Ma Sarah Kane dov’è?

Al Sala Uno di Roma un monologo prevedibile e pieno di cliché che rimanda a Sarah Kane solo come pretesto.

L’idea è di quelle intriganti: riscrivere in chiave parodica, o poco ossequiosa, il famoso monologo di Sarah Kane Psicosi delle 4 e 48. Nelle intenzioni del suo autore, Ennio Speranza, Neurosi delle 7 e 47 è, infatti: «allo stesso tempo, gesto d’affetto e di rabbia nei confronti del teatro di Sarah Kane».

Purtroppo di Sarah Kane, nel monologo, oltre il riferimento al titolo, non c’è nulla. Il testo originale riporta con tutte le difficoltà del caso i deliri di una donna prossima al suicidio. Finito di scrivere il monologo, Sarah Kane tentò infatti di togliersi la vita. Immediatamente scoperta, fu ricoverata in ospedale dove, a causa di mancanza di personale, fu lasciata da sola. E lì, fu trovata impiccata con i lacci delle scarpe.

Di questo dramma, o del dramma della sua autrice, nel testo di Speranza non vi è traccia. Tutto ruota attorno a un personaggio nevrotico che attende un autobus che non arriva mai, inanellando tutti i cliché del caso: la fobia per lo sporco che lo costringe a pulire la panchina prima di sedervisi, i deliri di onnipotenza (il resoconto dell’omicidio del conducente di un’autovettura che ha investito la sua, non avendo rispettato un semaforo), i problemi familiari (sua moglie ha un figlio che però non è suo e il nostro non si sente responsabile nei suoi confronti). Un personaggio sommerso dall’invidia ma incapace di reagire, dileggiato anche dallo psicoterapeuta che lo ha in cura (secondo lo stereotipo che gli analisti non ascoltano mai i loro pazienti).

Il monologo oscilla tra il registro comico e l’esasperazione, senza toccare però nessuna nevrosi autenticamente umana (se non quelle trite e ritrite dello stress da traffico o da attesa interminabile alla fermata dell’autobus), scomodando Sarah Kane per nulla.

Neurosi delle 7 e 47 compie l’errore di prendersi troppo sul serio illudendosi di stare ammannendo al suo spettatore chissà quali verità sull’esistenza dell’essere umano, e le risate che strappa al pubblico sono davvero inopportune perché il personaggio descritto da Speranza può essere compatito, o criticato, ma non certo deriso. Nemmeno la regia sostiene Sabatini – che è costretto a ripetere gli stessi tic nervosi per l’intero monologo.

Alla fine, nessuna verità rivelata e – fuori dal teatro – ci si dimentica presto di questo personaggio e delle sue nevrosi da salotto.

Lo spettacolo continua:
Teatro Sala Uno
piazza di Porta San Giovanni, 10 – Roma
fino a venerdì 22 Aprile, ore 20.00

Neurosi delle 7 e 47
di Ennio Speranza
regia di Gabriele Guidi e Massimo Natale
con Gabriele Sabatini