Quando Apollo incontra Dioniso

Pa|Ethos: l’aspetto etico, il rigore, la ripetizione esasperata del gesto, nella società e in sala prove, a confronto con l’estro multicolore del pathos – quando la perfezione del movimento assurge ad arte. La scena: il Teatro Era di Pontedera.

Nel ricco bouquet di Fabbrica Europa arriva l’ultima coreografia di Sang Jijia – di origine tibetana e, attualmente, artista residente della Beijing Dance/LDTX – che si confronta (in due parti ben distinte) con l’atavica diatriba tra ethos e pathos. Termini che, al di là della concezione aristotelica, possono ritrovarsi quale base ideologica di filosofie sia occidentali (come nella dialettica artistica che contrappone all’armonioso rigore apollineo, l’ebbrezza creativa dionisiaca di Nietzschiana memoria) sia orientali (e, viste anche le origini del coreografo, nella forma, intesa come sequenza di posizioni ripetute all’infinito e con la massima lentezza del Tai Chi Chuan, secondo lo stile imposto però da un avversario ombra).

Queste alcune, ma non sicuramente tutte le tracce che si possono individuare nella poetica di base di Pa|Ethos, coreografia che, nella prima parte, vede la presenza di alcuni danzatori della Paolo Grassi di Milano. Per circa venti minuti, la ripetizione del gesto, l’uniformità grigia dei costumi, la monotonia esasperante della musica, l’abbozzo di scenografia (costituita da una serie di pannelli e dal disegno luci che ricrea, al suolo, la rigida compostezza di verticali e orizzontali che non si sposano mai con i movimenti dei danzatori ma sembrano rimandare concettualmente proprio all’alienata esasperazione di una società uniformante e di una sala prove, dove i danzatori per molte ore al giorno devono ripetere se stessi fino al parossismo) concorrono, tutti insieme, a mostrare un’estetica dell’ethos che può ammorbare la vita umana fino a condurla all’eutanasia – quel cumulo di menzogne che Nietsche vedeva alla base della decadenza del mondo occidentale.

La seconda parte esplode, al contrario, come lo yang, luminosa ed espansiva, nella molteplicità di sfumature pastello dei costumi (che rivendicano la libertà delle scelte ma non esaltano la preminenza del singolo sulla collettività, grazie all’effacement dei volti uniformemente sbiancati e privati dei tratti caratteristici); nelle scenografie ricreate da un disegno luce che sposa e asseconda ma, allo stesso tempo, contiene e dirige i passi e le prese dei danzatori; e dalla proiezione di live video che abbandonano la precisione costrittiva delle geometrie asettiche per ridare forza alla plasticità e alla sinuosità armoniosa dei gesti dei danzatori (nei cui corpi sembra scorrere senza interruzioni il fluido vitale del Tai Chi) e che sbocciano nella figura umana, nella perfezione dell’arte classica. E ancora, le musiche variano di ritmo e a livello compositivo, sposando l’emozione del danzatore, la sua azione positiva nello spazio, il gesto corposo e pieno, frutto di maturità artistica; mentre la performance dei membri dello Spellbound Contemporary Ballet è ai massimi livelli. La potenza dell’a solo inziale, le qualità virtuosistiche di alcuni suoi membri, la magia onirica che si respira nel passo a due quasi in chiusura riconfermano come la danza possa davvero assurgere alla bellezza dionisiaca.

Una coreografia che riconferma – se ce ne fosse bisogno – le qualità di Sang Jijia, qui validamente affiancato da Dickson Dee, Luca Brinchi e Roberta Zanardo, Marco Policastro e Giuseppina Maurizi (e, per una volta, citiamo volentieri nomi e cognomi perché va applaudita l’intera équipe). Resta quale unico dubbio se fosse il caso di affidare a giovani che stanno ancora imparando una prima parte – che, comunque, ha un contenuto poetico forte – mentre la seconda – sicuramente intesa per raggiungere altre vette espressive – è trasfusa dai corpi di danzatori professionisti ai massimi livelli. In fondo, sia lo Yin che lo Yang sono due facce ma della stessa medaglia.


Lo spettacolo è andato in scena, nell’ambito di Fabbrica Europa:
Teatro Era di Pontedera

domenica 10 maggio, ore 18.00

Pa|Ethos
coreografia Sang Jijia
compositore Dickson Dee
live video artists Luca Brinchi e Roberta Zanardo / Santasangre
disegno luci Marco Policastro
costumi Giuseppina Maurizi
assistenti alla coreografia Yanan Yu e Adriana De Santis
danzatori (della Fondazione Milano Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi)
Francesca Bugelli, Pierluigi Castellini, Donato Demita, Liber Dorizzi, Elena Fontana Paganini, Giovanfrancesco Giannini, Helena Mannella, Sara Paternesi, Filippo Porro e Yanan Yu
(I parte*)
danzatori (dello Spellbound Contemporary Ballet)
Maria Cossu, Mario Laterza, Giuliana Mele, Claudia Mezzolla, Giovanni La Rocca, Cosmo Sancilio, Yadira Rodriguez Fernandez, Violeta Wulff Mena e Fabio Cavallo
(II parte)
produzione Fabbrica Europa per le arti contemporanee; Fondazione Milano Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi; Spellbound Contemporary Ballet; Marche Teatro – Danza alle Muse; Bejing Dance Festival; Guangdong Dance Festival
partner per la residenza di creazione Fondazione Teatro della Toscana – Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera
(*) la musica originale della I parte è tratta da Pathos di Dickson Dee ed è stata realizzata con il contributo della Composers and Authors Society of Hong Kong (CASH)