Istanti dall’aldiqua

La tragedia del Vajont raccontata negli attimi prima che diventasse cronaca. Le memorie di una classe di quinta elementare decimata dal disastro e del maestro, morto nell’anima insieme ai suoi allievi e suicidatosi trent’anni dopo.

I rumori di una stazione in sottofondo danno un senso di inquietudine. La corsa sulle rotaie, il fischio perentorio impongono un certo timore reverenziale, quello che si tributa a un mostro sacro che incute, nello stesso tempo, ammirazione e soggezione. D’altronde la locomotiva è sempre stata un simbolo di progresso, solido e inarrestabile , capace di favorire lo sviluppo industriale e tecnologico dei popoli. Il progresso, però, ha un prezzo, si sa. Su questo sottofondo sonoro e immaginario, si distingue la voce di un maestro elementare, a piedi nudi, come i ragazzi della sua quinta, dietro di lui. Tra interrogazioni e recite scolastiche, ripercorrono l’intera vicenda, dai primi progetti, fino all’epilogo della diga. Davanti, defilato, un ragazzo dall’aspetto più moderno, con le cuffiette nelle orecchie, seduto più o meno scomposto sulla panchina della sala d’aspetto. Lui ha le scarpe, gli altri non più perché ai morti non si usa lasciarle.
Memoria di classe si propone di restituire i fatti con minuzia, attraverso un testo teatrale scritto dal giudice che per sei anni condusse l’istruttoria del processo. Le parole dello spettacolo sono tutte vere, pronunciate o scritte da chi quella catastrofe l’ha vissuta, l’ha causata, l’ha ostacolata. Questa scelta lega, di fatto, la finzione teatrale alla realtà, dando alla rappresentazione un connotato tragico e pieno di angoscia.
Lo spettacolo riporta alla luce ciò che è successo prima del disatro, quando i riflettori erano spenti e il coro del pietismo nazionale non si era ancora levato. I commentatori “del lunedì”, a partita giocata, tendono a ricordare i fatti in modo sintetico, limitandosi a enumerare vite e colpe, come fa il ragazzo sulla panchina, rimasto in silenzio durante lo spettacolo e che prende la parola quando gli altri ormai tacciono: «Era il 9 ottobre 1963, in quattro minuti morirono 1910 persone spazzate via da cinquanta milioni di metri cubi di acqua». La tragedia collettiva rimane telegrafica nelle cronache e nella memoria, ma poche volte si guarda indietro, per rendersi conto che l’atto finale è stato preceduto da milioni di istanti individuali che hanno il sapore della paura, del sentore angoscioso, delle premonizioni che sanno di morte.
Angoscia, spavento, indignazione. I sentimenti emergono dalla recitazione credibile e intensa degli attori in erba, giovani studenti dai 14 ai 18 anni, che recitano con la passione non di chi finge, ma di chi conosce e si emoziona per ciò che sta riportando alla luce.
Il 50° anniversario del disatro del Vajont è commemorato in modo degno da chi, dopo decenni, ha smesso di guardare avanti e si è fermato un attimo a guardare indietro, per ascoltare le voci ammutolite e i colori stinti per sempre.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Vascello
via Carini, 78 – Roma
giovedì 7 novembre, ore 21.00

Tina Merlin, Teatro di Castalia Samizdat & Company presentano
Memoria di classe
lettura/spettacolo di Maurizio Donadoni
con Maurizio Donadoni, Andrea Battistini e gli studenti dell’Istituto Galilei di Belluno