Naufragio con spettatore… di pietra

È andato in scena, lo scorso 5 dicembre, al Teatro popolare d’arte di Lastra a Signa, Naufragio con spettatore, spettacolo del siciliano Roberto Zappalà. Due danzatori-naufraghi che con bravura assoluta mettono lo spettatore di fronte a fatti di cronaca, storia ed esistenze.

Il palco vuoto, buio e fumoso, con pianoforte. Un pianista entra e comincia a suonare Bach. Due giovani si incontrano al centro del palcoscenico. Forti e vigorosi, si avvicinano e si allontanano, imparano a conoscersi e anche a respingersi. Li ritroviamo letteralmente in balìa delle onde, chiaramente evocate dai precisi movimenti dei ballerini, che ci mostrato dapprima il calmo rotolare dei flutti su un mare relativamente tranquillo, poi il loro incrociarsi e scontrarsi nell’oceano in tempesta. Con sforzi sovrumani i due riescono a superare l’ira delle onde e ad approdare su un qualche lembo di terra. Ma le loro peripezie non sono affatto finite. Devono affrontare il freddo, la fame e la sete. Boccheggianti chiedono, implorano cibo e acqua, soprattutto acqua, in modo quasi ossessivo.

Ma a chi è rivolta la loro straziante implorazione? Qui ci accorgiamo di una figura femminile, ferma in angolo del palcoscenico, che ha assistito, muta e immobile, a tutte le dolorose peripezie dei protagonisti. Era rimasta immobile e impassibile, e tale rimane anche di fronte alle accorate, disperate richieste d’aiuto dei due naufraghi. A questi non resta altro che la loro desolazione e la disperazione. Sfiniti dalla stanchezza, dall’inedia e dalla sete, crollano. Quello dei due che ha più capacità di resistenza s’induce, infine, a fare quello che, probabilmente, non avrebbe mai pensato di poter fare: infrangere il tabù primordiale che vieta di nutrirsi del proprio simile. Solo a questo punto la figura immobile sembra scuotersi. C’è voluta la catastrofe, il crollo di quanto l’umanità ha di più sacro, perché questo personaggio misterioso mostrasse di accorgersi degli esseri umani passati attraverso innumerevoli sofferenze e giunti al culmine della disperazione, alla morte e, se possibile, a qualcosa di più repellente della stessa, ossia il cannibalismo. Purtroppo, però, non c’è più nulla da fare. L’intervento dell’enigmatica figura si riduce a una preghiera, a intonare un’Ave Maria (eseguita dalla soprano Marianna Cappellani). Ella non può fare altro che esprimere, in questo modo, la propria pietà e la richiesta di perdono, forse per tacitare i sensi di colpa: “Ora pro nobis peccatoribus”. Ma chi sono questi peccatori? E chi è la misteriosa figura che li rappresenta?

La triste cronaca di questi giorni, che quasi quotidianamente ci mette sotto gli occhi enormi masse di migranti disperati alla ricerca di salvezza, o quanto meno di condizioni di vita migliori, e lo spettacolo straziante di coloro che non ce l’hanno fatta e sono periti in mare e, talvolta, sulla spiaggia che avrebbe dovuto rappresentare la raggiunta salvezza, inevitabilmente ci porta ad attualizzare il contenuto del dramma coreutico. Dunque, i due protagonisti rappresenterebbero questa umanità disperata in fuga dalla morte o da condizioni di vita insopportabili: guerre, carestie, persecuzioni etniche o religiose. E la figura femminile immobile rappresenterebbe la parte di umanità a cui quei disperati rivolgono la propria richiesta di aiuto e che, spesso, si mostra restia a soddisfarla. E non c’è dubbio che questa sia un’interpretazione autorizzata, dato che la rappresentazione risale al 2009, alle prime stragi nel Mediterraneo che, già allora, avevano scosso la coscienza di molti. Dobbiamo inoltre ricordare che l’opera stessa trae spunto dall’omonimo saggio di Hans Blumenberg, che è una metafora dell’esistenza dell’essere umano. E dunque il dramma coreutico di Zappalà (con la drammaturgia di Nello Calabrò) si presta anche a un’interpretazione che va al di là della cronaca contingente, a un’interpretazione più profonda. Il “periglioso” viaggio dei due protagonisti alluderebbe a quello esistenziale, diretto alla realizzazione di obiettivi e sogni più o meno realistici; un viaggio che inevitabilmente si svolge in mezzo a difficoltà di ogni genere e che, a volte, rischia di finire in tragedia. E la figura femminile rappresenterebbe, ancora una volta, l’umanità propria di chi, intento ai propri obiettivi individuali, chiude gli occhi di fronte alle difficoltà altrui, salvo accorgersene quando è ormai troppo tardi, e al proprio fratello non può più offrire una fattiva solidarietà, bensì solo la sua tardiva, inutile pietas.

Cinquantacinque minuti di uno spettacolo intenso, perfetto nella coreografia, grazie anche a due danzatori prodigiosi (Roberto Provenzano e Fernando Roldan Ferrer). In certo modo anche loro “eroici” nel loro essere saliti sul palco, dopo una viaggio reso difficile dalle bizze dell’Etna. Uno di quei rari spettacoli di danza contemporanea che, partendo da problemi attuali, concreti e sotto gli occhi di tutti, invitano a trascenderli, per una riflessione più profonda sulle condizioni della nostra esistenza e sul significato del nostro vivere.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro popolare d’arte
via Giacomo Matteotti, 7 – Lastra a Signa (Firenze)
sabato 5 dicembre

Naufragio con spettatore
con la Compagnia Zappalà Danza
coreografia e regia Roberto Zappalà
drammaturgia Nello Calabrò e Roberto Zappalà
danzatori Roberto Provenzano e Fernando Roldan Ferrer
al pianoforte Luca Ballerini
soprano Marianna Cappellani
scene e luci Roberto Zappalà
costumi Debora Privitera
responsabile tecnico Sammy Torrisi
produzione e tour manager Maria Inguscio
una coproduzione compagnia Zappalà Danza – Scenario Pubblico performing arts
in collaborazione con Teatro Stabile di Catania, ArtEZ Arnhem (NL), Uva Grapes Catania Contemporary Dance Festival, AME Associazione Musicale Etnea