Il buio è dentro o fuori di noi?

Mitigare il buio è un diario di una giovane donna, soprannominata “babbo di minchia”, che decide di chiudere gli occhi e lasciarsi vivere dalla droga. «Non riesco a capire se il buio è fuori o sono io che non vedo».

Il regista trasporta il pubblico in un tunnel di immagini, di quadri scenici che sono il vissuto della protagonista del dramma, una serie di flashback, di momenti di lucidità, tre anni della sua vita in cui c’è tutto: la madre, il padre, la scuola e i bei voti, le amiche, lo spinello, ma poi anche il degrado, il buio, l’eroina, l’allontanamento dalla famiglia. Ad accompagnarla in questo percorso ci sono due amiche, la prima, quella del cuore, si allontana e non se ne sa più nulla, l’altra le sarà accanto fino al viaggio ad Amsterdam dove accadrà qualcosa di tragico che condizionerà le scelte future della giovane “babbo di minchia”.
Il racconto ha salti temporali, quindi la narrazione non è necessariamente consequenziale, e questo rende sciolti i ricordi, così come salgono alla mente.
Sul palcoscenico la luce è bassa, mitigata, buia e in questa “non luce” vanno in scena gli accadimenti a volte recitati e a tratti raccontati.
Siamo a Milano negli anni ’80, in una periferia, ci sono delle gomme d’auto sparse a terra e alcune di queste sono sospese. Le attrici giocano e si muovono tra questi oggetti; usano come altalene le gomme, quasi a sollevarsi in un luogo “lontano” da cui raccontare “distaccate” la loro vita.
Il testo è efficace, usa un linguaggio e tematiche adolescenziali per raccontare realisticamente con gli occhi e con le parole di una quindicenne.
La recitazione forse risulta a tratti urlata – tra l’altro tecnicamente un uso della voce così forte non è semplice – ma è una scelta stilistica importante, a ricordare la tonalità del dramma che affronta. Le attrici sono molto talentuose e ognuna ha una caratteristica di maggiore versatilità, chi nella gestualità, chi nell’uso della voce. Sono attrici giovanissime, ma tutte e tre si sono donate senza riserve, anima e corpo, allo spettacolo. Tra l’altro hanno lavorato al progetto, collaborando con la regia, per tre anni.
Tutta questa energia arriva al pubblico in sala, per la maggior parte costituito da adolescenti delle scuole superiori, che applaude con forza e convinzione. Davvero emozionante.
Se Francesca Sangalli è alla ricerca di una drammaturgia nuova che raggiunga soprattutto i giovani per far sì che il teatro divenga uno strumento efficace di riflessione per le nuove generazioni, la regista-autrice riesce nello scopo.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro della Casa Circondariale Rebibbia – Nuovo Complesso
via Raffaele Majetti, 70 – Roma
mercoledì 21 dicembre, ore 16.00

Mitigare il buio
di Francesca Sangalli
regia Francesca Sangalli
con Paola Campaner, Serena Di Gregorio, Stefania Ugomari Di Blas
in collaborazione con ECATE
con il contributo di Fondazione Cariplo
in co-produzione con Fe.Der.SerD
vincitore della borsa di scrittura Premio Solinas 2009
vincitore della menzione speciale Premio Dante Cappelletti 2008