Sul palco del teatro Franco Parenti di Milano, uno strepitoso Fabrizio Gifuni, diretto in modo ineccepibile da Giuseppe Bertolucci, porta in scena un monologo amaro per commemorare i 35 anni della morte di Pier Paolo Pasolini.

Tra i tavolini di un bar un uomo si muove agevolmente disputando sul cambiamento in corso nella cultura italiana: un cambiamento preoccupante, ispirato da una logica borghese che fa rimpiangere l’Italietta contadina, che viveva sì nell’ignoranza, ma anche nella sincerità – lontana dalle logiche del barbaro consumismo. Quest’uomo, così nevroticamente impegnato nella discussione con i suoi interlocutori, è ovviamente Pier Paolo Pasolini, immerso nella quotidianità e nella difesa dei valori di un’Italia che si sta vendendo. Questa è stata la scelta per l’incipit di ‘Na specie de cadavere lunghissimo, interpretato da Fabrizio Gifuni e andato in scena al teatro Franco Parenti a partire dall’11 gennaio, per la ricorrenza del trentacinquesimo anniversario della morte di uno dei più controversi intellettuali della storia del nostro Paese.

Uno spettacolo diviso in due monologhi coi quali l’eccellente attore romano dà voce, prima, alla vittima e, poi, al carnefice di un delitto che ha condannato a morte sia il regista, poeta e giornalista friulano – ma anche, in maniera simbolica, la libertà di pensiero in un’Italia che stava vivendo profondi cambiamenti.

Negli anni sono stati in molti a chiedersi chi fosse Pasolini: un esteta snob, un regista di nicchia, un giornalista scomodo, un sommo poeta, ma a nessuna di queste definizioni è mai stata associata un’idea definitiva. Gifuni e Bertolucci – regista illuminato per un monologo tanto difficile quanto esaltante – hanno deciso di privilegiare il Pasolini libero da vincoli, il personaggio che parlava alla gente a modo suo: diretto, schietto e, allo stesso tempo, supportato da una cultura che infastidiva, perché scendeva a patti col sottoproletariato. Un testo duro che prende spunti da Gadda, Somalvico e dallo stesso Pasolini ovviamente, ma non lascia scampo e, soprattutto, condanna aspramente il potere, quello che – per rendere afona la voce scomoda di chi cercava la verità – si è servito, forse, di un ragazzino di soli diciassette anni, quel Pino Pelosi detto er rana, che rimaneva esattamente agli antipodi di quella che è stata la sua vittima.

Ciò che colpisce soprattutto è l’attualità di un personaggio che, nell’analisi del deterioramento della società italiana, ha estratto l’essenza di quelli che sono i ricorsi di una storia che ancora non ci ha abbandonato. Pasolini aveva previsto tutto: «Il vero fascismo è quello che i sociologi definiscono la soietà dei consumi, che agisce sui giovani e sa come trasformarli» – parole profetiche che trovano prove e riscontri soprattutto oggi.

La bravura di Gifuni non è però solo quella attoriale, ma anche di saper cogliere aspetti rilevanti e metterli in evidenza insieme agli opposti. L’opposto di Pasolini, per eccellenza, è sicuramente quel Pelosi così giovane e poco rivoluzionario, trascinato dall’ignoranza e dalla pressapochezza che tanto fa comodo a chi vuole preservare lo status quo. Anche in questa rappresentazione, il solista di Roma ha delineato il profilo di un ragazzo nervoso, che si sa autodefinire periferico quando gli fa comodo, ma che sa anche ragionare sul significato del delitto commesso – tutto in dialetto capitolino. Niente, dopo quella notte però sarà più come prima.

Gifuni è veramente strepitoso e il suo spettacolo ha un peso civile che, in questo contesto storico, deve essere privilegiato per contenuti, rappresentazione e messaggio.

I giovani di oggi chi sono? Forse non c’è risposta, ma sicuramente tra loro – da qualche parte – ci sarà un altro er rana pronto a soccombere sotto il peso della falsa democrazia. Piuttosto, uscendo da teatro, viene da chiedersi: “Ci sarà tra loro anche un Pier Paolo Pasolini libero pensatore?” Gifuni e Bertolucci, nella loro narrazione, spiegano che l’importante non è sempre dare risposte, ma farsi le domande giuste.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Franco Parenti

via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 23 gennaio

Fabrizio Gifuni in:
‘Na specie de cadavere lunghissimo
da un’idea di Fabrizio Gifuni
da Pier Paolo Pasolini e Giorgio Somalvico
regia Giuseppe Bertolucci
produzione Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti