Il teatro Out Off si conferma palcoscenico della sperimentazione. Una splendida interprete e un’idea geniale per uno spettacolo solo in parte riuscito.

Un’interprete eccellente, Maria Luisa Abate, capace di rendere estasi e tormenti con la gaiezza della fanciulla e la profondità dell’illuminata, grazie a doti recitative e a una vocalità che sembra eguagliare la tastiera del pianoforte – dall’acuto al basso passando per l’intera gamma di toni ed emozioni. Una scena essenziale firmata da Daniela Dal Cin che rimanda al letto di costrizione di un ospedale psichiatrico e ai castelli fatti in tubolare sui quali ci si arrampicava da ragazzi nei giardini pubblici. Luci bianche accecanti, da clinica, che indagano nelle pieghe dell’anima, appiattendo il chiaro-scuro scultoreo e trasformandolo in una superficie piatta, una landa desolata dove la mente di Caterina Lucrezia de’ Pazzi, vaga desolata alla ricerca di Dio. Un linguaggio che mescola il fiorentino del ‘500 con il latino, in una serie di giochi verbali, pseudo-verità filosofiche, voli pindarici di una mente folle e argute scurrilità. Questo, in breve, lo spettacolo. Un’idea geniale: mettere in scena la follia coi mezzi propri del teatro perché la pazzia, da sempre, segue percorsi che spesso collimano con quelli del palcoscenico.

Il risultato, però, non è all’altezza dell’intento né dell’ottima interpretazione e messinscena. Difficile per lo spettatore anche più attento e colto riuscire a districarsi nel mare magnum del linguaggio che spesso deborda dal barocco per tracimare nel puro nonsense. Difficile equiparare la gestualità e i movimenti perfettamente studiati dell’attrice con l’azione, che qui manca totalmente – e il teatro senza azione è come il cinema senza immagine. Difficile infine dire cosa lo spettatore rechi con sé al termine della rappresentazione. Caterina inveisce forse, ma a quale scopo? L’amore è il fine della vita e delle sue estasi, ma quale amore? Panteistico, ignobile e salvifico, di carne e sangue o puro spirito. Si intuisce nel torrente di parole insensate un messaggio, forse. Ma resta il dubbio.

Rappresentazione della pazzia, vista come elemento qualificante di per sé o illusione che nelle estasi di una folle si nascondano delle verità? Quesito oltremodo interessante per credenti e teologi, ma il teatro resta altro: rappresentazione.

E qui la rappresentazione, purtroppo, manca dell’elemento imprescindibile che è l’azione perché la lingua da sola, per quanto affascinante, non è spettacolo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Out Off
via Mac Mahon, 16 – 20155 Milano
fino a domenica 18 aprile ore 20.45

Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa presentano:
Nel Lago dei Leoni, dalle estasi di Maria Maddalena de’ Pazzi, nella traduzione drammaturgica di Marco Isidori
con Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Anna Fantozzi, Stefano Re
scena e costumi Daniela Dal Cin
regia Marco Isidori
lo spettacolo è stato realizzato con il sostegno del Sistema Teatro/Teatro Stabile di Torino