La prima parte della trilogia dei Liquid Loft va in scena all’Hangar Bicocca, alla vigilia dell’inaugurazione dello spazio multidisciplinare con I Demoni di Peter Stein.


Manca poco più di una settimana alla prima di I Demoni e si fatica un po’ a camminare in mezzo al fango per raggiungere l’Hangar Bicocca – complice il pessimo tempo di questi giorni a Milano. Peccato, perché la struttura che ci accoglie promette di essere uno spazio dove costruire momenti di spettacolo, incontro, commistione di arti e culture tra i più interessanti dei prossimi anni.

In una serata uggiosa, Hangar Bicocca propone il primo pezzo della trilogia firmata dai Liquid Loft (il secondo, Posing Project B/The Art of Seduction ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale Danza): gruppo austriaco che mixa generi artistici diversi, dalla danza contemporanea all’installazione, dall’arte visivo-concettuale alla recitazione, fino all’uso espressivo della voce.

Su una scena spoglia, a parte alcune casse acustiche appese al soffitto, i cinque performer agiscono a contatto quasi diretto col pubblico, in un’intimità che stride con la vastità dell’hangar, eppure rende ancora più pregnante il contenuto, quasi un passaggio della staffetta dal danzatore allo spettatore. La performance – perché di questo si tratta, più propriamente che di danza – è un insieme di pose che ognuno di noi assume nel vissuto quotidiano per fare colpo sugli altri, in tutti i contesti in cui agisce: dal colloquio di lavoro all’incontro romantico. Una serie di sovrastrutture espressive che si adattano agli stereotipi dell’immaginario collettivo e che, più o meno consciamente utilizziamo per attrarre, sedurre, conquistare, o semplicemente evitare il licenziamento.

Riuscendo a rimanere in un precario equilibrio sul sottile filo che separa emozione e parodia, i Liquid Loft – grazie alla perfetta fusione di gesto, suoni prodotti con la voce dagli stessi performer, recitazione e musica – divertono, mettendo alla berlina i nostri metodi primordiali di seduzione – il maschio non è ancor oggi simile a un galletto nel pollaio? – e, nel contempo, ci mostrano le aspirazioni “alte” – come riuscire a sollevare ogni parte del corpo da terra? – che animano il nostro io profondo. Linguaggio alto e basso si mischiano, di conseguenza, con grande precisione, dando voce a gustose parodie e immagini fulminanti – resta nelle orecchie il canto delle stelle emesso dai performer e, negli occhi, quell’ultimo, liberatorio, dondolio delle casse, che finalmente risuonano nell’etere come campane a festa.

Se è mancato qualcosa a questo spettacolo peraltro godibilissimo, è forse un minimo di strumenti per gli spettatori perché la parte recitativa ha un peso rilevante – e non è detto che tutti conoscano perfettamente l’inglese – e perché questo genere di performance non è ancora tra le esperienze usuali del grande pubblico.

Dati anche gli spazi fisici che l’Hangar Bicocca possiede e dove è possibile mixare generi e media, un percorso introduttivo con sovratitoli o una cartellonistica ragionata avrebbe facilitato sia la comprensione della parte recitata in inglese sia, più in generale, dello spettacolo perché l’universo della danza contemporanea – e bisogna sottolineare che ormai il termine danza va inteso in senso lato – è talmente complesso che pochi possono dirsi preparati per affrontare questo viaggio nel mondo delle meraviglie espressive, senza un giusto supporto.

Lo spettacolo è andato in scena:
Hangar Bicocca
via Privata Chiese – v.le Sarca 336
Milano
mercoledì 12 maggio, ore 21.00

Liquid Loft presentano:
Posing Project A/The Art of Wow
concezione artistica e coreografia Chris Haring
coreografia e danza Stephanie Cumming, Dominik Grünbühel, Alexander Gottfarb, Katharina Meves, Anna Maria Nowak
suono Andreas Berger
drammaturgia e luci Thomas Jelinek
scene Aldo Giannotti
organizzazione Marlies Pucher
coproduzione Liquid Loft, La Biennale di Venezia, ImPulsTanz Vienna Int. Festival e Tanzquartier Wien col sostegno della città di Vienna e del Bundesministerium für Kunst und Kultur
ringraziamenti Spielboden Dornbirm