La festa dei tiranni

Un Harold Pinter impegnato messo in scena, in maniera efficace, al Teatro Antigone, per farci riflettere sul nostro attuale stato di tensione sociale.

«Una sera mi trovavo ad una festa. Mi avvicino a due signore turche che stavano chiacchierando tra di loro: “Cosa ne dite delle torture che avvengono tutti i giorni nel vostro paese?” Mi guardano sbalordire: “Torture? Quali torture?” “Ma come? Non sapete che ogni giorno vengono torturati decine e decine di uomini nel vostro paese?” “Ma no, vi sbagliate, solo i comunisti vengono torturati.”

Invece di strangolare le due signore lì per lì me ne tornai a casa e cominciai a scrivere Party Time

Queste sono le parole di Pinter, la migliore delle introduzioni per comprendere la sua breve pièce scritta nel 1991 e oggi di un’attualità disarmante. Il Teatro Antigone a Testaccio mette in scena, fino al 10 aprile, quest’opera inquietante, una delle poche in cui Pinter si propone di palesare un messaggio politico deciso. Si tratta di un testo di accusa sociale: Party Time è una festa che si svolge in un club esclusivo, un ambiente borghese nel quale diversi personaggi si scambiano impressioni, pensieri, offese che rivelano infamia e odio, sebbene ognuno cerchi di nasconderlo ipocritamente. Talvolta, dalle parole degli ospiti, trapelano notizie su ciò che accade nelle strade, sullo stato di polizia instaurato in questo paese immaginario, dove i ribelli – si dichiara esplicitamente – vengono metodicamente repressi per consentire alla classe altolocata e ben vestita di godere della pace senza preoccupazioni.

È un ritratto metaforico che ci guarda dritto negli occhi, nel quale dobbiamo sentirci coinvolti perché – sembra dirci l’autore – in un modo o nell’altro siamo tutti parte di questa festa, e perciò responsabili delle ingiustizie inferte dal potere. Il regista Daniele Marconi ha perciò deciso di intervallare lo spettacolo con proiezioni di immagini che documentano fatti di violenza accaduti in tutto il mondo, come scene di pestaggi da parte delle forze dell’ordine su gente indifesa e disarmata; e non è un caso che gli ultimi video siano tristemente italiani, dimostrando chiaramente – qualora ce ne fosse bisogno – che in quello stato di tensione ci siamo dentro anche noi.

A sottolineare questo messaggio – l’appartenenza di tutti al party – diverse soluzioni di regia brillanti ed efficaci: la presenza di bodyguard all’ingresso per accogliere il pubblico, gli ammiccamenti degli attori che si fanno trovare già sul palco impegnati in conversazioni e drink, e un finale che non prevede il saluto degli attori, ma un fermo-immagine che li immortala in espressioni angoscianti (se non colpevoli) con gli occhi rivolti al pubblico, quasi a convocarlo, a convincerlo di ciò che sta già succedendo per le strade.

Nel finale, d’altronde, Jimmy, uno dei rivoltosi che la sorella cerca disperatamente nonostante le minacce del marito – imbarazzato dal suo comportamento davanti alla gente che conta –, si presenta alla festa stravolto, come se i suoi occhi avessero visto atrocità innominabili, e la sua presenza porta finalmente “dentro” quel “fuori”. L’evento interrompe l’idillio, dimostrando come l’atrocità della tirannia sia il presupposto del benessere delle classi agiate.

Bravi gli attori a riprodurre l’ambiente frivolo e odioso dei ricchi, nonché la loro volgarità e la violenza celate sotto un velo di contegno omertoso; un’opera tutto sommato riuscita, anche per merito dello spazio splendido di questo teatro piccolo, ma elegante e suggestivo – perfetto nel rendere l’atmosfera della festa in. In realtà, i limiti sono del testo, spesso fin troppo didascalico – nel quale però si apprezza l’indignazione sincera dell’autore: i realizzatori dell’Associazione VerbaVolant avrebbero d’altronde potuto insistere con più coraggio sugli elementi metatestuali e stranianti dell’opera, per rendere ancora più incisivo il messaggio morale.

Lo spettacolo è in scena:
Teatro Antigone
Via A. Vespucci 42 – Roma (zona Testaccio)
fino a domenica 10 aprile, ore 21.30

Party Time
di Harold Pinter
regia Daniele Marcori
con Susanna Cantelmo, Massimo Ceccovecchi, Deborah Fedrigucci, Federica Forbicioni, Marco Iannone, Roberto Rotondo, Tiziano Storti, Giulia Vanni e Stefano Augeri.