Al Teatro Studio Uno di Roma in scena, fino al 4 febbraio, Malabrenta, lo spettacolo vincitore del 2° Premio Off dello Stabile del Veneto.

La Banda della Magliana, quella della Comasina, la Mala del Brenta: criminalità organizzata degli anni 80. Il Libanese, il Freddo, il Dandy, Renato Vallanzasca, Felice Maniero: antieroi dei vari Romanzo Criminale, Gli angeli del male, Faccia d’angelo.
Quando la televisione e il cinema trovano un nuovo filone aureo lo consumano fino all’osso. E dal capostipite di Michele Placido, si è via via, negli ultimissimi anni, sviluppata una fiera discendenza: tutti prodotti di alta qualità, con grandi produzioni, bravissimi interpreti, ottime sceneggiature, accurate ricostruzioni e approfonditi studi storici alle spalle. Sempre la stessa però è la chiave di lettura di certi “fenomeni” (lascio fuori Faccia d’angelo, miniserie prodotta da Sky, non ancora andata in onda): la coraggiosa ribellione dei protagonisti a un ordine costituito e la natura “rivoluzionaria” dei loro atti. Di questo se ne è parlato e riparlato, chi attacca, chi difende, chi parla di cattiva influenza sui giovanissimi, chi di realismo cronachistico. Continuare la discussione in questa sede è sterile e fuori luogo. Ma un accenno alla questione è necessario per capire l’incipit dello spettacolo Malabrenta.
Perché proprio da questo si parte: da una mitizzazione dell’antieroe di turno (in questo caso Felice Maniero), ulteriormente enfatizzata dallo sguardo infantile del narratore, molto giovane in questo loro primo incontro.
Il tono leggendario dell’inizio ritorna nel ripercorrere gli eventi e le azioni criminali della banda, nel descrivere la dura legge del codice d’onore, nel motivare le scelte e soprattutto nel raccontare i legami che uniscono i vari personaggi, procedendo con un bel ritmo serrato, incalzante, con una vaga musicalità data dall’accento veneto, scandita dalle varie imprecazioni fra i denti del protagonista: «Ta morti cani».
Queste considerazioni però non fanno altro che accomunare un bell’esempio di teatro di narrazione agli altri prodotti di televisione e cinema che vanno tanto di moda. Non che questo sia necessariamente un difetto, ma il pregio dello spettacolo è sicuramente un altro.
Senza nome, senza altra storia se non quella della banda, senza ulteriori passioni se non l’adrenalina delle rapine, senza donne se non quella del capo. Solo il personale piacere di guardare i pescatori del porto di Chioggia all’ora del tramonto. Il protagonista di Malabrenta non ha nulla a che vedere con tutti i componenti delle varie bande “di mercato”. Forse perché è una voce narrante interna alla vicenda ma che, allo stesso tempo, ne resta distante; forse perché il suo non è il punto di vista di un capo, bensì di un semplice gregario; forse perché la sua intera esistenza, nonostante sia assolutamente intrisa della vicenda della Mala del Brenta, non emana alcun fascino, non è circondata da alcun alone leggendario.
E alla fine sarà proprio lui a far scendere dal piedistallo anche il suo capo, il suo punto di riferimento, l’antieroe Felice Maniero, che avrà dimostrato tutta la sua piccolezza.

Lo spettacolo continua:
Teatro Studio Uno
Via Carlo della Rocca 6, Roma
fino al 4 febbraio
orari: dal mercoledì al sabato ore 21:00

Malabrenta
drammatugia e regia Giorgio Sangati
con Giacomo Rossetto