Una Maria Stuarda al femminile

Si avvia verso la conclusione la stagione lirica del teatro genovese e il cartellone non può esimersi da una partitura donizettiana: Maria Stuarda, la sfida di due regine, per la regia di Alfonso Antoniozzi sul palco del Teatro Carlo Felice. Per dire se l’opera sia stata all’altezza della stagione trascorsa, basta ascoltare gli applausi conclusivi e sommarli a quelli scroscianti per tutta la messinscena.

Sul palco la storia della rivalità femminile più sentita della storia, quella tra la regina inglese Elisabetta I e la regina di Scozia Maria Stuarda. Dalla tragedia omonima di Friedrich Schiller, Giuseppe Bardari trae nel 1835 un favoloso libretto le cui parole trovano espressione nella grandiosa partitura di Gaetano Donizetti.
Seconda opera della trilogia del compositore dedicata alle regine Tudor (tra Anna Bolena e Roberto Devereux), Maria Stuarda è padroneggiata perfettamente da cantanti e coro. L’intreccio drammatico è ben presente al regista e cantante Alfonso Antoniozzi, il regista per eccellenza della trilogia (lo abbiamo visto l’anno scorso alle prese con un ben riuscito Roberto Devereux e la direzione della grande Devia nel ruolo della protagonista), nonché alla scenografa Monica Manganelli.
La trama si svolge nel pieno rispetto dei canoni operistici del XIX secolo: pochi personaggi (6 di cui 3 sono i principali), due atti, rispetto ottocentesco delle unità drammatiche.
Due donne, Elisabetta I regina di Inghilterra e Maria Stuarda regina di Scozia, sono rivali politiche, religiose e in amore. Colui che più di tutti si rende conto dell’astio regale è il conte Roberto di Leicester amante e riamato di Maria ma, allo stesso tempo, amato da Elisabetta. Si aggiunge al triangolo la perfidia del consigliere inglese Lord Cecil, il sostegno del consigliere scozzese Talbot e la tenera vicinanza e le amorevoli cure dell’ancella di Maria, Anna Kenendy. I nodi si sciolgono solo alla fine con la decapitazione di Maria.
Come presentare l’intrigo al pubblico? Antoniozzi collabora con la Manganelli per ricreare la perfetta atmosfera dell’Inghilterra cinquecentesca: scenografia composta di una pedana circolare centrale dove ha luogo la rappresentazione, quinte che richiamano l’architettura dell’abbazia londinese, un trono sempre presente. Ma ancora tutto questo non basta, ulteriore apporto per immergersi nel clima inglese è offerto dai bellissimi costumi di Gianluca Falaschi, ampi abiti a gonna per tutti i personaggi, colori sgargianti (il turchese addobbato di fiori per Roberto, i colori pastello per l’abito di Elisabetta, il nero per Maria e il suo consigliere, il rosso sangue per il perfido Cecyl) apprezzati da tutto il pubblico. Ed infine, siamo nell’atmosfera cupa di intrigo politico e morte grazie all’uso di luci e ombre gestite da Luciano Novelli, che alternano oscurità e richiami alla morte imminente della protagonista tramite l’uso di nuvole giallo, arancione e rosse sullo sfondo.
Inoltre vogliamo sottolineare una scelta registica particolare ovvero la presenza, alla prima alzata di sipario, di due specchi da camerino cui si rivolgono le due primedonne in fase di trucco sotto la supervisione di truccatrici e assistenti costumiste: per tutta l’opera infatti, nei cambi di scena, cala un trasparente sipario dietro il quale si vedono agire le truccatrici, le assistenti costumiste e i tecnici atti a spostare le strutture sceniche. Scelta particolare che, a nostro parere, stona con la complessa messinscena storica, benché portatrice di un messaggio fondamentale: il processo di produzione teatrale non è fatto solo di attori ma da un intero organismo pulsante che spesso le politiche amministrative e culturali del nostro paese lasciano indietro. È giusto allora ricordare che ci sono e che il loro lavoro è fondamentale.
Ma l’elaborazione dietro le quinte trova la sua realizzazione nell’incredibile interpretazione dei cantanti e del coro. Sin dal principio siamo immersi a corte con Elisabetta (Silvia Tro Santafè, mezzosoprano) e la sua impeccabile vocalità a partire da Sì, vuol di Francia il Rege, sino al termine della messinscena, passando per il duetto finale con la rivale Maria (Elena Mosuc, soprano) nel finale dell’atto primo È sempre la stessa. Entrambe le cantanti presentano una voce limpida, profonda e passionale che accompagna una gestualità teatrale più che adatta al melodramma ottocentesco, ampia ed estremizzata.
Tutta la passionalità e l’emotività delle donne è ottimamente rappresentato anche dal loro virtuosismo vocale che i gorgheggi più volte ribadiscono. A loro si accompagna l’amato comune, Roberto (Celso Albelo, tenore) che sia nel recitativo e duetto (con Andrea Concetti, basso) Talbot Hai nelle giostre, o Talbot e Questa imago, questo foglio seguito dal duetto con Elisabetta, Sei tu confuso? Quali sensi! e da quello con Maria, Ah no! Giammai discendere, dimostra per tutta la messinscena equilibrio vocale. Meritatissimi applausi per i personaggi secondari Talbot, Cecil (Stefano Antonucci, baritono) e Anna (Alessandra Palomba, mezzosoprano) perfettamente amalgamati con i tre protagonisti.
Infine, sul palco la potenza del coro di uomini e donne tutti di nero vestiti e con una maschera sul volto, coro emotivo che accompagna la recita e che si dispera con i protagonisti in una complessa cupa atmosfera.
Tutto questa immersione è permessa dalla partitura di Donizetti che l’orchestra affronta con precisione e puntualità grazie all’applauditissima bacchetta del direttore Maestro Andriy Yurkevych. Applausi a lui e all’orchestra tra primo e secondo atto e alla conclusione per un Donizetti che è parso vivo, seduto e presente tra i musicisti del golfo mistico.

«E il mio sangue innocente versato plachi l’ira del cielo sdegnato, non richiami sull’Anglia spergiura il flagello di un dio punitor»
Maria Stuarda, scena ultima Atto II

Lo spettacolo continua
Teatro Carlo Felice

passo Eugenio Montale 4, Genova
17,18,24 maggio ore 20.30
20 e 21 maggio ore 15.30

Maria Stuarda 
tragedia lirica in due atti
libretto di Giuseppe Bardari
musica di Gaetano Donizetti
regia di Alfonso Antoniozzi
Direttore d’Orchestra Andriy Yurkevych
con
Elena Mosuc – Maria Stuarda, regina di Scozia
Silvia Tro Santafe – Elisabetta, regina d’Inghilterra
Celso Albelo – Roberto, conte di Leicester
Andrea Concetti – Giorgio Talbot
Stefano Antonucci – Lord Guglielmo Cecil
Alessandra Palomba – Anna Kennedy
assistente alla regia Sergio Paladino
scene Monica Manganelli
costumi Gianluca Falaschi
assistente ai costumi Anna Missaglia
luci Luciano Novelli
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro Franco Sebastiani
Allestimento in coproduzione Fondazione Teatro Carlo Felice e Fondazione Teatro Regio di Parma
durata circa 150 min con intervallo