Ritratti d’Autore

Paolo Romano è attualmente in scena al Teatro Quirino di Roma con lo spettacolo Arsenico e vecchi merletti. Abbiamo rivolto all’attore qualche domanda in merito alla sua professione e al ruolo che interpreta in questa storica pièce.

Nello spettacolo Arsenico e vecchi merletti, in scena fino al 20 gennaio a Roma, interpreta il ruolo dello scrittore Mortimer Brewster, che nella versione cinematografica del 1944 ha il volto di Cary Grant. Si è in qualche modo ispirato al noto attore inglese?
Paolo Romano: «Per interpretare Mortimer non mi sono ispirato a Cary Grant poiché erano appunto altri tempi. Lui è inglese, io sono italiano e fondamentalmente lavoriamo con due mezzi differenti: Grant ha interpretato questo ruolo al cinema, io in teatro, per cui cambiano le tempistiche e l’approccio al personaggio. A teatro in generale, non si possono riprodurre le gag che fanno al cinema, dove vieni inquadrato da più angolazioni e la scena la ripeti più volte. Ho quindi seguito la regia scena, attenendomi alla drammaturgia come fosse una partitura musicale dove è già tutto scritto, poi il mio corpo e la mia voce, dentro quel costume, in quell’ambientazione, di per sé hanno già creato il personaggio, che ho assecondato e fatto mio».

Tornando alle differenze tra cinema e teatro, essendo lei un attore che spazia tra innumerevoli fiction di successo e spettacoli teatrali, cosa cambia tra il recitare sul set di un film/fiction e recitare sulle tavole di un palcoscenico?
P. R.: «La differenza è sostanziale un po’ come dire basket e calcio, in entrambi gli sport si giocano con la palla, ma è diverso il campo. Il teatro prevede un pubblico dal vivo, non ti dà la possibilità di ripetere, devi partire dal primo minuto e arrivare alla fine delle oltre due ore senza aver mai sbagliato e avere anche una grande consapevolezza del tuo strumento, ovvero il corpo e la voce. Recitando anche in teatri molto grandi, da mille posti, devi essere in grado di fare arrivare la voce fino all’ultima fila, questo non può prescindere da una buona scuola che sia un’accademia o la bottega di qualche grande attore che te l’abbia insegnato. Il cinema ti viene ad ascoltare dentro l’anima. La macchina da presa vede anche le venature dell’occhio, mentre a teatro l’attore è costretto a fare arrivare l’emozione lontano, anche fino all’ultimo posto di galleria dove l’occhio non arriva. Il cinema, inoltre, ti permettere di ripetere anche in modo noioso la stessa scena, che provi col regista il giorno stesso, più volte, fino a che non trovi la quadra. Sul palcoscenico quella ripetizione così ossessiva di trovare la perfezione la fai invece durante le prove».

Paolo, lei oltre alla sua professione coltiva anche tante passioni, se dovesse descriversi, al di fuori dell’ambiente di lavoro, come lo farebbe?
P. R.: «Descriversi è sempre complicato. Sono sicuramente un uomo curioso, volitivo, volenteroso e anche un po’ rabbioso, che non accetta di buon grado le ingiustizie, non solo a livello sociale, ma anche a livello professionale. Tutto quello che ci sta intorno mi attraversa e non mi lascia indifferente. Non riesco ancora, nonostante l’età, a dotarmi di un aplomb inglese e di sano cinismo. Mi sveglio la mattina e comincio a correre come una gazzella, fino a sera, senza essere inseguito da qualcuno, ma inseguendo qualcosa. Questo è quello che mi ha fatto andare avanti finora, che mi ha fatto fare tre figlie e quello che mi fa continuare a vivere in questa città così difficile e caotica, facendo un mestiere così complesso».

Nel suo curriculum spiccano anche diversi cortometraggi e documentari, alcuni dei quali portano la sua firma anche dietro la macchina da presa. Quali caratteristiche deve avere una storia breve affinché giunga e resti nel cuore?
P. R.: «Sì, io ho fatto dei cortometraggi di regia, che richiedono uno sforzo economico e di energie non da poco, perché, oltre a fare da collante tra lo staff tecnico e gli attori, devi soprattutto crederci e metterci i soldi. Quindi ho preferito concentrami solo sul mio mestiere di attore. La storia breve deve rimanere nel cuore e per questo devi essere originale sia con la penna, sia con la macchina da presa. Devi dire qualcosa che non è stato già raccontato, altrimenti lo spettatore non ti riconosce e per condividere il tuo grande mondo interiore occorrono la sincerità e la fantasia: due capisaldi da cui non si può prescindere».

Sono tantissimi i personaggi interpretati nella sua variegata carriera. Quale le ha regalato più emozioni?
P. R.: «Tutti i personaggi a modo loro hanno qualcosa che ti rimane dentro, raramente quando finisce uno spettacolo sono contento perché ho la consapevolezza che non lo rifarò mai più, molto probabilmente perché cambia l’età. cambia tutto. Sono molto legato al personaggio interpretato nello spettacolo La parola ai giurati, l’anno scorso al Ciak, dove c’è una bellissima metafora della società in cui il gruppo si sente più forte di tutti, ma c’è un rivoluzionario che non fidandosi del pensiero collettivo, segue il proprio, dimostrando agli altri di aver ragione. Un testo che ho amato particolarmente, molto profondo».

A proposito di stagioni, questa volta non teatrali, il prossimo 2 aprile sboccerà la sua cinquantesima primavera. Quali progetti, sogni, ha nel cassetto?
P. R.: «Penso a questa data da molto tempo, tra l’altro non la festeggerò neanche con gli amici perché sarò in tournée a Cagliari e sono felicissimo di trovarmi lì essendo la mia bisnonna cagliaritana, per cui sarà un ritorno alle origini. Di progetti ce ne sono molti, chissà se andranno in porto! L’obiettivo principe per chi è un attore della mia fascia d’età è mettersi la corazza tutti i giorni e affrontare la vita. Prendere e dare colpi andando avanti, affrontare provini, fare teatro e continuare a vestire i panni del Magistrato Nicotera, quando si riesce, nella soap Un posto al sole. E si procede così navigando a vista con coraggio».

Lo spettacolo continua:
Teatro Quirino

via delle Vergini, 7 – Roma
orari: mercoledì 15 gennaio ore 19.00, giovedì 16, sabato 18 e domenica 19 gennaio ore 17.00, venerdì 17 e lunedì 20 gennaio ore 21.00

Gitiesse Artisti Riuniti presenta
Arsenico e vecchi merletti
di Joseph Kesselring
traduzione di Masolino D’Amico
regia Geppy Gleijeses
con Anna Maria Guarnieri, Giulia Lazzarini, Maria Alberta Navello, Mimmo Mignemi, Paolo Romano, Luigi Tabita, Tarcisio Branca, Bruno Crocitti, Francesco Guzzo, Daniele Biagini, Lorenzo Venturini
scene Franco Velchi
costumi Chiara Donato
luci Luigi Ascione
musiche Matteo D’Amico