Grida senza corpo

Il monologo di Alain Besset Moi, Antonin Artaud, j’ai donc à dire à la société qu’elle est une pute et une pute salement armée fa tappa a Lione proponendo una riflessione in azione sulla straordinaria figura del poeta e letterato francese Antonin Artaud.

Il pubblico entra nella piccola sala dell’Espace 44 e prende diligentemente posto. Un’occhiata alla scena, scarna, perfetta per una pièce su Artaud, e l’attenzione è immediatamente catturata da un particolare non indifferente. Un uomo indugia, raggomitolato e silenzioso, in un’apertura della scena, in posizione tanto dominante quanto ritirata. Quell’uomo non è, però, già più Alain Besset, interprete del monologo della serata, ma è già Antonin Artaud. Non una semplice impersonificazione del personaggio, ma uno spostamento dilagante del senso e della poesia. In scena, stasera, non si rappresenterà Artaud. Stasera andrà in scena Artaud, l’anima del poeta teatrale prenderà corpo nella stanza. Ma, che sia chiaro, questo prendere corpo sarà morcelé, frammentato, organico e privo di un’organizzazione che ne doni un senso, un ordine, una dialettica. Un corpo senza organi.

L’inizio della pièce è improvviso e violento, con Artaud che pronuncia il titolo per due volte, ribadendo un concetto che, più che una denuncia, appare essere un terreno geminante, un luogo atto alla creazione e che necessita di un dialogante polemico. Besset-Artaud fulmina il pubblico con piccole scene carbonizzanti, drammatiche, aperte e chiuse da lampi luminosi o da un lento spegnersi di una luce lunare, fredda e cinica. Metafora scenica delle terribili “cure” con l’electroshock. Le scene, schegge teatrali materiche, non costruiscono un’architettura letteraria di tipo proustiano. La loro logica, il loro modo di essere, è piuttosto quello della giustapposizione o, al massimo, dell’embricazione sanguinolenta. I frammenti delle opere di Artaud si danno, si offrono, non tanto sotto i nostri occhi, ma a livello ipodermico, interstiziale. La prosa declamata, gridata, sofferta, si dirige direttamente in noi, senza però badare a un’interiorità di tipo cristico, salvifico, ma puntando a quel entre-deux merleau-pontianiano che sembra porsi come unica ragione d’essere. Una posizione che si situa tra le cose, tra l’interno e l’esterno, in una logica chiasmatica che depotenzia ogni opposizione e scontro culturale tipico del dualismo. Le parole di Artaud si dirigono in quella direzione, in quella frazione che separa e unisce le cose e che ne rappresenta il vero fondo, il vero limite estremo. Alain Besset è Artaud. Non semplicemente nella finzione teatrale, ma nel vero modo di agire del teatro nella società e, cioè, nel suo modo di frantumarla, di distruggere l’edificio culturale basato su di un’esclusività elitaria.

Moi, Antonin Artaud… non è semplicemente una pièce teatrale, ma un luogo irriducibile di crisi dell’impianto culturale umano. È la descrizione minuziosa e sregolata dell’uomo in quanto animale ctonio, essere che viene riportato alla propria fisicità e alla presenza eminentemente empirica del suo corpo. Le invocazioni alle forze ultraterrene equivalgono a dei terribili fendenti che incidono l’olimpico corpo dell’uomo capitalista-intellettuale contemporaneo, per redimerlo ed estrofletterlo alla propria realtà. L’uomo deve essere ridotto a quell’infimo che è: l’aspetto residuale, la materia fecale. Les philosophes me font caguer.

Alain Besset riesce perfettamente nel ruolo di Antonin Artaud perché l’attore sembra essere presente insieme al pubblico per assistere alla transustanziazione drammatica e scatologica dell’uomo e del dio, dell’uomo Artaud e di tutti gli intellettuali. L’uomo ridotto alla propria pelle che trema e suda, al proprio corpo che soffre e che perde ogni tipo di organizzazione. Un corpo senza organi, delle grida vuote provenienti da cavità ancestrali che nessun intervento cerusico potrà mai raggiungere.

Dans la programmation riche et engagée de l’Espace 44, Moi, Antonin Artaud, j’ai donc à dire à la société qu’elle est une pute et une pute salement armée de Alain Besset représente sûrement un moment puissant et destructif placé au beau milieu du monde théâtral. Artaud est réellement présent sur scène et les spectateurs ne sont pas de simples observateurs de la pièce. Ils sont impliqués dans les mots puissants et hurlés qui résonnent dans la salle. Il n’est pas question de se cacher: Artaud parle de nous. Un grand bravo à L’Espace 44 qui, en proposant une saison importante en cette période tourmentée, montre une résistance politique irréductible contre toute violence.

alainportrait

Lo spettacolo continua:
Espace 44
44, rue Burdeau – Lione (Francia)
fino a giovedì 5 dicembre, ore 20.30

La Compagnie Chok Théâtre presenta
Moi, Antonin Artaud, j’ai donc à dire à la société qu’elle est une pute et une pute salement armée
di Alain Besset
con Alain Besset
http://www.espace44.com