Quando il suono è pura eleganza

L’annunciato concerto nella Sala Verdi del Conservatorio del violinista Pinchas Zukerman in formazione cameristica – seppur con un cambio di programma non indifferente dell’ultimo momento – ha saputo mettere in evidenza le grandissime doti di questo straordinario musicista.

In principio doveva essere una di quelle serate a cui non si può mancare. Oltre alla presenza – essenziale e assolutamente determinante – di Pinchas Zukerman (rarissimo da ascoltare in Italia), il programma prevedeva una serata a base di quintetti: quello celeberrimo di Brahms nella prima parte e quello meraviglioso di Dvorak nella seconda. Musica difficile da eseguire, per una formazione – il quintetto – altrettanto difficile da avere, ma sublime da ascoltare e che purtroppo non si ha quasi mai l’occasione di sentire dal vivo. Non importava che gli altri componenti dell’ ensemble non fossero ancora definiti: bastavano questi due elementi per correre a segnare la data sull’agenda.
Purtroppo, poi, la variazione di programma e di organico: non più quintetti ma trii. Anche se si tratta di brani di tutto rispetto – il Trio n. 4 in mi minore op. 90 Dumky di Dvorak e il famosissimo Trio n. 7 in si bemolle maggiore op. 97 L’Arciduca di Beethoven – un filo di delusione è fisiologica. Tutto sta nel cercare di affrontare la serata nel modo più obiettivo possibile, senza farsi trasportare dal velo di tristezza delle aspettative mancate.
Il Trio Dumky ben si presta a sollevare il morale: chiamato così per l’alternanza di movimenti lenti a delle vorticose Dumka – danze popolari slave di cui il compositore ha preso non solo la spigliatezza ritmica, ma anche i temi popolari – riesce sempre a coinvolgere lo spettatore in un mondo caleidoscopico di lirismo e vortice sonoro. Bravissima la violoncellista del gruppo Amanda Forsyth, suono caldo e grande cantabilità; precisione e un’intesa perfetta con l’altro arco.
Dal canto suo Zukerman non può far altro che mettere in mostra in modo totalmente disinvolto tutte le straordinarie caratteristiche che lo contraddistinguono: un suono come raramente se ne sentono sui palcoscenici di tutto il mondo, estremamente elegante, intenso e un vibrato da manuale – anzi, forse ancora meglio. Musicalmente ineccepibile, l’affiatamento di cui si diceva sopra con il violoncello è totale, ma proprio per questo mette in risalto ancor di più lo scollamento dall’insieme del pianoforte di Angela Cheng. Sicuramente è una pianista che sa il fatto suo, ma che in questa formazione non riesce a integrarsi del tutto, risultando sempre su un piano sonoro e musicale diverso. Questo non dà la compattezza necessario al trio – oggi più che mai fondamentale, data la circolazione di formazioni storiche come il Trio di Parma o il Trio Tchaikovskij che fanno dell’insieme sonoro il loro marchio di fabbrica.
Certo bisogna considerare che è pur sempre un programma variato all’ultimo e che probabilmente non c’è nemmeno stato tutto il tempo per maturare l’ensemble.
Va meglio con Beethoven, forse anche per il tipo di scrittura più tradizionale e che obbliga tutti a prendere meno iniziative.
In ogni caso il pubblico ha gradito, l’esito della serata si può dire soddisfacente e si spera di avere di nuovo presto in Italia Pinchas Zukerman per un’altra bellissima lezione di Musica.

Lo spettacolo è andato in scena:
Sala Verdi del Conservatorio G. Verdi
via Conservatorio 12, Milano
lunedì 10 marzo 2014, ore 21
Trio n. 4 in mi minore op. 90 Dumky di Dvorak

Trio n. 7 in si bemolle maggiore op. 97 L’Arciduca di Beethoven

Pinchas Zuherman, violino
Amanda Forsyth, violoncello
Angela Cheng, pianoforte