Diamante da sgrezzare

Un racconto non ancora venuto al Mondo, ma partorito direttamente in scena senza aver preso parola: Mater Dei, su testo inedito di Massimo Sgorbani, è l’ultima creazione della Piccola Compagnia della Magnolia.

Dedicata alle scene di vita non quotidiana di una madre violentata da un Dio arrogante e possessivo, Mater Dei è il dialogo spezzato di una genitrice con un figlio al quale non sa ancora dire il proprio amore.

Anticipate da cartelli mostrati dagli stessi attori, le azioni drammaturgiche si succedono in scena senza soluzione di continuità attraverso quadri che progressivamente dipanano il cammino reale e ideale di una donna che vorrebbe odiare ma che, con maggiore determinazione, decide infine di amare. Il dissidio le lacera letteralmente l’anima, la conduce fino ad esporre le curve del proprio corpo alle voglie di un figlio altrettanto confuso, il quale mugugna privo di verbo non potendo nominare nemmeno la parola che lei stessa gli ha proibito di nominare («mamma»).

Alzarsi nel sonno, camminare nei campi e non sapere dove si sia, vedere nel cielo molteplici lune, avere la bocca che si muove da sola, dire cose senza senso e in una lingua straniera: da questi elementi che connotato la vita quotidiana della madre emerge un filo rosso di carne strappata, sangue versato e violenza subita, un filo rosso che scopriamo legare tutte coloro le quali speravano che tornare a casa la sera e lavarsi potesse mandar via la paura. Coloro le quali, magari, avevano detto sé stesse: «hai voglia a sentirlo raccontare dalle altre che gli è successo, pensi che a te non succederà, che le altre si inventano tutto, invece tutto vero» non capendo o non avendo dato «importanza […] che nella tua vita succederà un fatto divino».

Dominato dall’assoluto protagonismo di un personaggio in bilico tra l’odio nei confronti dell’atto subito (lo stupro ma anche il figlio) e l’istinto materno che pur le alberga dentro, l’ambiente in cui la Cerruti galleggia, mentre il proprio pargolo le gattona attorno, è una casa/zattera ammobiliata con una sedia a mo’ di trono. Al suo interno, il bianco della luce e un’atmosfera dark si alternano e si compenetrano, così cercando un equilibro che, allo stato dell’arte, è apparso ancora innaturale nel darsi carnale e grottesco.

Mai stato un paradiso, non del tutto un inferno, splendidamente introdotto dallo struggente canto I’m waiting here di Lykke Li (testo di David Lynch), lo spazio scenico è un habitat in cui si scontrano umori sentimentali e voglie corporali. Avvolta da un sound design teso a esaltarne le grida e le paure, le illusioni e le sconfitte, la drammaturgia testuale oscilla tra picchi drammatici e momenti di minore intensità, ma complessivamente paga l’impressione di una verbalizzazione spesso sovrastrutturale nel condure psicologicamente i character al loro fatale e tragico destino.

L’ambizione di un incontro stilisticamente alto e altro tra momento narrativo e momento espressivo patisce soluzioni didascaliche (i rumori ambientali, l’uso di elementi prepotentemente figurativi, dalla spada alla pasta), si mostra disomogeneo quando realizza un confuso cortocircuito linguistico e soffre una restituzione troppo poco simbolica rispetto al mito di Giove ed Europa – da cui pure prende le mosse per cercare di andare oltre.

Tuttavia, al netto di queste pur non indifferenti sfumature, Mater Dei riesce a individuare alcune diverse tematiche di assoluta inattualità e tocca piaghe ben lontane dall’essere effettivamente estirpate (come la ricerca di un capro espiatorio quale agnello sacrificale da immolare sull’altare della propaganda e il tabù inteso quale funzione interna a una comunità di donne che, pur di placare l’ordine sociale e/o familiare, si autoinfliggono il martirio di non dire, non vedere e non sapere).

Per gli interpreti, così come per l’autore, si tratta di un viaggio nella fragilità umana, di chi ha visto scrivere, a propria insaputa, le pagine di un libro che tante altre donne hanno vissuto in passato e che si manifesta con parole da non confessare ed esperienze impossibili da condividere. Proprio la capacità di sublimare la condizione femminina senza scadere in banalità e, allo stesso tempo, con assoluta aderenza alla sua concretezza, rappresenta la prima sontuosa virtù dell’incontro della Piccola Compagnia della Magnolia con Massimo Sgorbani, al quale va ad aggiungersi la controversa e magnetica relazione parentale incarnata da una vibrante attrazione e repulsione sapientemente architettata e gestita.

Nonostante l’operazione risulti affaticata dalla scelta di accompagnare un linguaggio ostentatamente sgrammaticato (in ossequio alla natura popolare della sua protagonista) con gestualità e vocalità continuamente auliche ed enfatiche, in Mater Dei la Piccola Compagnia della Magnolia mostra di essersi significativamente avvicinata a un riuscito contagio drammaturgico tra la costruzione di un personaggio teatrale e la biografia di una donna comune, nonché a un buon livello di consapevolezza per quanto riguarda la conversione teatrale di un amore materno capace di manifestarsi nelle modalità fenomenologicamente più inaspettate.

Fatta la tara di alcune limature visive e interpretative (che sembrano necessarie in particolare per la protagonista) e di una restituzione ancora troppo lineare che sarebbe valorizzata da una curvatura più metaforica, alla Piccola Compagnia della Magnolia va dunque il merito di aver lasciato chiaramente intravedere la potenza dell’opera originaria avendone esaltato la capacità di approfondire senza inutili intellettualismi la dimensione psicologica dei personaggi e salvaguardato la molteplicità dei temi affrontati.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro i
via Gaudenzio Ferrari, 11 Milano
dal 16 gennaio al 21 gennaio

Mater Dei
testo Massimo Sgorbani
regia, spazio, costumi Giorgia Cerruti
con Giorgia Cerruti e Davide Giglio
assistente alla creazione Fabrycja Gariglio
musiche originali e sound design Guglielmo S. Diana
style e visual concept Lucio Diana
realizzazione scenografia Domenico De Maio
maschera Michele Guaschino
sarta di scena Andrea Portioli
responsabile di produzione Alessandra Di Tommaso
uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia
con il sostegno di Armunia, e di Residenza Idra e Teatro Akropolis nell’ambito del progetto CURA # Residenze Interregionali 2018
in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi / Creazione Contemporanea
durata 75 minuti