Inedito in scena

Al Teatro delle Muse va in scena Persicone, mio figlio, sorprendente debutto di un giovanissimo Eduardo Scarpetta

Eduardo Scarpetta è probabilmente il più importante commediografo napoletano vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, autore non solo di una serie infinita di opere (molte delle quali, è bene ricordarlo, non pubblicate), ma capostipite di una famiglia di attori che ha fatto la storia del teatro, non esclusivamente partenopeo. È quindi con grande curiosità che è stata accolta al Teatro delle Muse Persicone, mio figlio, opera inedita e “minore” (ma non certo perché di bassa qualità) del teatro scarpettiano. Persicone era il nomignolo che il padre Domenico aveva scherzosamente posto al piccolo Eduardo in ragione delle sue guance carnose, che ricordavano una pesca succosa, ’na perzeca appunto. Questa commedia, dedicata da Scarpetta al padre, costituisce un caso atipico nella sua produzione: percorsa da un italiano vezzoso e a tratti sdolcinato, ha la caratteristica di essere scritta completamente in versi. È forse questa la ragione che spinse Scarpetta a trascurare l’opera fin quasi a dimenticarsene (e in ciò fu seguito dai suoi stessi contemporanei: ragion per la quale di Persicone, mio figlio non si parlò per molto tempo). Il merito di Geppi di Stasio – ma anche il suo limite, più avanti si dirà perché – sta nell’aver adattato quest’opera “acerba”, ma affatto immatura se si considerano i diciannove anni dell’autore, allo stile dello Scarpetta della maturità: e allora dialoghi di un mordente quasi gratuito ma tale da coinvolgere per la loro arguzia, la loro crudeltà, la loro feroce ironia; e ancora non più versi, ma la prosa scarpettiana che tutti conoscono.
Insomma, uno Scarpetta giovanile ma recuperato tramite la mediazione delle opere posteriori, operazione utile – nonché, nelle intenzioni del regista, atta a giustificare la ripresa di un’opera dimenticata – ma anche discutibile. Certo con queste modifiche Persicone, mio figlio risulta più godibile, e gli amanti dello Scarpetta proverbiale troveranno pane per i loro denti, ma quanto di giusto può esserci in una commedia che non è quella che il suo autore, pur giovane e “inesperto”, aveva pensato? Contestazioni e grida al tradimento si levano puntualmente quando da un’opera vengono soppressi determinati passaggi (e spesso per comprensibilissime ragioni di economia temporale), ma allora che dire di una commedia che viene addirittura modificata? Si comprende l’azione di Geppi di Stasio, ma sapere che quella andata in scena non è la commedia di Scarpetta provoca un certo disagio.
Altro limite: un secondo atto non all’altezza del primo. Questo infatti, nonostante la lunghezza (oltre un’ora, sostenuta egregiamente da tutta la compagnia), è stato accompagnato per tutta la sua durata dalle risate e gli applausi del pubblico. Risate che però sono andate calando durante il secondo atto, che oltre a coinvolgere meno è risultato troppo breve (appena quaranta minuti). Tenera costantemente alta l’attenzione non era certo impresa facile, anche perché la trama è tutt’altro che semplice e rivela fin dall’inizio l’ingegno dello Scarpetta futuro: una storia di interno borghese che gravita con colpi di scena e complicati sovvertimenti attorno a due famiglie che vivono dirimpetto una all’altra. Da una parte Persicone con sua madre e sua sorella (più una servetta ingombrante e pettegola che intriga a favore degli altri senza ricavare mai niente per se stessa), dall’altra il notaio della cui figlia Persicone è – consciamente o inconsciamente – innamorato. A fare da cornice altri personaggi invaghiti gli uni degli altri e tutti accomunati da un lieto fine.
Un plauso particolare va alla Compagnia del Teatro delle Muse, dove a furoreggiare sono Wanda Pirol nel ruolo della madre, Rino Santoro in quello del notaio e Geppi di Statsio che nelle vesti di Persicone gigioneggia dall’inizio alla fine ma senza strafare, con l’acume e l’intelligenza che sempre gli vengono riconosciuti: in un ruolo in cui è facilissimo sbagliare ha dimostrato di conoscere bene i limiti oltre il quale l’istrionismo diventa macchietta.

Lo spettacolo continua:
Teatro delle Muse
Via Forlì, 43 – Roma
fino a martedì 6 dicembre
orari: dal lunedì al sabato ore 21.00, domenica e festivi ore 18.00, mercoledì riposo
(durata 1 ora e quaranta circa intervallo escluso)

Persicone, mio figlio
di Eduardo Scarpetta
regia Geppi di Stasio
con Geppi di Stasio, Wanda Pirol, Rino Santoro