Quando non si può tornare indietro

Il Teatro Libero di Milano ospita il punto di vista di una donna che ha ucciso la figlia: vittima o carnefice? In un talk-show lo spettatore da che parte starebbe?

Nessuno si aspetterebbe che sotto il vestito da 12,90 euro – comprato dai cinesi – si celi un’assassina, se non fosse per il sangue che le macchia abito e collant.
L’attrice Francesca Censi ci guida all’interno della mente di una donna, di una madre che, delusa dalla propria vita e per timore che la figlia diventi come lei, decide di ucciderla.

Meglio «battona di classe che come me».

Una famiglia del Nord Italia, riconoscibile grazie all’accento un po’ milanese che rende questa figura ancora più vicina al pubblico – estranea alla barriera teatrale imposta dalla perfetta dizione – che vive seguendo tutti i cliché possibili, ma reali, della famiglia con scarsi mezzi e ignorante. Uno stipendio troppo basso, che non è sufficiente a coprire le spese, la televisione sempre accesa sui talk-show stile De Filippi e Chi l’ha visto, le speranze che la figlia diventi famosa in tv, o magari si trovi un marito benestante. La strada del successo passa attraverso la scatola magica o il portafoglio di un uomo ricco: sapersi vendere è l’unico modo per sopravvivere. Ma questa figlia che non viene mai nominata – eternamente la “bambina” – non sembra avere questo tipo di ambizioni. Finito il liceo vuole lavorare come pony, portando in giro la posta, accontentandosi della pizza con gli amici il venerdì sera e, il sabato, andando a ballare.

Il monologo si svolge interamente su una sedia – eppure non annoia mai, perché Francesca Censi è capace di tenere il pubblico con il fiato sospeso: un’intera platea stupita di fronte alla calma piatta con la quale descrive la sua vita. L’immagine della protagonista è moltiplicata dalla proiezione di lei stessa su uno schermo – posizionato a sinistra della donna. Proiezione che anticipa lo spettacolo vero e proprio di una manciata di secondi, un piccolo assaggio di quello che vedremo, e che, lungi dall’essere distraente, crea un senso di aspettativa.

Nota della serata di debutto, a un certo punto, si verifica un problema con l’impianto elettrico del teatro e, di conseguenza, si spengono sia le luci sia il proiettore. A nulla servono i tentativi dei tecnici di farli ripartire ma l’attrice, dimostrando un’ottima padronanza di sé e dei propri mezzi, prosegue. Nonostante la mancanza di musica e video e con le sole luci di sala, la serata si trasforma in qualcosa di ancora più intimo e reale. Ci si può guardare negli occhi e si può guardare negli occhi una donna che ha appena detto di aver ucciso la figlia a coltellate – e quasi non ci crede. Aspettando i carabinieri cerca di convincerci – e convincersi – di non aver fatto niente, che è stato un incidente.

C’è un momento – c’è sempre un momento – in cui si afferra che ciò che si è fatto è fatto e non si potrà mai più tornare indietro: niente più niente al mondo lo permetterà. La vita di questa donna sembra un susseguirsi di attimi, fino a quel momento: quando uccide “la sua bambina”, e quando comprende che lei non esiste più – lei nella quale aveva riposto ogni speranza di cambiamento.

Lo spettacolo continua:
Teatro Libero
Via Savona, 10 – Milano
Fino a lunedì 23 maggio

Niente più niente al mondo
monologo per un delitto
di Massimo Carlotto
regia di Paolo Pierazzini
con Francesca Censi
compagnia TeatroLux