – eppure non privo di qualche insegnamento – tipico delle favole.

L’Ultimo Harem è, in breve, la messa in scena del saper raccontare. Il cui potere supera la capacità della messa in scena stessa. Ci sono sicuramente storie che non si possono raccontare ma solamente inscenare, mentre altre – che non si possono mettere in scena – vanno indubbiamente affidate alla narrazione. L’ultimo Harem fa proprio questo: mette in scena il non rappresentabile, non su un palco quanto nella mente dello spettatore – e qui è racchiusa la sua bellezza. Ed è anche ciò che avvicina lo spettacolo al succitato film di Özpetek: la maestria del narratore, il potere delle storie che sfidano le dimensioni del tempo e dello spazio, accomunando il sentire.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro di Rifredi

via Vittorio Emanuele II, 303 – Firenze
fino a domenica 21 gennaio

Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi presentano:
L’Ultimo Harem
uno spettacolo di Angelo Savelli
ispirato ai racconti de Le mille e una notte e di Nazli Eray
con Serra Yilmaz, Valentina Chico e Riccardo Naldini
scene e costumi di Mirco Rocchi
luci di Roberto Cafaggini