Quando si va a teatro per svagarsi

Guardate questa commedia e poi provate ancora a chiamarla tale

“Per favore spegni le luci, dai che cominciamo, solo cinque minuti di attenzione prima dello spettacolo. Signore e signori sono il direttore del Teatro delle Muse di Roma e volevo dirvi che questa sera lo spettacolo non ci sarà”. Così si presenta al pubblico un tale giacca e cravatta che sale sulla scena a sipario chiuso, luci ancora accese in sala, lasciando interrotta la breve conversazione che intratteneva con qualcuno della platea. Nessuno dubita che sia una breve, anche se alquanto improbabile, comunicazione di servizio del direttore del Teatro. Invece non è propriamente così.
Infranta la barriera cristallina che separa gli attori dagli spettatori, Non ci fate ridere comincia ex abrupto e lascia perplessi per qualche istante. Poi subito nel vivo della finzione scenica e allo stesso tempo della realtà, con i discorsi sulla crisi, sul mondo dello spettacolo sempre più povero e sui piccoli grandi problemi di un direttore di teatro qualunque che non riesce a tirare avanti la baracca. Il teatro, vittima di una generale svalutazione della cultura e della congiuntura economica sfavorevole, diventa l’ambiente ideale per la rappresentazione della preoccupante quotidianità, con un cast di attori che annovera Equitalia, il disoccupato e il partecipante al reality. Questi tutti gli elementi di una trama semplice che presenta una rattoppata compagnia di attori chiamata a recitare un’aulica tragedia per rimettere in sesto le sorti di un malandato teatro.
Una serie di equivoci, malintesi e tentativi di arrangiarsi in ogni situazione come meglio si può, offrono uno spaccato caricaturale della società italiana al tempo della crisi, suscitando sorrisi amari e lucide constatazioni della realtà dei fatti.
Geppi Di Stasio ha cucito una pièce stile patchwork, fatta di brandelli di luoghi comuni ma che nel loro insieme non risultano affatto banali. Persone e fatti, sottratti alle generalizzazioni del qualunquismo e dei discorsi da bar, si delineano in tutto il loro profilo tragico e sofferente: il direttore non è più uno dei tanti lavoratori in difficoltà economiche ma un uomo che non si arrende allo sgretolarsi del suo mondo, la struttura decadente del teatro non è più uno dei tanti stabili stritolati dalla crescita inarrestabile di un fantomatico spread, ma un luogo familiare pronto per essere ipotecato in ogni suo pezzo.
La precisa costruzione tecnica del testo si avvale di escamotages che continuano a confondere i confini fra realtà e finzione. La coppia di coniugi attori, uniti simbolicamente dall’indossare entrambi una sciarpa rossa, emblema di una sensibilità alla cultura ormai passata di moda, si contrappongono speculari agli attori più giovani, individualisti e abituati a una idea di cultura meno selettiva e più superficiale, che si vergogna del polveroso teatro per volgersi ai luccichii della televisione spazzatura.
Una commedia che si diverte a confondere le acque e a non dare certezze. Nessuna pretesa di offrire catarsi o di sputare sentenze, solo la volontà di instillare spunti per disincantate riflessioni.
Lungi dal disfattismo e dalla paralisi intellettuale, Non ci fate ridere si propone come un’esca per portare gli spettatori sul palco, per vivere attivamente le dinamiche del teatro, che altro non è se non una miniatura del più vasto mondo reale.

Lo spettacolo continua:
Teatro delle Muse
via Forlì, 43 – Roma
fino a martedì 20 marzo, ore 21.00
(durata 2 ore circa intervallo incluso)

Non ci fate ridere
di Geppi Di Stasio
regia Geppi Di Stasio
con Geppi di Stasio, Wanda Pirol, Rino Santoro, Roberta Sanzò