Attraverso il silenzio

Dopo l’appuntamento inaugurale del 23 dicembre, prende il via al Teatro SalaUno di Roma la seconda edizione di Linea35, il Festival indipendente che riflette sul tema del disagio indagando il rapporto tra arte e follia.

È il complesso del Santa Maria della Pietà, storico ex manicomio romano, la sede stabile di Linea35, nome ispirato al trenino che portava appunto al manicomio e che ora diventa il simbolo di un collettivo che si muove. “Di fermata in fermata”, si lascia accogliere da teatri diversi – questa è la volta del SalaUno – e lascia che le sue esperienze viaggino, libere come sono state pensate.
Il Festival, giunto alla sua seconda edizione, nasce dall’iniziativa di un collettivo indipendente e si configura come un’esperienza di ricerca e sperimentazione nell’ambito del teatro e delle arti: Passaggi visionari – questo il titolo dell’edizione in corso – è infatti una manifestazione ibrida che coniuga la videoarte con l’improvvisazione teatrale e l’arte pittorica, e già la serata di martedì 27 dicembre, la prima senza contare la presentazione ufficiale del 23, ne fornisce un’idea chiara ed esauriente.
La proiezione dei due video di Guendalina Salini, L’uomo che non c’è. Non c’è che l’uomo e Un pesce fuor d’acqua anticipa le altre performance. Si tratta di due montaggi muti, con sottofondo di musica e rumori urbani, che evidenziano una forma straniante di solitudine: un uomo dal capo nascosto dentro una scatola a specchi, che vede senza essere visto e cammina per la città riflettendo il mondo circostante, con il quale effettivamente non si relaziona ma del quale si fa controimmagine (L’uomo che non c’è. Non c’è che l’uomo); e un pesce rosso in un sacchetto di plastica trasparente piena d’acqua, trasportato da una mano sconosciuta, mentre intorno gli uomini e le cose si muovono senza curarsene, né lui di loro (Un pesce fuor d’acqua). L’uomo e il pesce sono percepite dallo spettatore come due rappresentazioni della stessa realtà, di un disagio che non prevede comunicazione ma anzi la inibisce fino al mutismo.
Segue Variazioni Belliche (LamentAzione), un’improvvisazione teatrale e pittorica messa in scena da Alessia D’Errigo e Orodé Deoro. La performance, dedicata alle poetesse Amelia Rosselli e Antonia Pozzi, affonda le mani nelle viscere della follia e nella disperazione della parola detta e taciuta: la D’Errigo raccoglie fogli sparsi a terra da cui legge versi con animo furioso e li accorpa in un unicum di straziante coinvolgimento, mentre Deoro disegna e dipinge su un pannello verticale descrivendo nell’aria gesti convulsi che seguono il ritmo delle parole recitate e della musica diffusa in sala. Uno spazio illuminato, la rappresentazione che fa seguito – qui proposta in forma di studio che prelude probabilmente a uno spettacolo di più ampio respiro – intende invece porre l’accento su un disagio meno palese, implicito nelle relazioni quotidiane e nei modi di un agire apparentemente normale: all’interno di una sorta di ring costruito con corde che si intrecciano a formare una rete, Astrid Meloni, Matteo Febo e Dario E. Tacconelli rivelano al pubblico le nevrosi e le incapacità che li tengono legati. La riflessione che scaturisce naturalmente in chi guarda tenta (vanamente?) una distinzione tra il disturbo mentale evidente (quello di Matteo) e la cosiddetta “normalità” degli altri due. È Matteo il “matto”? O chi si relaziona con lui appellandolo tale senza prendere coscienza dei propri dilanianti paradossi?
A chiudere la serie delle rappresentazioni lo splendido Figli di un brutto dio, di e con Paolo Mazzarelli e Lino Musella. Due realtà al centro dei riflettori: la vita di strada di due clochard che consolidano una convivenza senza tetto alla fermata dell’autobus («Passa tutto, ma il 160 non passa mai»), spartendo scatolette di piselli, pensieri e il sogno di una vita normale; e il mondo patinato della televisione, che vede in scena un presentatore all’apice del successo grazie alla tv spazzatura e un giovane malato che farebbe qualsiasi cosa per avere il suo momento di gloria, prima di andarsene. Uno strazio esilarante, che commuove e fa ridere grazie alla recitazione irresistibile dei due interpreti.
Passaggi visionari fa dunque centro al primo colpo, rivelando una coerenza inattaccabile sul piano tematico e delle scelte formali, dando voce a un teatro indipendente e fortemente motivato che non sorvola sulla qualità.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro SalaUno
piazza di Porta San Giovanni, 10 – Roma
martedì 27 dicembre, ore 19.00

Linea35 Festival presenta
Passaggi visionari
direzione artistica Hossein Taheri
coordinamento artistico Caterina Bertone, Antonella Britti, Francesca Campli, Marianna Di Mauro, Matteo Febo, Fabiana Iacozzilli, Carolina Levi, Federica Marchettini, Mario Schittzer
coordinamento per l’arte contemporanea Francesca Campli, Carolina Levi
coordinamento tecnico Davood Kheradmand, Mario Schittzer, Emanuele Silvestri, Hossein Taheri
ufficio stampa Alessandra Comotto
pubbliche relazioni Valentina Olivato
social network Eva Milella
grafica Marianna Di Mauro

L’uomo che non c’è. Non c’è che l’uomo e Un pesce fuor d’acqua
di Guendalina Salini

Variazioni belliche (LamentAzione)
di Alessia D’Errigo
con Alessia D’Errigo, Orodé Deoro
musiche Silvia Pegah Scaglione
luci Antonio Bilo Canella

Uno spazio illuminato
di Francisco Espejo, Davood Kheradmand
regia Davood Kheradmand
con Astrid Meloni, Matteo Febo, Dario E. Tacconelli
scenografia Francesco Ghisu
realizzazione scene Blondie
aiuto regia Giorgia Filanti

Figli di un brutto dio
di Paolo Mazzarelli, Lino Musella
con Paolo Mazzarelli, Lino Musella