Ritratti d’autore

Quando l’insostenibile leggerezza della politica incontra la possibilità dell’amore: da questo connubio nasce Diario Elettorale, spettacolo andato in scena al Teatro Studio Uno di Roma. Persinsala ne incontra l’autore e protagonista, Mario Migliucci.

Ci racconta chi è Mario Migliucci e come ha incontrato Mariaclara Verdelli, sua compagnia di viaggio in Diario elettorale?
Mario Migliucci: «Sono attore e autore teatrale, tra i miei precedenti lavori Doktoro Esperanto, monologo di narrazione dedicato alla storia di L.L. Zamenhof, ideatore della lingua esperanto, Primo sguardo, sulle origini del cinema tramite la storia d uno dei primi operatori dei fratelli Lumiere. Diario elettorale è sicuramente il testo più autobiografico e personale finora presentato. Con Mariaclara Verdelli ci siamo conosciuti grazie al gruppo Roccaltia Musica Teatro, presso lo spazio caro a Pasolini della Torre di Chia (Viterbo), da loro gestito negli anni passati con grande cura».

La vicenda biografica della “stesura quotidiana di un diario sotto forma epistolare, con destinataria una ragazza conosciuta nelle vesti di scrutatore durante le operazioni di voto” è reale o semplicemente un espediente drammaturgico?
MM: «No, non è solo un espediente drammaturgico. La ragazza del seggio è realmente esistita, esiste ancora da qualche parte nel mondo, ed è stata realmente la destinataria del mio diario epistolare, per un lasso di tempo minore però rispetto a quanto raccontato nello spettacolo. Il mio modello era Che tu sia per me il coltello di David Grossman, come suggerito in scena. A Grossman sono legato in modo particolare , essendo anche l’autore della commedia Il giardino d’Infanzia di Riki, con cui ho debuttato nel 1998 come attore al teatro La Comunità».

Pensa, in previsione dei nuovi protagonisti della politica, di rinnovare lo spettacolo?
MM: «Credo di no, l’intenzione era quella di raccontare e storicizzare a modo mio il ventennio berlusconiano».

L’incedere lineare, l’impostazione costantemente ironica e la semplicità di linguaggio rendono la leggerezza di questo allestimento un chiaro merito narrativo, tuttavia, il parallelismo tra percorso sentimentale del protagonista e suo crescente disincanto politico costituisco un rimando a una delle criticità democratiche più urgenti del XX secolo. Diario elettorale è, dunque, uno spettacolo impegnato o di semplice intrattenimento?
MM: «Mi fa piacere che venga colto questo parallelismo tra il personale percorso sentimentale e disincanto crescente. Voglio raccontare con Diario elettorale la continua altalena tra illusione e delusione, tra fiducia e scoramento. La mia donna eletta a cui mi rivolgo con speranza senza che lei nemmeno lo sappia si sovrappone alla democrazia rappresentativa su cui continuiamo a fare affidamento. Ma il disincanto e la sensazione di non avere riferimenti possibili ci sono e crescono sempre di più. In sintesi, se esistessero ancora, non credo che collezionerei più con cura i certificati elettorali, ma li butterei nel primo cassonetto per la carta incontrato fuori dal seggio».

Tornando alla sua recitazione, per l’eccessiva omogeneità interpretativa e il minimo protagonismo della musica dal vivo, Diario elettorale non sfugge del tutto al rischio della monotonia. Forse sarebbe il caso di rivalutare un loro equilibrio, dando più spazio al violoncello della Verdelli?
MM: «Non credo che la musica dal vivo allo stato attuale abbia un protagonismo minimo, ma in effetti potrebbe essere in parte sviluppato».

Cosa si aspetta dalla prossime elezioni del 5 giugno? In quali progetti la vedremo nel futuro?
MM: «Non mi aspetto molto per Roma, credo che chiunque vinca per ancora per i prossimi anni non si uscirà ancora da un’idea di città commissariata, governata con politiche attente al rigore e poco sensibili a una vera socialità. Una città per turisti e cittadini da spennare.
Un testo sulle ricadute della crisi sulla vita di uno scrittore è al cento del progetto di drammaturgia che mi vede coinvolto nel prossimo futuro, ma come si suol dire è ancora presto per parlarne».