In principio era… il quaderno. E il quaderno era presso Picasso

Il viaggio alle origini della modernità espressiva parte proprio là dove tutto ebbe inizio: il Cahier n. 7 del genio malagueño.

Nessuno muoverà contro questi appunti marginali accuse di blasfemia per aver avuto l’ardire di parafrasare il sacro incipit del Vangelo giovanneo, se comprenderà il ruolo di Picasso nel vivere artistico. Picasso costituisce il punto di frattura della lunga linea dell’arte, che dalle sue mani rinasce a vita nuova, in sembianze e fattezze fino ad allora sconosciute. La manipolazione picassiana porta d’un tratto, sulla scena del mondo, la modernità. In questo senso Picasso si può definire un’entità demiurgica e il suo quaderno di schizzi, il Cahier n. 7, appare il sacro custode del logos, lo spirito che rivoluzionerà tutto il panorama artistico successivo pervadendolo fino alle midolla.

Ecco l’intento dell’esposizione Picasso, Mirò e Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità, in corso a Firenze fino a domenica 17 luglio: mostrare come la rivoluzione dell’arte, che ebbe fra i suoi esponenti di spicco gli autori in questione, ebbe inizio proprio in quel quadernetto di bozze etichettato dal suo illustre proprietario con un anonimo n. 7. Quelle pagine a righe ospitano, infatti, i disegni realizzati in preparazione di opere destinate a mutare radicalmente lo scenario artistico successivo, come lo Studio per la ragazza seduta: nudo con drappeggio (1907). Il Cahier n. 7, visibile nella sua interezza, spaginato all’interno di grandi vetrine, fu tra le mani di Picasso proprio nel 1907, l’anno che segnò la nascita del Cubismo e, quindi, della modernità. In quelle pagine l’artista catalano vergava, più o meno consapevolmente, le linee di forza del rinnovamento. Picasso divenne, così, il punto di riferimento di Mirò e Dalì, ad esempio – il primo nato appena un decennio dopo Picasso, e il secondo più giovane di 21 anni. La “prole” artistica – quasi coeva – scalpitò negli stessi anni, cercando una strada propria. I due artisti non sapevano in che direzione li avrebbe portati il cammino indicato dal loro istinto, ma sapevano da dove partiva e l’origo era proprio Picasso – e quanto egli aveva impresso nei fogli sgualciti del suo settimo cahier.

La mostra, articolata in quattro Pensieri e un Epilogo, ripercorre a ritroso le vicende della prole catalana, principiando dall’incontro che Dalì dice di aver avuto con Pablo Picasso nel 1926. La sezione Primo pensiero, che presenta, tra le altre opere, l’Arlecchino di Dalì (1926, ma datato 1927), in connessione diretta con i quadri omonimi di Picasso, e la Composizione di Mirò (1927), mette bene in luce le riflessioni dei due artisti in quegli anni. Il susseguirsi dei Pensieri tenta di ricostruire il percorso formativo dei pittori, risalendo nel passato fino a giungere al coup de pousse dell’universo artistico di Mirò e Dalì, costituito dal Cahier n. 7. L’ultima sezione, invece – l’Epilogo – è interamente dedicata al punto di arrivo di Picasso, Mirò e Dalì, raccogliendo, in un’unica stanza, gli esempi culminanti del processo artistico di ciascuno. Qui si possono ammirare la Donna che piange di Picasso (1937), la Composizione (Piccolo Universo) di Mirò e Le rose sanguinanti di Dalì (1930).

Un’esposizione che analizza in profondità i tre pittori, fino a giungere alle radici più profonde della loro arte. L’arduo proposito di mostrare dove tutto ebbe inizio è perseguito con coerenza, tanto che il visitatore è condotto in un percorso quasi didattico, fino a giungere alla dimostrazione finale in piena consapevolezza. Voltandosi indietro lo spettatore può scorgere contemporaneamente, da un lato l’inizio e dall’altro l’approdo del viaggio di artisti – Mirò e Dalì – che credeva tanto diversi e che scopre essere assai simili.

Il padre Picasso, fecondando la modernità con il suo genio, ha concepito due gemelli eterozigoti, diversi nell’indole e nei caratteri ma indissolubilmente vivificati da un medesimo sangue.

La mostra continua:
Picasso, Mirò e Dalì. Giovani e arrabbiati: l’inizio della modernità.

Palazzo Strozzi
piazza Strozzi, Firenze
fino a domenica 17 luglio
orari: tutti i giorni ore 9.00-20.00, giovedì ore 9.00-23.00

Catagolo a cura di Eugenio Carmona
casa editrice Skira
pp. 206
anno 2011.