Musica e parole per ripensare l’Africa

14212090 1049916058391350 3316678585521083713 NInteressante incontro quello tenutosi, in occasione della giornata conclusiva del Live Dance Club organizzato da Aldes/Spam!, alla Fondazione Banco del Monte di Lucca sul tema: Non è qui il centro del mondo – Uno sguardo differente sulla cultura, l’informazione e la politica dell’Africa occidentale

Dopo una breve dissertazione dell’assessora del Comune di Lucca, Lucia Del Chiaro, con delega ai servizi sociali e immigrazione, sulla comparsa – nell’Africa subsahariana – prima dell’Homo Erectus, circa 1un milione mezzo di anni fa e, dopo la sua estinzione, dell’Homo Sapiens, intorno a duecentomila anni fa – con ciò identificando quest’area come la culla di tutte le etnie oggi presenti, Jean Leonard Touadi, noto intellettuale congolese, ha affrontato il tema dei social network, e della diffusione delle notizie via twitter e FB, che non permetterebbero tempi di riflessione e, soprattutto, momenti di riflessione sul nostro vissuto collettivo. Touadi ha altresì rivendicato la nascita della cultura africana slegandola dalla presenza portoghese e arrivando a collocarla, a livello di influenze, al tempo degli egizi. Perché l’Africa è tutt’ora un’entità sconosciuta o, piuttosto, comodamente non considerata – ancora Hegel sosteneva che fosse un continente senza storia. L’intellettuale è entrato anche in merito al tema delle migrazioni, ricordando il fattore desertificazione dell’area sahariana – culla, tra le altre, della cultura Tuareg e ridotta, oggi, a essere uno tra i luoghi più pericolosi al mondo a causa del traffico di droga ed esseri umani. Specialmente dopo che vi si sono insediati i ribelli algerini, e poi le bande libiche dotate di armi occidentali, come conseguenza della scellerata guerra nel loro Paese – voluta, in primis, dalla Francia.
Itala Vivan, una delle massime esperte italiane di letterature africane, ha approfondito il tema del passaggio dalla cultura orale alla sua attuale forma scritta. Ha raccontato degli artisti della tradizione orale, legati alle proprie comunità, e di un’arte di tipo partecipativo e di quella odierna, scritta, imposta dalle conquiste europee per necessità amministrative, o dall’evangelizzazione – che prevedeva il far conoscere i testi religiosi. Come conseguenza di dette imposizioni si è avuta la cancellazione, o perlomeno la messa in disparte, della cultura orale che, attualmente, i nuovi scrittori cercano, con fatica, di riportare alla luce anche in relazione alle tragiche conseguenze dello sfruttamento esasperato delle materie prime presenti nel continente. Valga per tutte, la desolazione nella quale è ridotto il delta del Niger e la feroce repressione che ha portato all’impiccagione del noto scrittore, poeta e ambientalista, Ken Saro-Wiwa, nel 1995.
Enrico Dodi, architetto e urbanista che ha curato progetti di pianificazione urbana in varie regioni africane, ha illustrato le culture sviluppatesi lungo il corso del Niger soffermandosi, in particolare, su Timbuctù quale sede di un’antica civiltà sviluppatasi sin dal IX° secolo e giunta al suo massimo splendore intorno al 1300 d.C.. Una città formata da case abitate solo al pianterreno, con palazzi e moschee, costruiti con mattoni di terra – cotta al sole – e caratteristica per le travi sporgenti dalle pareti esterne delle costruzioni più elevate, utilizzate, dagli addetti ai lavori, per la necessaria e continua manutenzione che richiedevano questi agglomerati urbani. Dodi ha raccontato dei regni sorti e poi scomparsi, e delle lotte tra le città che potremmo definire laiche, e quelle a prevalenza musulmana – caratterizzate da una fortissima presenza religiosa evidenziata anche dalle centinaia di moschee presenti; soffermandosi poi sulle difficoltà, per le prime, di conservare e mantenere traccia delle culture passate, difficoltà che constatiamo ancora oggi, purtroppo, con la distruzione di manufatti e testi in varie parti del mondo.
Annamaria Gallone, direttrice artistica del Festival di Cinema Africano, d’Asia e America Latina di Milano, ha tratteggiato i lineamenti di un continente che non è omogeneo nelle sue proposte cinematografiche (esattamente come l’Europa); e di una cinematografia che nasce perlopiù all’interno, puntando sul racconto della vita dei villaggi per arrivare, solo in tempi recenti, a mettere a fuoco quanto sta accadendo nelle grandi città. Gallone ha sottolineato come solamente i film che arrivano, e sono premiati, nei vari festival, hanno qualche possibilità di essere distribuiti e proiettati in sala. Il digitale ha infine favorito, grazie alla riduzione dei costi, l’accesso alla produzione cinematografica e oggi molte artiste donne vi si cimentano, soprattutto nella forma documentaristica, con buoni risultati.
Raffaello Zordan, giornalista e redattore di Nigrizia, ha criticato il modo con il quale i mezzi d’informazione parlano dei Paesi e delle culture non occidentali, relegandoli ai margini delle notizie e informando il pubblico quasi esclusivamente sulle catastrofi e le guerre che insanguinano quei territori – ignorando, però, il contesto storico-culturale nel quale avvengono. Ha altresì criticato i rapporti che gli Stati europei intrattengono con governanti poco rappresentativi, o poco affidabili, che usano le risorse che l’Occidente mette loro a disposizione per fini propri e non per migliorare la situazione sociale ed economica della popolazione. E ha concluso invitando, ovviamente, a evitare le semplificazioni, riconoscendo la soggettività africana e i suoi problemi, ma anche le responsabilità occidentali, ad esempio, nelle guerre in Iraq e Libia, prima, e attualmente in Siria – che hanno destabilizzato l’intera zona settentrionale del continente, generando migrazioni e stati di povertà assoluta, oltre ai danni materiali e morali causati da ogni conflitto bellico. Occorre, perciò, che le frontiere siano aperte non solamente per le merci ma anche e soprattutto per gli esseri umani che vogliono attraversarle.
Roberto Castello, coreografo e testa pensante di Aldes/Spam! (l’associazione che ha organizzato la rassegna di musica africana sulle Mura di Lucca, Live Dance Club) ha concluso ribadendo la non centralità della cultura occidentale e sottolineando come la mancanza di curiosità, insita nelle persone e nella nostra vita quotidiana, sia tra i principali motivi della mancanza di conoscenza degli avvenimenti oggi in essere e, aggiungeremmo noi, della facilità di ragionare con la pancia invece che con la testa.

Il Convegno si è tenuto NELL’AMBITO del Live Dance Club:
Fondazione Banca Del Monte
piazza San Martino, 4 – Lucca
venerdì 27 luglio, ore 10.30

ALDES e Spam! hanno presentato:
Non è qui il centro del mondo – Uno sguardo differente sulla cultura, l’informazione e la politica dell’Africa Occidentale
relatori: Jean Leonard Touadi (intellettuale congolese, conduttore di Radio Radicale), Itala Vivan (esperta di letterature africane), Enrico Dodi (architetto e urbanista), Annamaria Gallone (regista e direttrice artistica del Festival di Cinema Africano, d’Asia e America Latina di Milano), Raffaello Zordan (giornalista, redattore di Nigrizia e presidente del Centro Studi Immigrazione), Lucia Del Chiaro (assessora al Comune di Lucca), Roberto Castello (direttore artistico di Aldes)

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