Il Teatro Vascello mette in scena un Prometeo particolare, degno erede della nobile scuola del teatro d’avanguardia dei decenni scorsi, dove i personaggi, i versi e i messaggi assumono un senso nuovo, inaspettato e scioccante.

Il Prometeo eschileo è un testo che ha attraversato la storia culturale del Novecento, e che continua a essere un riferimento costante nell’immaginario dell’Occidente per i suoi contenuti e per la profondità del suo messaggio.

L’atto di sfida agli dei da parte del titano Prometeo, l’ambiguità inquietante del padre di tutti gli dei, Zeus (sadico e furioso per un privilegio sottrattogli, precedentemente riservato agli dei olimpici), la pena infinita di chi è immortale, il valore simbolico del fuoco in quanto technè – ovvero lavoro capace di plasmare la materia – che ha permesso agli uomini di farsi uguali agli dei, violando il loro spazio.

Tutto questo permette al mito di Prometeo di continuare a parlarci a distanza di migliaia di anni.
Ovviamente, chi lavora col teatro sa bene che oggi, la messa in scena di un’opera del V° secolo a.C., deve necessariamente farsi carico della storia attuale, delle sue problematiche; il Prometeo di Eschilo deve perciò essere riletto, reinterpretato, evitando di dare alcunché per scontato; e questo è quanto fa Alberto di Stasio nel suo allestimento al Teatro Vascello – Sala Studio, nel Prometeo da lui diretto e attualmente in scena. Alberto di Stasio, volto noto della fiction televisiva e del cinema (dove ha lavorato con Marco Bellocchio e Giorgio Capitani, tra gli altri) interpreta lo stesso Prometeo: delirante, sofferente, atterrito da Zeus ma indomito – in quanto non disposto a ritenere una colpa l’aver emancipato la razza umana dalla subordinazione alle divinità.

Lo spettacolo appartiene alla tradizione più nobile del teatro sperimentale, che guarda alla lezione del teatro d’avanguardia degli anni ’60 e ’70 e ha in Carmelo Bene o Eugenio Barba i padri ispiratori. Si tratta di una rilettura di un classico di difficile digeribilità, soprattutto per chi non ha dimestichezza con il teatro di ricerca e le teorie del teatro contemporaneo. Come vuole la scuola grotowskiana, l’interpretazione viene meno, così come la dimensione psicologica, e gli attori si trasformano in puri corpi, nonché puri e assoluti atti di parola e suono.

Le straordinarie Oceanine (tradizionalmente intese come amiche e ancelle di Prometeo, assieme al padre Oceano, ma che qui non fanno che amplificare la follia e l’oppressione generali), Anna Basti (Asia), Elettra Mallaby (Dione), Marta de Ioanna (Meti) e Aurora Pica (Idua), nonché la orrorifica e demoniaca Io (Gloria Pomardi), fanno del testo eschileo una danza – un movimento corporeo suggestivo e ipnotizzante – che rende efficacemente il turbinio allucinante della pena infinita inflitta al titano.

Anche le parole, i versi, sono pura forza di espressione che strabordano il semplice significato semantico: il Prometeo diventa così una sfera di energia nervosa e muscolare, che può tornare a sconvolgere e a scioccare le coscienze.

Lo spettacolo continua:
Teatro Vascello – Sala Studio

Via Giacinto Carini, 72 – Roma
fino a domenica 23 gennaio, ore 21.30

Prometeo Incatenato
di Eschilo
Regia e allestimento scenico Alberto di Stasio
coreografia e movimenti scenici Gloria Pomardi
con Anna Basti, Gianni Caruso, Marta de Ioanna, Alberto di Stasio, Elettra Mallaby, Aurora Pica, Gloria Pomardi e Daniela Ricci