Quando l’Italia aveva una marcia in più

teatro-cooperativa-milano1Giulia Lazzarini racconta in Muri – prima e dopo Basaglia la transizione della psichiatria italiana vissuta partendo dalla chiusura dei manicomi.

Un capolavoro. Non può essere definito altrimenti il monologo di Giulia Lazzarini in Muri – prima e dopo Basaglia. Uno spettacolo, come definito dal suo autore Renato Sarti, «voluto e scritto per far rivivere la spinta di quegli anni». Racconto e speranza. Ma pure speranza e illusione. Perché leggendo tra le righe delle parole dei protagonisti, si nota un affievolimento di quell’energia che cambiò l’Italia quattro decenni or sono. E in un momento in cui l’unione e l’inclusione sociale sono le chiavi riconosciute per superare le difficoltà (ambientali e sociali) del pianeta, lo spettacolo ricaccia la retorica e porta davanti agli occhi i gesti sostanziali grazie ai quali abbiamo fatto dei passi avanti.

Sul palco va in scena il racconto di un’infermiera – il diario di Mariuccia Giacomini – reduce da una trentennale esperienza nell’ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste, uno dei primi che lo psichiatra Franco Basaglia visitò prima di imprimere una svolta alla psichiatria italiana. Camicie di forza, lobotomia, elettroshock: questo era il manicomio fino alla promulgazione della legge 180 del 1978. Da quel momento in avanti non sarebbero più esistiti, rimpiazzati dai servizi di igiene mentale pubblici. E così il dialogo e il rispetto avrebbero preso il posto della violenza, rendendo più labile la distinzione tra la “normalità” di coloro che dovevano curare e la “follia” dei ricoverati.

Ma è a ciò che c’era prima che Lazzarini dedica ampio spazio: le violenze, l’assenza di dialogo, l’emarginazione sociale. Condizioni che escludevano l’opportunità di trovare una via d’uscita per questi malati, cronici portatori della brutalità istituzionale. «Perché un giorno si potrò aprire anche la loro mente, ma se non si interverrà sull’anima sarà impossibile curarli». L’attrice lancia messaggi profondissimi, pur sussurrando a una platea piena e commossa. Il suo è un teatro di parola, di quelli sempre più rari al giorno d’oggi. E il punto di vista di chi ha abitato nella trincea permette quasi di ricostruirla, nonostante una scenografia essenziale – ben supportata dalle luci soffuse e dagli intervalli musicali coordinati da Carlo Boccadoro – che pare però l’esatta trasposizione di quegli stanzoni bui e avari di sentimenti in cui scorrevano le ore dei “pazzi”.

La psichiatria, dal 1978 in avanti, non sarebbe stata più quella di prima. Con sommo beneficio per i malati, prima nemmeno guardati negli occhi dal personale sanitario e poi coinvolti, ascoltati e protagonisti di un rapporto dialogico con i loro assistenti. Di fatto come passare dall’inferno al paradiso. La svolta si rivelò preziosa anche per il personale, che riscoprì l’umanità di un lavoro unico e fino a quel momento vissuto alla stregua dell’avvicendarsi a una catena di montaggio. La prosa di Sarti e Lazzarini ha una potenza didattica unica, abbracciata a piene mani dai giovani presenti in sala. In un weekend lungo di vacanza, regala una “escursione” dalla quotidianità che riporta lo spettatore a un passato tutt’altro che preistorico. Il racconto è di una semplicità che lascia il segno. Alla fine si commuovono tutti: chi è sul palco e chi osserva.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro della Cooperativa

via Privata Hermada 8, Milano
dal 2 al 6 dicembre 2015

Muri – prima e dopo Basaglia
testo e regia Renato Sarti
con Giulia Lazzarini
scene e costumi Carlo Sala
musiche Carlo Boccadoro
disegno luci Claudio De Pace
produzione Teatro della Cooperativa
coproduzione Mittelfest
con il sostegno di Regione Lombardia – progetto Next
con il sostegno della Provincia di Trieste