Io sono ciò che ho?

teatro-del-giglio-luccaAl Teatro del Giglio di Lucca va in scena Miseria e Nobiltà. Non una commedia: bensì un mondo.

Fin troppo autentico, ammettiamolo. Chi nel pubblico non ha completato almeno un paio di battute con un sano e mormorato “non è cambiato nulla”?
Fame, lavoro, politiche ingrate. E quella rassegnata ironia che nasce dalla miseria e che è sempre presente nelle drammaturgie popolari.
Sabato 9 febbraio. Abbiamo visto il figlio. Ora è il turno del padre.
Capolavoro indiscusso in tre atti di Eduardo Scarpetta, Miseria e nobiltà, scritto 1887, approda sul palcoscenico del Giglio scatenando il tutto esaurito.
Siamo sinceri: quest’opera calza alla perfezione all’attuale situazione italiana. La commedia, ritardata di una settimana a causa di uno sciopero del personale, non è riuscita a essere rappresentata neppure venerdì 8. Numerose polemiche sono sorte di contro a questa raffica di scioperi. Ma torniamo all’opera. Gustosamente dialettale, come tutte le opere di creazione di Scarpetta, Miseria e nobiltà spicca per la sua carica genuina e profondamente ingenua. Al di là di sapere e contesto sociale è fin troppo facile l’identificazione con almeno uno tra i miserrimi protagonisti. Perché questo è, in sostanza, il popolo italiano: in pochi ragionano, in molti sognano. E tutti hanno un obiettivo.
Come tutte le opere drammaturgiche, anche questa non è altro che una rete intricata di desideri simili, opposti, paralleli, contrastanti. Quello di Felice Sciosciammocca e della sua famiglia: il più ancestrale, il cibo; quello del nobile Eugenio Favetti: un matrimonio negatogli dal padre; quello del marchese Favetti – che si oppone al matrimonio perché anch’egli innamorato della sposa; quello di Gaetano, novello Mastro Don Gesualdo, uscito dalla miseria grazie a un’eredità: alla costante ricerca di nuovi guadagni e prestigi.
Un mondo brulicante e discorde, un va e vieni di voci e grida, di inganni racchiusi in altri inganni. Si sa, la comicità scaturisce da sempre dallo scontro degli opposti e questo lo insegna bene la Commedia dell’Arte. In Miseria e nobiltà, il titolo stesso lo svela, abbiamo due classi sociali: da una parte i ricchi, presi dall’antico contrasto di sentimento e onore; dall’altro i pezzenti, privi quasi di dignità, che contemplano i problemi dei nobili nella loro interezza, giudicandoli assurdi. È attorno a essi che gravitano i personaggi, i ricchi perché sinceramente interessati, i disgraziati semplicemente per guadagnarsi il pane. È una guerra tra privilegio e diritto, tra bramosia e necessità. E ancora una volta un’opera che fa uso dell’umile per dirigere il corso della vicenda. Almeno in finzione, lasciamo che siano loro ad avere il potere.
Il testo riesce a essere efficace pur senza avere pretese. Non illude con la pretensione del realismo, ma piace. Anche i costumi mantengono una certa semplicità escludendo ovviamente il pacchianissimo abbigliamento scelto dai protagonisti nella loro rappresentazione dell’alta nobiltà. Anche la voluta esagerazione nell’imitare il nobile ci lascia intuire qual è la visione che suscita nell’uomo comune. E chissà in quanti tra gli spettatori non hanno potuto fare a meno di infilare in quei panni grotteschi un certo personaggio politico o il potente di turno.Gli attori hanno un doppio merito: da un lato l’ottima interpretazione, dall’altro la comprensibilità delle parole. Non è da tutti capire il dialetto napoletano, né parlarlo così bene.
Non si segnalano interpreti particolari per il semplice fatto che sono tutti efficaci ed esilaranti alla stessa maniera. La regia firmata da Geppy Gleijeses (che interpreta anche Felice Sciosciammocca) prende spunti tanto dall’opera originale, quanto dalla famosa rivisitazione cinematografica in cui recitò Totò, nel 1954. Un esempio facile da rammentare è la celebre scena degli spaghetti, aggiunta appunto dalla versione filmica, a cui Gleijeses ha addizionato l’esilarante segno della croce del suo personaggio di fronte al cuoco.
Non c’è un’autentica morale. Così è la vita, in un certo senso. Fatta di opposti, di inganni e di improponibili scambi. E anche se, al solito, l’amore trionfa sull’onore, è un altro il problema vero, il grande problema, il più caotico, l’impossibile. La diversità.
Miseria e nobiltà. Si cita tanto il verbo “avere”. Ma è dell’”essere” che si parla.
Fine. Standing ovation.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio – Lucca

sabato 9 febbraio, ore 21.00
e domenica 10 Febbraio, ore 16.30 e ore 20.00

Miseria e nobiltà
opera in tre atti di Eduardo Scarpetta
regia Geppy Gleijeses
scene Francesco Garofalo
costumi Adele Bargili
musiche Matteo D’Amico
luci Luigi Ascione
con Geppy Gleijeses, Lello Arena e Marianella Bargilli
e con Gina Perna, Antonio Ferrante, Gino De Luca, Loredana Piedinmonte, Antonietta D’Angelo, Vincenzo Leto, Jacopo Costantini, Silvia Zora e Francesco De Rosa