Molto rumore per nulla

A Prato va in scena Quasi Niente di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini. Uno spettacolo che, dopo il monologo di Tagliarini, si sfrangia irreparabilmente.

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono semplicemente perfetti in scena. E quando intervengono, ogni parola, gesto e intonazione acquisiscono senso. Questa la premessa. Detto ciò, lo spettacolo – in questi giorni sul palcoscenico del Fabbricone – lascia perplessi sotto parecchi punti di vista.
L’affastellamento di argomenti e parole che piace molto Oltralpe, forse è meno nelle corde del nostro Paese e dopo un po’ si fatica a seguire i fili di troppi discorsi. Mentre i rimandi reali o più o meno verosimili, e i paragoni con i protagonisti e, specialmente, con Giuliana (la migliore Monica Vitti, diretta da Michelangelo Antonioni), in Il deserto rosso, paiono spuri pretesti per raccontare un malessere più vicino allo spleen (contiguo alla noia ed espressione di un disagio soprattutto verso quanto ci circonda, e a paranoie spesso volutamente esacerbate) che non alla sensazione di stare “sotto la campana di vetro, a respirare [la propria] aria mefitica”, come descriveva la propria depressione Sylvia Plath (la poetessa statunitense morta suicida a trent’anni). E del resto, Antonioni racconta sempre di quel sottile disagio di una borghesia colta e vuota di valori o ideali che stenta ad afferrare i cambiamenti socio-politici in atto ma che, nei personaggi soprattutto (ma non esclusivamente) femminili, si dibatte come una farfalla sotto una campana di vetro (tornando alla pregnante figura metaforica della Plath) ma senza convinzione, senza volersi davvero mettere in gioco, senza soprattutto voler perdere i propri privilegi di classe (in un’epoca presessantottina, quando si poteva ancora credere che i anche i ricchi piangessero).
Luci fisse, musica e canzoni impoeticamente poco significanti – tutte tese a non scivolare nella rima baciata – e un susseguirsi di monologhi sempre più sfuggenti. Oggetti di scena mossi in libertà. Una serie di esibizioni ginniche che ci si chiede cosa significhino: aldilà dei rimandi all’attore biomecannico – citazione colta – perché mettersi a gambe sollevate mentre il collega attore recita un monologo? Si vuole significare che ci si sente sottosopra? Nel caso, la metafora sembrerebbe decisamente pleonastica.
Bella la ricostruzione finale della stanza, quasi che si cercasse di ridare un senso allo spazio fisico, e mentale, dei protagonisti. Peccato che lo spettacolo non finisca su questa potente immagine metaforica.
Secondo finale (se non terzo, contando il roteare della poltrona, mentre le luci si abbassano) con Monica Piseddu che non vuole o non riesce a restituire le ultime sillabe delle parole e così si perde il senso del suo monologo: la sottile differenza tra raccontarla (ad altri) e reccontarsela (ovvero, mentire a se stessi).
Deflorian/Tagliarini trovano la migliore espressione per il proprio dialogo intellettuale, filosofico ma anche profondamente umano, secondo noi, quando si confrontano, da soli, sulla scena.

Lo spettacolo continua:
Fabbricone
via Ferdinando Targetti, 10/8 – Prato
fino a domenica 11 novembre
orari: feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30

Quasi Niente
un progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
liberamente ispirato al film Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni
collaborazione alla drammaturgia e aiuto regia Francesco Alberici
con Francesca Cuttica, Daria Deflorian, Monica Piseddu, Benno Steinegger e Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Francesca Cuttica, Monica Piseddu e Benno Steinegger
consulenza artistica Attilio Scarpellini
il testo Buono a nulla di Mark Fisher
luce e spazio Gianni Staropoli
suono Leonardo Cabiddu e Francesca Cuttica (Wow)
costumi Metella Raboni
produzione A.D., Teatro di Roma-Teatro Nazionale, Teatro Metastasio di Prato ed Emila Romagna Teatro Fondazione
in coproduzione con Théâtre Garonne-scène européenne Toulouse, Romaeuropa Festival, Festival d’Automne à Paris, Théâtre de la Bastille-Paris, LuganoInscena LAC, Théâtre de Grütli-Genève, La Filature e Scène nationale–Mulhouse
con il sostegno di Istituto Italiano di Cultura di Parigi, L’Arboreto-Teatro Dimora di Mondaino e FIT Festival-Lugano

Foto di Claudia Pajewski