La natura del male e una palla di rugby

Al Teatro Vittoria di Roma, è in scena Mar del Plata di Claudio Fava, una storia di sport e morte nell’Argentina degli anni settanta.

È proprio a ridosso dei mondiali argentini, che il mediano di mischia del Rugby Club La Plata, Diego (appena diciassettenne) viene trovato ucciso con le mani legate dietro alla schiena. I compagni vogliono giocare lo stesso. L’allenatore è d’accordo, ma niente minuto di silenzio: ha paura di esporre i suoi ragazzi a una visibilità eccessiva. Alla fine deve cedere. «Perché un minuto passa lento come la vita: come la morte è lenta» scrive Claudio Fava nel suo libro Mar del Plata, da cui è tratto il testo teatrale. A diciassette anni, può bastare un minuto? Ne passano dieci, la partita non inizia mai, il pubblico sugli spalti è immobile. Quel silenzio è il tocco della morte che ha appena battezzato le giovani vite di chi pensava solo al rugby. Quei ragazzi non sanno sparare, non sanno picchiare: sanno solo giocare a rugby; e infatti continuano a giocare, silenziosamente, senza immaginare quale osceno affronto simbolico stanno mostrando.

L’aguzzino di regime Montonero (interpretato da Claudio Casadio), come un “innocente” collezionista di coleotteri, infila uno a uno quei ragazzi dentro alla collana che arriverà a contare diciassette cadaveri. La prima falsificazione è di tipo retorico. I sicari non ammazzano nessuno, ma semplicemente fanno «opera di pulizia dei sovversivi, e poi degli indecisi». Tortura? Si rimedia agli errori degli altri. Essere un delatore non è fare la spia, ma solo «fare il bene del tuo paese». «Io non ho fatto nulla» grida il Turco, trent’anni, esterno d’ala, di professione panettiere, e padre di tre figli. «È questo il problema – risponde laconico Montonero -. Se non scegli adesso il tuo paese, ora che ti tengo per i coglioni, sei già da un’altra parte».

Passarella, il loro trainer, non sa come fermare il massacro, e cerca di restituire alle parole la loro verità: «L’hanno ammazzato perché era comunista? Era solo un ragazzino». A vent’anni i pensieri di un ragazzo sono il tesoro irrimediabilmente perduto di quei sicari di regime, in grado di comporre solo equazioni semplici (donna-mignotta, ragazzo-sovversivo, violenza-pulizia), forse per riempire di un ordine certo quanto di quei vent’anni non si ricorda più: «Chi può conoscere i pensieri di un ragazzo? – esclama Passarella – Questo li fa impazzire».

Il testo e la regia scelgono di seguire una narrazione soprattutto cronachistica: i dialoghi tra gli antagonisti sono secchi, ma a volte posseggono una “grazia” dialettica che rischia di far apparire troppo lineare quell’orrore che è stata l’Argentina di quegli anni. Questo sembra affidato a una musica di commento, a scene quasi cinematografiche, in cui a feroci pestaggi, seguono le torture subite dagli arrestati. Sentire la voce crudele di Montonero chiedere a uno tra il pubblico chi volesse uccidere (offrendosi di farlo), basta da sola a provare brividi di freddo. Una volta di più, Casadio mostra come a teatro c’è solo voce e parola; tutto il resto può essere semplice scorciatoia, o mimesi di abusati format giornalistici per un pubblico che si crede assuefatto alla TV.

Hannah Arendt in una lettera a Gershom Scholem, si interrogava sulla natura del male: il male «…sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla». Il male non ha argomenti, non possiede pensiero, può solo appropriarsi – come un parassita – del pensiero dell’altro, sentito come troppo vitale e caotico, quindi pericoloso. Lo stato etico rovescia così il senso retorico delle parole, cercando illusoriamente di ricreare un più stabile ordine. Può esistere uno stato etico “buono” allo scopo? Ecco forse la domanda che si pone Claudio Fava con il suo teatro. La risposta è no. Per gli autori, è di tutta evidenza che può esistere solo la maleodorante, inebriante, disordinata, impudica, responsabile, felice… libertà.

Lo spettacolo è continua
Teatro Vittoria

Piazza Santa Maria Liberatrice 10, Roma
da sabato 3 a domenica 13 novembre 2016

Società per Attori e Accademia Perduta presenta
Mar del Plata – Gli Angeli del rugby che sfidarono il regime argentino
di Claudio Fava
regia Giuseppe Marini
con Claudio Casadio, Giovanni Anzaldo, Fabio Bussotti, Andrea Paolotti, Tito Vittori
e con (in ordine alfabetico) Edoardo Frullini, Fiorenzo Lo Presti, Giorgia Palmucci, Alessandro Patregnani, Guglielmo Poggi
scene Alessandro Chiti
costumi Sabrina Chiocchio
disegno luci Umile Vainieri