Al teatro Franco Parenti l’ultimo spettacolo di Andrée Ruth Shammah. Rispetto del testo e forte apporto registico


Perché mettere in scena un melodramma del 1903 con protagonista la femme fatale per eccellenza, Lulù, di un autore verista morto a soli 46 anni? Una scommessa difficile quella che Andrée Ruth Shammah ha puntato sulle tavole del palcoscenico del Franco Parenti. Un azzardo, forse, ma cerchiamo di capire se e come l’ha vinta.

Innanzi tutto una curiosa coincidenza: la Shammah è da sempre una regista che privilegia, indagandolo in ogni sua piega, il senso di un’opera. E Lulù è un testo scritto in un periodo storico in cui nasceva la psicoanalisi e Sigmund Freud definiva il termine psicoanalitico in due articoli nei quali descriveva questo metodo come “un procedimento per l’indagine di processi mentali, inaccessibili altrimenti”. Strano e affascinante pensare che mentre Freud collegava l’isteria – soprattutto femminile – al conflitto tra le pulsioni sessuali “pericolose” e la maschera fatta propria dall’individuo per adeguarsi alla società, Bertolazzi ritraesse una donna che mostra a ognuno dei suoi amanti il volto che questi desidera vedere, ma di cui realmente nessuno si perita di capire chi sia, cosa senta o voglia veramente.

Ma come rendere la complessità di Lulù, rispettando il testo ma soprattutto il sottotesto, tradendo a volte la parola ma mai il senso profondo della pièce? Andrée Ruth Shammah, come una psicoanalista ma con i mezzi propri del regista, ha scelto una chiave di lettura originale: la metateatralità. Il teatro che si spiega e si confessa a se stesso e al pubblico, impudicamente come durante una seduta psicanalitica. E per farlo ecco il personaggio di De Farnesi – interpretato da un eccellente Pietro Micci – che si sdoppia e passa dai panni di amante tradito di Lulù, in quelli del regista che sta mettendo in scena la vita della stessa e, nel contempo, vuole indagarne i misteri inconsci.

Il gioco scoperto con il pubblico è una puntata vinta in partenza: gli attori – Eugenio de’ Giorgi e Isabella Aldovini – che si fingono spettatori, intervengono nella messinscena con una tale spontaneità che, tra le poltrone, si sente il mormorio di chi azzarda: «Spero sia tutto combinato, se no che vergogna!»; e dopo l’intervallo, quando Stefano – Marco Balbi – entra in scena rivolgendosi direttamente al pubblico, l’intera sala si sente richiamare da quella voce e si ricompone come la classe di ragazzini quando entra la maestra – complici anche le luci lasciate accese per prendere alla sprovvista gli spettatori.

Ma la Shammah ha fatto di più. Chopin affermava che per comporre un brano che sembri “facile”, ci vogliano grande maestria e duro lavoro. Per rendere ancora più scoperto questo gioco, per indagare davvero a fondo l’animo della protagonista, ecco quindi l’occhio della telecamera. Siamo ormai abituati a quell’occhio che ruba ogni attimo di intimità ai concorrenti dell’ultimo reality show: scabrosamente osceno nella sua banalità. Ma qui l’occhio della telecamera, come le domande del regista – una vera tortura per Lulù e anche per Sabrina Colle, che deve sopportarli entrambi per quasi due ore di fila – sono il mezzo attraverso il quale il teatro si autorappresenta e, nel contempo, lo spettatore può trovare la risposta a quell’unica domanda: «Chi è Lulù?». Santa o puttana, vittima o carnefice: la risposta non è univoca. Ognuno troverà la propria.

Il finale è all’altezza della pièce: splendido esempio di asciuttezza e celebrazione di quell’esperimento effimero, affascinante e mai uguale a se stesso che è lo spettacolo teatrale.
Non vi diremo come finisce, vi diremo che Shammah ha vinto la scommessa.

Lo spettacolo continua:
Teatro Fanco Parenti
Via Pier Lombardo 14 – Milano
fino a domenica 31 gennaio e da mercoledì 12 a sabato 22 maggio
orari: Sala Grande feriali ore 21.00 – festivi ore 16.30

Lulù
di Carlo Bertolazzi
regia Andrée Ruth Shammah
con Marco Balbi (Stefano), Chicca Minini (Virginia), Sabrina Colle (Lulù), Marco Vergani (Mario), Pietro Micci (De Farnesi e il regista), Eugenio de’ Giorgi (l’ing. Saletti) e con Marta Carasso, Annagaia Marchioro, Ilaria Bottiglieri, Luca di Martino, Daniele Leoni, Isabella Aldovini, Emilio Barone e Tommaso Pagliarini
drammaturgia Federica Di Rosa
musiche Michele Tadini
costumi Barbara Petrecca
video Luca Scarzella
scene Elena Martucci
produzione Teatro Franco Parenti in collaborazione con Rai – Direzione Strategie Tecnologiche – Direzione CPTV Milano