Ritratto d’autore

Settecento: Germania e Sturm und Drang, Ferdinand, figlio del potente ministro Walter, s’innamora ricambiato della borghese Luise Miller, figlia di un umile violoncellista. Il padre del giovane, cerca di ostacolare l’unione tra i due giovani e di convincere Ferdinand a sposare la favorita del principe così da ottenere una promozione. Ma il sentimento di Ferdinand è sincero e profondo e il giovane non vuole rinunciare al desiderio di sposare Luise. Il ministro escogita allora un intrigo con la complicità del suo segretario Wurm.

Intrigo e Amore di Friedrich Schiller, debutta in prima nazionale martedì 12 aprile alle ore 20,30 al Teatro della Corte di Genova, per l’occasione Persinsala ha intervistato il regista Marco Sciaccaluga.

Quali sono le sue emozioni a pochi giorni dalla prima nazionale dello spettacolo?
Marco Sciaccaluga: «Alla mia età si fa la scorza dura. Curioso, emozionato di certo, ma soprattutto curioso che è il sentimento principale che provo quando faccio uno spettacolo. All’inizio viene voglia di raccontare una storia perché qualcun altro ce l’ha raccontata (come in questo caso Schiller) perché qualche cosa ti ha incuriosito, appassionato e vuoi condividerlo al pubblico. Il regista è un interprete, dunque il sentimento che mi muove è la curiosità di vedere se il mio interesse sarà quello degli altri».

Politica, amore e poter si fondono, come ricorda Ladislao Mittner, in un unico anelito giovanile di libertà e amore. È, dunque, una storia generazionale o c’è anche altro in quello che Schiller vuole trasmettere?
MS: «Come dico sempre la voce dei classici non viene dal passato ma dal futuro, anche se ciò può sembrare un paradosso. I grandi autori, i poeti, hanno avuto la capacità di vedere gli esseri umani non solo filtrati dalla loro esperienza nel presente o dal ricordo del passato, ma soprattutto con una visione quasi profetica del futuro. Un ulteriore elemento rispetto alla poetica schilleriana che tengo sempre a sottolineare è che l’autore ha scritto questo capolavoro a soli 24 anni, mentre siamo abituati, forse perché ce lo insegnano a scuola, a una certa figura di classico, un vecchio con la barba lunga (come Tolstoj, per esempio). Ricordo spesso ai ragazzi questo non trascurabile dettaglio anagrafico di uno Schiller giovanissimo autore di Intrigo e Amore, perché voglio che quando vengono a teatro pensino a un loro coetaneo che ha scritto ciò che vedranno. Colpisce soprattutto la competenza teatrale che Schiller aveva, la capacità di costruire la scena nonché la conoscenza sbalorditiva dell’animo umano. Quello che dice Mittner è giusto: Schhiller racconta le vicende di un mondo imprigionato da leggi d’acciaio, specialmente negli stati autoritari dell’epoca, ma ancora peggio leggi dell’anima, tabù. In questo caso c’è un divieto costitutivo del dramma secondo il quale un giovane aristocratico non può amare una giovane borghese. È come dire oggi che ci sono uomini in alcuni stati che considerano un tabù che la figlia bianca, occidentale e ricca, possa sposare un giovane magrebino o viceversa. La storia di Ferdinand e Luise è la storia di un amore proibito. Dunque una società in cui le leggi prima di essere frutto della giurisprudenza sono morali, ossessive, interiorizzate perché legate alla superstizione, all’idea che la maledizione di un padre se pronunciata possa accompagnare sino alla fine dei tuoi giorni, alla paura di un dio totalitario e oppressivo. Davanti a una società di questo tipo, ci si confronta con una forza potente, l’amore, che si ribella a questi sistemi: l’amore che ci fa tornare scimmie, animali, l’amore perché come dice Luise «siamo stati creati per la gioia». L’esito di tutto ciò è tragico, i due amanti non avranno fortuna. È una storia che spero faccia arrabbiare i giovani sedicenni di oggi che riconosceranno una forma di violenza e capiranno che davanti a una società così opprimente, l’uomo ha solo uno spazio di libertà, quello dentro di lui.

Schiller, a differenza di altri suoi contemporanei, non credeva nel cambiamento attraverso una rivoluzione, pensava che la ribellione dovesse essere uno spazio dell’interiorità. Come se un prigioniero di guerra, di Guantanámo o dell’ISIS potesse e dovesse trovare la propria libertà nell’intimo della propria anima. Una libertà da cui nessuno può essere privato se non con la morte, ma se c’è la vita, anche nelle più oscure prigioni l’umanità può trovare pace. Nella casa di Schiller a Weimar c’è un bellissimo disegno della figlia, Caroline, una bimbetta con i capelli lunghi che fa la linguaccia. Sotto c’è scritto, di pugno di Schiller, la data e frase: «Che alla mia Caroline sia evitato il destino di Luise Millerin, che la mia Caroline torvi la libertà di cui ogni essere umano ha il diritto». Di Luise Millerine ne nascono ogni giorno finché l’umanità non avrà raggiunto una situazione in cui la libertà sarà un bene come l’acqua.»

Quanto pensa che un tale messaggio di rispetto e libertà possa andare oltre il palcoscenico e arrivare fino al pubblico?
MS: «Questa è una questione importante: il teatro non è un luogo in cui si stampano manifesti o si lanciano messaggi ideologici o catechismi, il teatro è un luogo in cui si articolano le domande. Il teatro fa questo: ci pone una domanda, che va ascoltata e che chiede una risposta. Quando mio nonno narrava le vicende delle guerre che aveva combattuto, era solito porci un interrogativo: «eravamo riusciti a ucciderli prima che loro uccidessero noi, ma avrei potuto esserci io a galleggiare al loro posto visto che non c’era alcuna differenza». L’arte racconta questo, un sommergibile che risale a galla tra i cadaveri o la storia di una giovane donna che va in sposa al suo grande amore.»

Qual è stata e perché la sua scelta di regia?
MS: «Il teatro è sempre contemporaneo perché sono esseri umani di oggi che fanno gli attori, gli scenografi. Non c’è mai un approccio filologico costruttivo, il che non significa necessariamente un teatro in abiti moderni. Inoltre non abbiamo idea di come rappresentassero Intrigo e Amore in passato. A me è capitato di vestire personaggi shakespeariani con abiti del Novecento e di sentire gente scandalizzata. Se si prende la grande pittura quattrocentesca e cinquecentesca dove c’era l’ossessione di personaggi biblici, i pittori vestivano i protagonisti in abiti rinascimentali senza che nessuno ci facesse caso. L’arte ha sempre usato il presente per far rivivere il passato, in questo caso ci sono elementi settecenteschi e contemporanei, la scena è una non scena quasi vuota e simile alla sala prove di un concerto dove si suonano due partiture: una musicale, dal vivo, di un pianoforte, l’altra, più importante, con le parole. Sarà uno spettacolo realistico ma non naturalistico, non c’è nessuna ricostruzione di ambiente e per capire che siamo in un posto piuttosto che in un altro adotteremo un sistema narrativo tradizionale per didascalie (per esempio, «scena uno, casa del musicista»). Un certo tipo di critica pensa che ci sia la necessità e l’urgenza della novità, ma questo sposta l’arte dall’etico all’estetico. L’arte è il luogo dell’etica, quando parlo di etica parlo dell’uomo, delle sue contraddizioni, del suo essere, dei suoi comportamenti, non delle forme che prende nella storia dell’arte. A Caravaggio non interessava l’estetica, gli interessava raccontare l’uomo, il suo desiderio sessuale, il suo dolore, la sua ambiguità con uno sguardo morale».

Gli aspetti melodrammatici di Intrigo e Amore diedero spunto a Giuseppe Verdi, per comporre, nel 1848, la Luisa Miller, ispirata proprio al testo di Schiller. Sul palco si vedono un pianoforte, dei violini, viole, gli ottoni. Quanto è importante la musica in questa tragedia? È solo accompagnamento o qualche cosa di più?
MS: «Qualche cosa di più per due ragioni: la prima, per questioni narrative, siamo a casa di un musicista e violinista, Schiller indica che c’è un pianoforte in questi luoghi. La seconda, più radicale, è che Schiller usa spesso la musica come metafora, parla di armonia, di disarmonia. Dice Ferdinand «chi può dividere due anime, nessuno può dividere le note di questo accordo». La musica non è solo contrappunto, non è solo accompagnamento, ma è una metafora, la musica di armonia, la parola detta di disarmonia, in una sorta di contrasto ideale. È la ragione per cui spesso mi fa sorridere vedere ciò che ha fatto Verdi con Schiller o Shakespeare, di cui ho grande ammirazione, perché ci troviamo davanti a un genio che ha cercato di mettere insieme la disarmonia delle parole, dell’uomo contradittorio, con l’armonia della musica. La musica in Verdi racconta la passione espandendola, le parole descrivono la passione contraddicendola. L’attore è prigioniero delle emozioni, il compositore o il musicista ne sono invece i cantori e se posso dirlo, Verdi non ha capito nulla di Schiller o di Shakespeare anche se li ha molto amati, ma questo non è grave, anzi è riuscot a creare un altro livello di comprensione intellettuale ed emotiva che a me fa tenerezza. Per questo corro a vedere le sue opere che, anche quando ben eseguite, non hanno nulla a che fare con le storie che lo hanno ispirato.»

Lo spettacolo andrà in scena:
Teatro della Corte

Piazza Borgo Pila 42, Genova
da martedì 12 aprile a domenica 1 maggio
dal martedì al sabato alle ore 20.30, domenica alle ore 16, la recita del giovedì inizia alle ore 19.30.

Intrigo e Amore
di Friedrich Schiller
regia di Marco Sciaccaluga
con Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Enrico Campanati, Andrea Nicolini, Orietta Notari, Tommaso Ragno, Simone Toni, Mariangeles Torres e Marco Avogadro, Daniela Duchi, Nicolò Giacalone
scene e costumi di Catherine Rankl
luci di Marco D’Andrea
musiche di Andrea Nicolini
produzione Teatro Stabile