Quando è la donna a dichiarare guerra

Sul palcoscenico del Carcano una strepitosa Pamela Villoresi incarna una Medea rosso fuoco.

Euripide e Medea sono stati i primi.
L’autore che ha posto il conflitto all’interno del personaggio: “agire e vendicarsi o subire lasciandosi deridere?” – in entrambi i casi, sovvertire l’ordine costituito e soffrire per l’eternità. La protagonista, donna, che per prima ha in mano la bilancia della giustizia e in nome di quella giustizia, atavica, pre o post-patriarcale, agisce: lei si farà portatrice del cambiamento, lei sarà protagonista della propria storia e non più solamente vittima.

Medea è insieme tragedia classica (rispettando l’unità di tempo, luogo e azione) e innovativa prova poetica perché, seppur rispettosa della forma, il suo contenuto è destabilizzante: nessuna riconciliazione tra polis (quegli abitanti dell’antica Atene che andavano a teatro per ritrovare se stessi e le proprie certezze socio-politiche attraverso la riproposizione dei miti) e protagonisti è ormai possibile. Perché non è più possibile accettare quell’ordinamento che vede la donna schiava, complice, supplice o vittima. La donna assurge a protagonista e lo fa in un modo che ancora oggi è difficile accettare, trasformandosi da madre, in carnefice dei propri figli. Eppure, per quanto possa sembrare atroce, a ben pensarci, tutto ciò che si può rimproverare a Medea è di trasformarsi da madre in padre: il padre ogni giorno è onorato perché manda i propri figli a morire e uccidere in guerra, il padre da sempre (basti pensare al sacrificio di Ifigenia a opera di Agamennone) è libero di uccidere, vendere, abusare delle proprie figlie in nome del potere. Ma la madre, no. Tranne Medea.

Medea e Fedra: personaggi che ancora oggi fanno discutere e, per questo, esprimono una modernità senza tempo.
Sul palcoscenico del Carcano, la versione adattata da Michele Di Martino e Maurizio Panici regge benissimo sia a livello linguistico che per l’asciuttezza della trasposizione.

Su una scenografia funzionale fino all’osso eppure stranamente evocativa, Pamela Villoresi interpreta non solo tutte le sfumature dell’animo lacerato di Medea, ma anche della recitazione: dall’urlo tragico alla confidenza da vaudeville – quasi che il percorso dell’attrice scorra unitamente a quello della protagonista, secoli di teatro si specchiano in secoli di conflitto tra uomo e donna o, meglio, tra la donna voluta dalla società e la donna come essere umano liberamente pensante e dotato di propria volontà.

Una tragedia sull’orlo del dramma, estremamente moderna nella sua complessità, una prova d’attrice perfettamente riuscita, uno spettacolo da non perdere.

Lo spettacolo continua:
Teatro Carcano
corso di Porta Romana 63 – Milano
fino a domenica 15 maggio
orari: da martedì a sabato ore 20.30 – domenica ore 15.30

Argot Produzioni – Associazione Teatrale Pistoiese in collaborazione con Teatro dei Due Mari
Pamela Villoresi David Sebasti in
Medea di Euripide
traduzione e adattamento Michele Di Martino e Maurizio Panici
regia Maurizio Panici
progetto scenico Michele Ciacciofera elaborato da Giorgio Gori
costumi Michele Ciacciofera
musiche Luciano Vavolo
personaggi e interpreti:
Medea Pamela Villoresi,
Giasone David Sebasti,
Creonte Renato Campese,
Egeo Maurizio Panici,
Nutrice Silvia Budri Da Maren,
Messaggero Andrea Bacci,
Prima Corifea Elena Sbardella
(durata 1 ora e 20 minuti)