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Il Festival del Pensare è nato grazie a un gruppo di amici nel luglio 2015, coinvolgendo tre piccoli comuni della Bassa Val di Cecina pisana: Casale Marittimo, Guardistallo e Montescudaio. Tra pochi giorni, dal 20 al 23 luglio, aprirà i battenti la seconda edizione, dal titolo: Cucinare con le mani della mente, alla quale parteciperanno studiosi e personaggi di fama internazionale – come il filosofo Remo Bodei e lo chef pluristellato Luciano Zazzeri. Non troppo pubblicizzato nell’anno di nascita, il Festival del Pensare ha raccolto comunque un buon riscontro di partecipanti. Per comprendere meglio di cosa si tratti, abbiamo posto alcune domande ai suoi quattro fondatori: Pia Pagani de Marchi, Dana Scotto di Fasano, Gianpiero Cagnoni e Marco Francesconi.

Come nasce l’idea del Festival?
G.C. (Segretario dell’Associazione Pensiamo insieme): «Eravamo a cena, in una sera d’estate del 2014, e Marco ci raccontava di un suo lavoro, portato alcuni mesi prima a un convegno, e intitolato “La mente: mente?”. Un titolo che colpì subito la mia immaginazione, sembrandomi perfetto per diventare il tema di un evento come il Festival della Filosofia di Modena o quello della Mente di Sarzana. Lo proposi e Pia, Marco e Dana accolsero con entusiasmo l’idea. Perché no? Un Festival che nella nostra zona sottolineasse l’importanza del pensare. Ecco perché abbiamo fondato l’Associazione Pensiamo Insieme e intitolato il Festival Pensare serve ancora?, dedicando la sua prima edizione, nel 2015, a una riflessione sul mentire: La mente, mente?».

Chi sono gli organizzatori e fondatori del Festival del Pensare?
P.P.M. (Presidentessa dell’Associazione Pensiamo Insieme): «Noi quattro, accomunati dall’amore per questa terra, che desideriamo sostenere e promuovere, e dall’amore per il pensare, un’attività che ci pare molto demodé di questi tempi».

Perché un Festival di filosofia e psicologia? Un festival di nicchia?
M.F.: «Non lo definiremmo né un Festival di nicchia né di filosofia e psicologia. Senza dubbio la filosofia e la psicologia sono aree tematiche molto presenti nelle due edizioni della manifestazione, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che sia la filosofia che la psicologia hanno al centro dei propri interessi la mente. Ma sia nel 2015 sia in questa nuova edizione – intitolata Cucinare con le mani della mente – sono state proposte interpretazioni della realtà attinenti ad altre discipline: il cinema, la letteratura, la neurologia, l’arte, la cucina, il teatro, perfino l’antropologia. Nelle nostre intenzioni, infatti, il Festival dovrebbe raggiungere le persone, tutte le persone, cercando di non scadere nella tuttologia, ma parlando delle differenze che caratterizzano gli individui, dal momento che non siamo tutti uguali – per fortuna. E far percepire la differenza come una ricchezza, un valore in sé, credo sia importante. Ecco perché non vorremmo un Festival di nicchia. Al contrario, auspichiamo che il nostro sia un Festival in grado di parlare a chi è appassionato d’arte come a chi è appassionato di psicoanalisi, di cinema, di cucina, e così via – mostrando che il comun denominatore è sempre il pensiero. A questo proposito, la nostra speranza è che questa seconda edizione faccia riscoprire, in un momento storico come il nostro, segnato da paurose scissioni politiche con drammatici esiti di inaudita ferocia e orrore, che il cibo rende ancora possibile la condivisione. Un solo esempio: Il pranzo di Babette, dove la protagonista, che per 14 anni si è rassegnata ai sapori della cucina scialba delle terre del Nord, senza smettere di ricordare i sapori del suo passato, che non può condividere perché sconosciuti agli abitanti del paese dove risiede, organizzerà un pranzo durante il quale potrà cucinare e offrire una serie di deliziose pietanze. Pietanze che riempiranno di gioia i tristi abitanti del villaggio e, per di più, le permetteranno di creare tra se stessa e loro un’esperienza condivisibile».

La prima edizione ha soddisfatto le aspettative? Che tipologia di utenti ha partecipato agli appuntamenti?
D.S.F.: «Sì, nonostante le nostre forze siano decisamente esigue. Sicuramente, grazie al lavoro del nostro grafico Claudio Giata, al sostegno della Libreria Lucarelli di Cecina, e all’interesse destato dal tema presso i media (dal Domenicale del Sole 24 Ore e diverse trasmissioni RAI), l’affluenza di pubblico è stata superiore alle aspettative. La tipologia di avventori è stata la più varia: molti gli intellettuali, richiamati da nomi di fama internazionale, come Remo Bodei, Francesca Rigotti, Italo Moscati; ma molte anche le persone attratte esclusivamente dall’attività del pensare, come ci hanno detto ringraziandoci dell’iniziativa, e come abbiamo verificato dagli iscritti ai Laboratori di Cinema, Filosofia e Scrittura che abbiamo proposto. Inoltre, dai laboratori, di filosofia, condotto da Francesca Rigotti; e di scrittura, tenuto da Kaha Mohamed Aden, è scaturito, grazie al lavoro proseguito nel corso dell’anno, il libro Fil Rouge. Racconti, edito dalla nostra Associazione. La cosa più bella è che gli autori dei testi, coordinati dalle due professioniste, sono persone qualsiasi, dalle professionalità più disparate».

L’appuntamento 2016 ha come tema il cibo. Una materia interessante dal punto di vista psico-filosofico, oppure un argomento di sicuro successo considerando che a 360° i palinsesti televisivi sono invasi da cuochi/filosofi?
G.C.: «Abbiamo discusso a lungo sull’opportunità di concentrare l’attenzione della seconda edizione del Festival sul cibo. Ma non sarà tanto quest’ultimo al centro della nostra proposta, quanto l’attività del cucinare».
P.P.M.: «Un’attività che non può prescindere dal pensare, come chiunque cucini – noi donne in particolare – sa bene. E come si può verificare in quel bacino di saperi/sapori che è il nostro Mediterraneo. Panzanella (pane frantumato e condito con olio, aceto, verdure dell’orto) che sta a couscous (praticamente una versione molto speziata della panzanella); come la paella sta alla zuppa di pesce, o al cacciucco (ovvero, come non sprecare la minutaglia, pesce altrimenti inutilizzabile, e renderlo, con la creatività della mente, non solo servibile ma, soprattutto, buono da gustare). E abbiamo concluso che era tanto più necessario parlarne, proprio in quanto da alcuni anni a questa parte i palinsesti televisivi, oltre che radiofonici e cartacei, sono invasi da cuochi/filosofi».
G.C.: «Pertanto, riportare a una riflessione critica un argomento abusato, chiedendoci il perché di un’attenzione così sfrenata verso il cibo, pensiamo sia un’operazione quanto mai necessaria e opportuna».
M.F.: «Infatti. Anche perché – e lo dico come psicoanalista – ci è parso indispensabile riflettere su quest’interesse quasi maniacale per il cibo. Non c’è dubbio che si tratta di un’operazione commerciale, ma nessuna operazione commerciale avrebbe successo se non corrispondesse a un bisogno collettivo. Dunque, mostrare, anche sulla base del supporto di altre discipline – la neurologia, la filosofia, la psicologia, la scrittura, l’antropologia, la pittura, il cinema, il giornalismo, il teatro – che cucinare, come scegliere di nutrirsi o non farlo, non è atto scevro di conseguenze, e nemmeno atto che nasce dal nulla, pensiamo sia importante».
D.S.F.: «Di più! Il cucinare e il nutrirsi hanno radici lontane, sia sul piano della collettività – si pensi al passaggio dal crudo al cotto, e alle trasformazioni culturali che tale passaggio ha implicato – sia sul piano della psiche individuale. Il primo atto interpersonale per chi viene al mondo, il primissimo, è proprio essere nutrito e, di conseguenza, mangiare».

Molti festival hanno un biglietto d’ingresso o una quota di sottoscrizione almeno ai workshop. Il Festival del Pensare è completamente gratuito. Chi sostiene economicamente l’organizzazione? Sarà sempre così?
Risposta corale: «In queste prime edizioni pensiamo che sia giusto, per rivolgerci a molti, cercare di non esigere denaro. C’è da dire che i nostri relatori sono stati con noi molto generosi. La Charity Pagani e i tre Comuni hanno sostenuto l’iniziativa. E, per quanto a costi molto bassi, il catalogo della mostra di pittura Bocconi d’arte. Olii e disegni e il libro Fil rouge. Racconti saranno venduti e non regalati, in modo da rientrare nelle spese di stampa. Certo ci auguriamo di potere continuare a offrire, anche in futuro, occasioni culturali di altissimo livello ma comprensibili e alla portata di tutti, a costo zero; ovviamente dipende dalla generosità dei nostri relatori e di chi vuole sostenere iniziative di questo tipo. Sottolineiamo, comunque, il valore del laboratori gratuiti che proponiamo – tutte occasioni davvero uniche. E vogliamo mettere in risalto, soprattutto, il Laboratorio per bambini di Andrea Valente, creatore del fumetto La pecora nera».

Festival del pensare. Pensare serve ancora?
Cucinare con le mani della mente
II edizione
organizzazione a cura dell’Associazione Culturale Pensiamo Insieme
da mercoledì 20 a sabato 23 luglio
Casale Marittimo, Guardistallo, Montescudaio (Pisa)

Laboratori:
Laboratorio di Cinema

a cura di Franco Brogi Taviani
Sala Comunale – Montescudaio
venerdì 22 luglio, dalle ore 10.30 alle 16.30

Laboratorio di Filosofia e Psicoanalisi
a cura di Marco Francesconi e Francesca Rigotti
Sala CIAF – Guardistallo
sabato 23 luglio, dalle ore 10.30 alle 16.30

Le ricette segrete di Platone
a cura di Ilaria Fontanelli e Giulia Torrini
(scuola di teatro Geometria delle nuvole)
Teatro Marchionneschi – Guardistallo
venerdì 22 luglio, dalle ore 10.30 alle 16.30

Laboratorio per bambini:
La pecora nera in cucina

a cura di Andrea Valente
Teatro Marchionneschi – Guardistallo
sabato 23 luglio, dalle ore 10.30 alle 16.30