Il garofano verde

Scuderie-Granducali-seravezza2Pindarico maestro d’arguzia, sublime esteta decadente, ironico ritrattista del pruriginoso universo vittoriano: in un nome, Oscar Wilde. 114 anni esatti dalla sua morte, l’amato dandy rivive sul palcoscenico delle Scuderie Granducali di Seravezza in una serata dedicata all’A.I.E.F.

Spesso, quando si organizzano serate a scopo benefico, vale più il fine dell’evento in sé. Non è accaduto così ieri, domenica 30 novembre, grazie anche a Oscar Wilde, il processo, spettacolo diretto e interpretato da Roberto Azzurro, affiancato da un altrettanto bravo e credibile Pietro Pignatelli (nel ruolo di Edward Carson) e dalla pianista Rebecca Lou Guerra, ottima interprete oltre che presenza scenica perfettamente in parte.
Oscar Wilde, il processo è un legal drama, che riesce a evadere dal genere proprio grazie al suo protagonista, del quale si riportano fedelmente le risposte che diede all’avvocato Carson durante il processo che vide lo scrittore nel ruolo del querelante – avendo accusato di calunnia il marchese di Queensberry, che l’aveva tacciato di posare a sodomita – ma che finì per essere cagione della sua rovina a causa delle prove di omosessualità presentate, in tribunale, durante il procedimento.
Lo spettacolo grazie all’abilità dialettica di Wilde, all’argutezza investigativa di Carson e ai brevi intermezzi musicali, possiede un ritmo teso che tiene lo spettatore incollato alla poltrona. Il domanda/risposta tra Carson e Wilde, sempre sul filo del rasoio, avvince più del duello televisivo tra Frost e Nixon (anche perché se lo scandalo Watergate fa ormai parte della storia, il problema della legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso – che, ad esempio, Cristina Kirchner ha brillantemente risolto nonostante la ferma opposizione dell’allora cardinale Bergoglio – in Italia, dopo anni di annunci e smentite, si sta arenando su un modello tedesco di riconoscimento delle coppie di fatto che dimostra, ancora una volta, quanto la nostra classe politica sia più arretrata della popolazione che dovrebbe rappresentare).

Oscar Wilde ne emerge in tutta la sua statura, umana e letteraria: brillante tessitore di bon mot, ironico fustigatore di quell’ambiente borghese che stava soffocando tra costrizioni vittoriane e pruderie ipocrita, artista che aveva fatto della propria esistenza la sua opera migliore e inguaribile esteta – al punto da lasciarsi scappare quell’unica frase che lo consegnerà ai suoi aguzzini, quando rivendica che mai avrebbe potuto baciare un certo giovane perché brutto.

Finale scoppiettante con un Wilde che rinasce come la fenice dalle proprie ceneri, impudico e dissacrante.

Lo spettacolo è andato in scena
Scuderie Granducali

Seravezza
domenica 30 novembre, ore 18.30

nell’ambito dell’evento promosso a favore dell’A.I.E.F. (Associazione Italiana Epilessia Farmaco Resistente):
Oscar Wilde, il processo
con Roberto Azzurro e Pietro Pignatelli
pianista Rebecca Lou Guerra
(a seguito vernissage della mostra di Zoe de l’Isle Whittier, scultrice, e Cristina Menni, pittrice)