Le ragioni di Iago

Solo malvagità o un sentimento di rivalsa non infondato muoveva il malvagio nemico di Otello? Pur senza condividerle, vanno comprese le cause delle sue azioni, senza limitarsi a giudicare gli effetti devastanti.

Il grande generale della Mauritania, Otello, sbarca nell’avamposto mediterraneo della Serenissima con la sua ciurma vittoriosa. Ad attenderlo c’è l’angelica moglie Desdemona, giovane, una bambina per lui, strappata con la forza bruta dell’amore dalle braccia della famiglia e del contrariato padre, senatore della Repubblica di Venezia. Lei lo segue come una soldatessa nelle imprese di guerra e lo affianca fino a prendere parte alle sue decisioni di generale, tanto da parteggiare per il reintegro del luogotenente Cassio, rimosso dopo lo sgradevole episodio di una rissa fra ebbri durante il turno di guardia. L’insistente difesa di Desdemona non può che consolidare i sospetti di tradimento instillati nel marito da Iago, l’attendente senza scrupoli intenzionato a vendicarsi con ogni mezzo per un mancato avanzamento di grado. Otello, furente di gelosia, trasfigura se stesso e stravolge la vita propria e di tutti coloro che lo circondano.
L’Otello è la tragedia dei grandi sentimenti, dell’amore più profondo, ma soprattutto della gelosia più feroce, della bontà serafica e della rabbia spietata. Ecco, già il testo divide il mondo in bianco e nero, portando i sentimenti al parossismo per poi capovolgerli nel loro opposto, ma nella rivisitazione di Nanni Garella, le pur tenui sfumature testuali sono scomparse, tranciate dalla suddivisione netta di ciò che è bene e ciò che è male, limate alla perfezione come il cerchio liscio e giottesco della luna che campeggia nella scena. Tutto è semplificato, schematizzato: scenografia con telo bianco, luna al centro, preciso, Otello prima perfetto, poi quanto di più lontano dalla perfezione possa esistere: da generale, eroico e buonista, a negro furente e malpensante. Si deve rifuggire dalla massima centrista dell’in medio stat virtus, ma contorni meno netti sono anche più verosimili da proporre in una rappresentazione che voglia dirsi empatica: in natura è difficile trovare incarnazioni di un solo sentire, così purificate da contaminazioni.
Al contrario le interpretazioni sono molto più vaghe, senza nessuna stentorea presenza. Massimo Dapporto, nel ruolo di Otello, non riesce a essere credibile fino in fondo e neppure nel momento degli assassinii trasmette tragicità scevra di affettazione. L’innegabile bravura di Dapporto non riesce a sopperire del tutto alle sbavature e alla fine il ruolo non calza a pennello. Desdemona è aiutata molto dalla sua fisicità, Angelica Leo è un’attrice dalle caratteristiche adatte a esprimere la bellezza e l’ingenuità: l’espressività sempre puntuale del volto è incorniciata da biondi capelli sbarazzini che si addicono alla parte di una giovane donna spontanea ed entusiasta. Federica Fabiani riesce a definire e imporre Emilia, la moglie di Iago, pur nella parte limitata che il testo le riserva. Infine Iago, Maurizio Donadoni, molto spontaneo e a suo agio nella parte, mostra però troppa ironia e allontana il personaggio dalla malvagità, per avvicinarlo pericolosamente alla simpatia: Iago è simpaticissimo. Chi l’avrebbe mai detto che gli spettatori potessero fare segretamente il tifo per lui. Iago-Donadoni domina la scena dal primo all’ultimo istante senza mai perdere il polso del contatto con il pubblico. Mirabile, se non fosse per una questione di lana caprina, che tuttavia dev’essere rimarcata: la dispersione iniziale della voce, mal direzionata e troppo diffusa, ha rallentato il dialogo con la platea, ma si è puntualizzata prima di guastare il feeling.
Lo spettacolo ha avuto un peso specifico non molto rilevante, salvo poi riscattarsi nei venti minuti finali nei quali si è sprigionato un pathos notevole, grazie anche ai contributi più serrati di Emilia e ai movimenti convulsi di Desdemona che hanno davvero colpito nel segno.
Questa rivisitazione di Otello, pur essendo suddivisa in emisferi rigorosamente opposti e definiti, riesce a strappare un intermedio “ni”, giudizio che non è né sì, né no, ma lo spettacolo non è da perdere, fosse soltanto per veder resa finalmente giustizia alle ragioni di Iago. Assistere a questa versione di Garella, è come ritrovare il Vangelo di Giuda e poter finalmente ascoltare le parole di chi è stato bollato dalla storia come malvagio senza redenzione. Non con ironia, ma con sincera approvazione va constatata questa connotazione del malvagio shakespeariano: casuale o voluta che sia è una lezione di controtendenza dalla quale c’è molto da imparare, per guardare senza pregiudizi e farsi un’idea originale delle situazioni, senza lasciarsi guidare da considerazioni autorevoli o pseudo tali.

Lo spettacolo continua:
Teatro Quirino
via delle Vergini, 7 – Roma
fino a domenica 11 novembre, ore 20.45
(durata 2 ore e trenta circa)

Otello
di William Shakespeare
traduzione, adattamento, regia Nanni Garella
con Massimo Dapporto, Maurizio Donandoni, Angelica Leo, Federica Fabiani, Gabriele Tesauri, Massimo Nicolini, Matteo Alì