Quando abbiamo smesso di volare?

Al Teatro della Pergola di Firenze Neri Marcorè ci racconta, attraverso le voci di Pasolini e De André, la tragica e grottesca storia di un’Italia alla deriva.

La scena si apre col ricordo dell’attesa a un concerto di De André trascorsa a leggere gli Scritti corsari di Pasolini e, da qui, tutto sembra avere inizio. Cosa accomuna questi due protagonisti della recente storia culturale e artistica italiana? Il regista Giorgio Gallione coglie la tragica attualità dell’indignazione pasoliniana e lo sguardo severo e disincantato delle canzoni di De André e le amalgama con cronache tratte da documenti e inchieste dell’odierno panorama italiano e mondiale. Ne risulta un’analisi spietata della nostra società, raccontata con uno sguardo che va in «direzione ostinata e contraria», oscillando tra una sgomenta constatazione del declino dei valori, della coscienza civile e della coesione sociale e una timida speranza di riscatto rivolta al futuro.
Gallione porta in scena uno spettacolo ben strutturato che, con ritmo incalzante, affronta i temi della globalizzazione, della degenerazione consumistica, delle guerre civili per il coltan passando per storie – purtroppo non così fantasiose come vorremmo che fossero – di mitici continenti di rifiuti di plastica, topi sopravvissuti all’estinzione della specie umana e interrogazioni parlamentari sulla scomparsa di Clarabella. I testi pasoliniani – tratti in particolare dal documentario La rabbia, in cui si fotografavano i fenomeni e i conflitti sociali e politici dell’Italia degli anni 60 – si intrecciano a quelli di De André, provenienti dal concept album Le nuvole, che racchiude brani di denuncia sociale e politica, creando un continuum di musica e recitazione che tocca temi grottescamente ancora attuali.
Neri Marcorè, protagonista dell’opera, si è già cimentato nel genere del teatro canzone e, dopo aver affrontato Gaber e i Beatles, interpreta i testi di Pasolini e De André con i suoi inconfondibili lucido acume e beffarda sagacia. Lo accompagnano le abili chitarre e le affascinanti voci degli artisti Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini, creando un’equilibrata combinazione di musica e testi, poesia e sarcasmo, cronaca e profezie.
Il poliedrico attore si interroga sul presente e sul futuro di una società che segue uno sviluppo senza progresso, ammaliata da «beni superflui» che «rendono superflua la vita», in un crescente deterioramento sociale ed etico dove dominano l’egoismo, il disinteresse e la mediocrità. Torna qui alla mente la tragica profezia di Pasolini, in cui la scomparsa delle lucciole dovuta all’inquinamento si trasforma nell’emblema del «vuoto di potere» e del «disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico» a cui è destinata l’Italia.
Ma c’è forse ancora una speranza, forse sapremo invertire la rotta scongiurando una «nuova orrenda preistoria» e le lucciole torneranno a riempire la Terra di stelle. Dobbiamo ricordare da dove veniamo, ricordare che dal Rinascimento a oggi il nostro Paese ha creato la bellezza che tutto il mondo imita e ci invidia. Come suggerisce Marcorè, non dimentichiamo che sul nostro passaporto abbiamo un brand unico, quello dell’Italia. Riusciremo a ritrovare quella bellezza per tornare a volare?

Lo spettacolo continua:
Teatro della Pergola

via della Pergola, 12/32 – Firenze
fino a domenica 12 marzo
da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 15.45

Quello che non ho
drammaturgia e regia Giorgio Gallione
con Neri Marcorè
canzoni di Fabrizio De Andrè
e di Massimo Bubola, Francesco De Gregori, Ivano Fossati, Mauro Pagani
voci e chitarre Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini
arrangiamenti musicali Paolo Silvestri
collaborazione alla drammaturgia Giulio Costa
scene e costumi Guido Fiorato
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro dell’Archivolto
foto di scena Bepi Caroli